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QT n. 6, 25 marzo 2006 Servizi

I nostri boschi han preso la patente

Si è concluso il lavoro di certificazione della gestione dei boschi trentini. Perché è importante?

Si è concluso l’iter della certificazione della gestione dei boschi trentini seguendo metodi e contenuti previsti nella certificazione PEFC. E’ una procedura che verifica non solo la razionalità nel taglio delle piante, ma anche tutto quanto ha a che vedere con la buona salute dell’ambiente-bosco: dalla sicurezza idro-geologica alla raccolta dei funghi, alla situazione dei sentieri, ecc.

A questo importante traguardo hanno aderito il 70% dei proprietari forestali, la quasi totalità di quelli pubblici, coprendo così una superficie di 250.000 ettari di foresta provinciale. Dispiace che sull’argomento sia caduta fragorosa la disattenzione della stampa, ma si sa: le piante nel crescere non fanno rumore ed un giornalismo pigro e sensazionalista non ha saputo cogliere il valore di un simile traguardo ben presentato nei lavori di un convegno a Folgaria.

Nel mondo solo il 7% delle foreste risultano certificate: la gran parte di queste le troviamo nei Paesi del Nord Europa e in Canada; insomma, una presenza sostanzialmente limitata al mondo occidentale. Vi è da ricordare che i primi passaggi delle certificazioni, specialmente del sistema FSC, erano nati per garantire un utilizzo corretto delle foreste più a rischio, quelle equatoriali, quelle destinate allo sfruttamento intensivo o alla distruzione. Ancora una volta sono invece stati i paesi più ricchi a cogliere l’opportunità e ad inserirsi in un mercato sempre più promettente.

Ma torniamo alla nostra provincia. Il territorio del Trentino è coperto per il 56% da boschi, in prevalenza di proprietà pubblica: una provvigione complessiva di oltre 47 milioni di metri cubi di materia prima. L’intera filiera del legno, pur vivendo una situazione di sofferenza e in carenza di momenti produttivi che portano al prodotto finito, offre occupazione a 5.600 addetti. Oltre a questi già rilevanti numeri, va ricordato come il sistema bosco costruisca sinergie dirette con i settori dell’agricoltura, dell’artigianato e piccola industria, con il turismo e - particolare troppe volte trascurato - con quelli delle politiche per la salute e della cultura.

Fino ad oggi non si è nemmeno offerta adeguata attenzione al valore ecologico di un bosco: certo, dopo l’alluvione del 1966 tutti abbiamo percepito l’azione strategica del sistema foresta nelle politiche della sicurezza idrogeologica, ma si offre ancora poca attenzione alla straordinaria capacità di assorbimento, da parte delle piante, dei gas che producono l’effetto serra, in particolare l’anidride carbonica; e non si riesce così ad inserire a pieno titolo il sistema forestale trentino nell’ormai prossimo mercato nazionale ed internazionale dei crediti di carbonio.

Per avviare e poi consolidare politiche di filiera capaci di rimanere competitive nel mercato internazionale, la certificazione dei nostri boschi era ormai un passaggio obbligato, indispensabile per una moderna politica forestale, ma anche per offrire risposte alla domanda di qualità, garanzie ecologiche nella gestione dei boschi, certezze richieste con sempre maggiore frequenza dai consumatori del prodotto legno.

Sono stati tre anni di grande impegno che ha coinvolto nella proposta e nella conduzione del procedimento amministrativo i Servizi Forestali provinciali, il consorzio dei Comuni Trentini, le ASUC e diversi proprietari privati.

Ma grazie all’impegno del Consorzio dei comuni è anche stato un processo partecipato; sono infatti stati coinvolti non solo l’associazionismo imprenditoriale, ma anche quello ambientalista, la SAT, il sindacato. E’ un metodo di lavoro che andrebbe esteso a tanti altri momenti delle scelte politiche locali e che, come abbiamo visto nel concreto, porta frutti, perché permette confronto fra diversità, e consente una condivisione fra mondi che si credevano agli antipodi.

