Fiemme fra inerzia e occasioni mancate
Dalla crisi della Magnifica Comunità al fallimento del Progetto legno.
"L’attuale sistema democratico prevede che gli amministratori vengano votati proprio per amministrare nel senso più elevato del termine senza la necessità di ottenere prima il consenso dei vicini". E’ una massima dello Scario della Magnifica Comunità di Fiemme, Elvio Partel, riportata da un quotidiano locale e che esprime in modo efficace il concetto di democrazia degli attuali amministratori. Si tratta del candidato sindaco di Daiano che lo scorso anno, pur in assenza di concorrenza, non era riuscito a farsi eleggere, raggiungendo il misero quorum del 30 % di votanti. Un personaggio che si trova ad essere doppiamente sfiduciato dalla volontà popolare.
Sono trascorsi 500 giorni da quando, nel febbraio del 2005, ventitrè consiglieri di regola su 41 si dimisero con una atto politico unico nella storia delle Comunità, come risposta all’arroganza e alla incapacità amministrativa della giunta esecutiva. Chi è rimasto incollato alla poltrona non ha ritenuto di dover riflettere: una decisione ricca di elevato senso civico!
I vecchi regolani hanno così proseguito e preso decisioni talmente importanti da vincolare per un decennio i prossimi amministratori. E’ stato deciso, ad esempio, di rinnovare gli impianti in segheria, 5 milioni di euro di investimento, sono state imposte altre spese discutibili, si è gestita una trattativa sindacale sia per quanto riguarda il personale amministrativo che quello della segheria con atteggiamenti altezzosi e privi di rispetto verso gli interlocutori, si sono abbandonati progetti strategici che riguardano il completamento della filiera del legno nelle valli di Fiemme e Fassa.
A novembre si arriverà, finalmente, alle elezioni che porteranno al rinnovo delle cariche. Ma in valle si respira diffuso un senso di abbandono nei confronti della Comunità, una sfiducia talmente forte da far prevedere che non si arriverà al quorum del 50% dei votanti necessario per convalidare le elezioni. Imitando i comportamenti della Casa delle Libertà e di Silvio Berlusconi sulla Costituzione, gli attuali amministratori della comunità stanno preparandosi a modificare lo Statuto in tempi utili per evitare l’altrimenti inevitabile commissariamento dell’ente. Si modificano le regole a colpi di maggioranza pur nella consapevolezza di non rappresentare la volontà politica dei vicini.
In questa situazione tanto precaria si inserisce il fallimento di un progetto che aveva suscitato aspettative significative. Da sempre Fiemme - ma è un problema di tutto il Trentino - non riesce a completare la filiera del legno con prodotti finiti di alta qualità. La materia prima è di ottima qualità, ma poi viene venduta fuori provincia o dopo la prima lavorazione in bosco, o come prodotto di seconda lavorazione.
Nel 2003 viene istituita una società pubblico-privata. Comunità di Fiemme, Dkz s.r.l. di Predazzo e Rasom Holz di Pozza di Fassa, allo scopo di massimizzare la resa del prodotto e risparmiare nelle lavorazioni approfittando delle diverse specificità delle aziende, si sono lanciate in un mercato promettente, quello delle case in legno ad alto risparmio energetico. La Provincia interviene con un contributo di oltre 2 milioni di euro, mentre l’Istituto per la valorizzazione del legno (IVALSA) di San Michele all’Adige offre il necessario sostegno scientifico nella ricerca, la Comunità mette a disposizione il suo prestigioso marchio e le aziende private la loro indubbia efficacia produttiva e di commercializzazione. Si prevedeva che l’attuale produzione annua di tetti pre-assemblati della ditta Rasom passasse da 40 a 200 coperture, l’investimento complessivo doveva essere di 12 milioni di euro, che si creassero 65 nuovi posti di lavoro con un fatturato annuo variabile fra i 26 ed i 27 milioni di euro ed un indotto artigianale previsto con un moltiplicatore di quattro.