In tempi stretti ora si dovrà passare alla certificazione dell’intera catena di custodia, cioè dei vari passaggi che portano la materia prima, il legno, fino al prodotto finito: trasporto, prima lavorazione nelle segherie, seconda e terza lavorazione. La parola passa quindi al mondo produttivo, a quello artigianale e industriale e al sindacato, che alla tradizionale politica di tutela del lavoratore dovrà saper affiancare la tutela del consumatore, esigendo dall’industria qualità certa e garanzia piena dell’intera filiera del prodotto lavorato.

Ma anche fra i protagonisti del percorso di certificazione ci si chiede se questo passaggio risulterà essere un banale marchio, un ulteriore impegno burocratico che cadrà sulle aziende e sulla pubblica amministrazione o se invece le ricadute positive potranno essere percepibili, concrete.

E’ una domanda che sorge legittima. Va detto che il passo era ormai obbligato, il ritardo accumulato sulla concorrenza straniera andava recuperato, non era più possibile venire considerati all’interno del settore legno i parenti poveri e marginali dell’Europa. Quello della certificazione non è uno sfizio dei paesi più ricchi che riescono ad inserire una ulteriore difficoltà nei confronti dei paesi emergenti, come del resto non si tratta di un marchio privo di contenuti.

Nel caso del Trentino questo marchio certifica una qualità ambientale nella gestione di oltre metà della superficie del nostro territorio, è quindi un marchio di sostenibilità ecologica, un marchio di garanzia dell’intero sistema ambientale della nostra provincia. Ma è anche un marchio che, una volta ottenuto, non offre certezze di mantenimento. Proprio per questo motivo si innescano opportunità di impegno non trascurabili.

Una prima riguarda il proprietario, che si vede costretto ad annuali verifiche delle proposte di miglioramento, alla verifica dell’effettivo superamento di eventuali sofferenze (pensiamo ai temi della sicurezza del lavoro o alle strade forestali sempre più trafficate). Ogni proprietario è finalmente costretto ad una continua azione di formazione del personale, e si va così a diffondere e consolidare anche nelle periferie del nostro territorio cultura e consapevolezza della centralità del sistema bosco.

E’ un passaggio, che quando sarà legato all’intera catena di custodia, ci permetterà di percepire a fondo cosa significhi qualità del prodotto legno e renderà tutti più consapevoli dell’importanza della gestione del bosco, anche in questi anni di difficoltà, di rese economiche veramente minime, anni che hanno portato le piccole proprietà, sia private che pubbliche, ad abbandonare la cultura silvopastorale.

Ma anche sulle politiche di promozione turistica si aprono opportunità non banali. I boschi certificati permetteranno di implementare l’offerta, di strutturarla finalmente all’interno di binari fino ad oggi sottostimati. Aver diffuso conoscenze tecniche sul territorio, essere ritornati ad investire nella sentieristica, aver ripreso in mano pianta per pianta significa permettere a tanti soggetti di percepire la foresta in modo diverso: non più un mondo da tenere lontano, scuro, quasi impenetrabile, che provoca diffidenza, ma una superficie da scoprire, da rileggere, con la quale confrontarsi. Certo, Trentino Spa (la società di promozione turistica ndr) non potrà gestire questi traguardi di qualità come avvenuto nel passato, sfornando tonnellate di pubblicistica cartacea e inventando loghi che rimarranno privi di contenuto e di ricaduta nelle scelte della politica.

Trentino Spa dovrà costruire politiche turistiche coerenti con il traguardo raggiunto. Dopo aver ottenuto la certificazione dei boschi si spera di non dover più assistere agli scempi avvenuti nell’autunno scorso sulle montagne di Pinzolo, o a quelli del passato sui pascoli di Val Jumela, o ad altri che si vanno prospettando nelle isole più delicate del nostro territorio, quali Colbricon (Primiero) e Costa d’Agra (altopiano di Folgaria).

Se la certificazione avrà aiutato a consolidare questi nuovi approcci verso il bosco, quello della sostenibilità ambientale, quello culturale, quello della coerenza delle scelte politiche e non ultimo quello della responsabilità sociale di un territorio verso le popolazioni delle città, senza dubbio non ci troveremo ad aver inseguito un marchio in più, ma avremo offerto alle generazioni future concreti motivi di speranza e la garanzia di poter sempre vivere su un territorio equilibrato e sicuro. E su un territorio conosciuto e continuamente gestito.