Un’occasione ghiotta per la valle, ma un’occasione perduta. Perché? A sentire Luca Giongo Presidente dell’Azienda segagione della Comunità, la responsabilità sarebbe della Provincia. Ma come spesso gli accade il regolano-presidente viene subito smentito dall’assessore provinciale Mauro Gilmozzi. Giongo è la stessa persona che un mese fa annunciava con clamore la chiusura della segheria della Comunità (con una perdita di 40 posti di lavoro mentre già si era da tempo deliberato un investimento in nuovi macchinari di 5 milioni di euro) e che nelle settimane successive, ripetendo comportamenti tipici del Berlusconi premier, smentisce.
La verità è ben diversa. All’interno della Comunità, che è, ricordiamo, un ente sfiduciato dai vicini e dalle dimissioni della maggioranza di regolani sostituti con personaggi di terza e quarta fila, si è preferito non decidere e lasciar cadere il progetto. I regolani superstiti si sono semplicemente assopiti.
Ma anche i Comuni di Fiemme hanno fatto la loro parte. Il nuovo stabilimento aveva bisogno di 36.000 ettari liberi, doveva trovare posto in località Aguai (comune di Carano) o in subordine a Molina di Fiemme. Ma arrivano i veti. Perché Carano deve dare spazi ad una società che vede la presenza di estranei (la ditta Rasom) addirittura di Fassa? Investire in stabilimenti produttivi è impegnativo, meglio lasciare la valle decantare in questo stanco turismo di massa, hanno pensato in coro.
Vista la mala parata, la ditta Rasom non è rimasta a guardare. Ha chiesto ospitalità in provincia di Bolzano, al Comune di Nova Ponente. Ha investito in nuovi capannoni, ha assunto 40 dipendenti ed oggi è lanciata in un continuo potenziamento della produzione. Ha appena chiesto nuovi spazi produttivi a Nova Ponente, in questi primi sei mesi del 2006 ha aumentato il fatturato del 40 % nei confronti dello scorso anno, è interessata a produrre per il Giappone case in legno antisismiche in più piani.
Va ricordato che lo scorso autunno la lista di minoranza di Cavalese Insieme per Cavalese, aveva organizzato un convegno sul tema specifico del lavoro. In quell’occasione il Comprensorio di Fiemme e i sindaci della valle si erano assunti un solenne impegno: costruire, assieme alle associazioni imprenditoriali di valle e a quelle sindacali, un progetto che mirasse alla qualità del lavoro, all’innovazione, alla formazione. Anche questi impegni sono andati perduti, e si comprende perché. L’assessore al lavoro Francesco Casal è rimasto in stallo, un po’ per pigrizia, ma sollecitato dalla lista di sinistra di Cavalese riversava le responsabilità di scarsa sensibilità sui sindaci di Carano, Giorgio Ciresa (centro-destra) e su Gianni Delladio, quest’ultimo anche presidente del Comprensorio, denunciando la loro nulla attenzione sul problema, anzi, specie nei confronti del primo, una aperta ostilità.
Il vuoto amministrativo, questo nulla ideale, l’assenza di progettualità, stanno portando l’intera valle di Fiemme a vivere di rendita. Ma le rendite non durano in eterno. Abbiamo avuto la possibilità di investire in una nicchia di mercato nuova e moderna, abbiamo avuto il sostegno e la collaborazione di istituti di ricerca, abbiamo avuto sollecitazioni forti da parte di alcuni settori politici, non ultima la Provincia ed il Servizio Foreste, e la comunità di Fiemme, in sintonia con i sindaci, si è lasciata scappare un progetto di industrializzazione e completamento della filiera del legno all’avanguardia. Nel frattempo il settore turistico dimostra giorno dopo giorno di non essere in grado di offrire opportunità serie di lavoro ai giovani della valle, e le aziende produttive presenti soffrono la totale inerzia nel settore delle pubbliche amministrazioni. In positivo registriamo l’intelligente attivismo di una parte dell’imprenditoria produttiva: accanto alla ditta Rasom possiamo mettere i fratelli Ciresa (lavoro del legno di risonanza), l’impegno della Sportiva (calzature sportive e di montagna), il pastificio Felicetti. Ma tutto questo avviene nonostante l’aridità progettuale delle pubbliche amministrazioni locali.