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QT n. 5, 11 marzo 2006 Cover story

Ratzinger segherà l’Ulivo?

La nuova invadenza clericale, la divaricazione tra i valori “cattolici” e quelli laici, che conseguenze sta avendo sulla politica? Taglierà alla base l’Ulivo? Saboterà la convergenza tra la cultura di sinistra e quella cattolica? Dibattito a più voci, tra studiosi e politici credenti e non credenti.

Fu nel ’98, alla caduta del governo Prodi, che si sviluppò lo sconcertante dibattito: centro-sinistra con o senza trattino? Roba da ridere, ma fino a un certo punto. Il propugnatore del centro-sinistra con trattino, Francesco Cossiga, intendeva una cosa molto precisa: tra le due culture, quella democristiana da una parte e quella di sinistra dall’altra, ci può essere alleanza, ma non contaminazione, non fusione. E quindi l’Ulivo andava affossato e Prodi allontanato. Cosa che – complici la sinistra e le personali ambizioni del furbissimo Massimo D’Alema – puntualmente si avverò.

Papa Benedetto XVI

Sono passati otto anni. E quei protagonisti, dopo varie vicende, sono sempre lì; e sempre lì c’è pure l’Ulivo, non rigogliosissimo ma tenace, a evidenziare come la confluenza tra sinistra e cattolici sia un tema di fondo. Solo che ora, a remare contro, al posto del balzano ex-presidente Cossiga, ci sarebbe nientemeno che la Chiesa cattolica, nelle sembianze dell’assemblea dei vescovi. Questa almeno è l’interpretazione di vari osservatori, tra cui il nostro Piergiorgio Cattani, che anche qui, a pag.20, precisa il suo pensiero.

Questo dunque il tema del nostro servizio. Con Joseph Ratzinger papa e Camillo Ruini presidente della Cei, si sta andando a uno scontro tra valori cattolici e valori laici? Si sta tagliando alla radice l’incontro tra cultura cattolica e cultura d sinistra? Con quali esiti nella società?

Indubbiamente in Italia la gerarchia ecclesiastica ha sviluppato in questi ultimi anni un interventismo in politica che a me sembra eccessivo, e che in ogni caso è più immediato, più diretto di quello dei tempi della DC. In questo c’è una sostanziale sfiducia verso il laicato cattolico italiano, che viene giudicato in stato di perenne minorità – ci dice il sindaco di Riva Claudio Molinari, candidato al Senato per l’Unione, egli stesso esempio di "laico cattolico" – Noi avevamo assistito, anche su temi importanti come la scrittura della Costituzione, ad uno sforzo di sintesi fra le diverse culture italiane, sintesi cui avevano lavorato, con ottimi risultati, menti del laicato cattolico e non; a questa impostazione si era poi venuti meno, prima con la stagione dei partiti, e poi con quella della crisi dei partiti. E a questo punto la gerarchia ha ritenuto di dover intervenire direttamente".

Camillo Zadra, direttore del museo della Guerra di Rovereto.

Concorda con questa impostazione Camillo Zadra, direttore del Museo della Guerra di Rovereto, cattolico, anzi "cattocomunista" in quanto iscritto ai Ds: "Abbiamo vissuto nella Chiesa italiana un periodo – la stagione della Dc e quella del Concilio - nel quale i laici credenti, ciascuno con le sue inclinazioni anche profondamente diverse, rivendicavano lo spazio della politica per sé: il che presupponeva una delimitazione di quello per le gerarchie. Ora tutto questo torna in discussione: riappare un’istanza organizzata e gerarchizzata che punta a presentarsi come mondo cattolico tendenzialmente compatto. La Conferenza Episcopale si presenta come soggetto che, in rappresentanza di tutti i cattolici, interviene nel dibattito pubblico su tutte le questioni di rilevanza etica, cioè praticamente su tutto".

Questo porta "ad una caduta verticale del dibattito interno alla Chiesa; sembra che la discussione, anzi la contrapposizione, debba essere tra credenti e non credenti. Mentre io in genere, sulle varie questioni, mi trovo d’accordo con alcuni credenti e con alcuni non credenti".

Anche Molinari vede questo rischio, "la divisione anche in politica tra fedeli e non fedeli. Che è sbagliata: il cattolico in politica deve fare i conti con le esigenze di cittadinanza di tutti. Io sono sindaco di tutti i rivani, non dei soli cattolici".

Claudio Molinari, sindaco di Riva e candidato al Senato per l'Ulivo

Tutto questo deriva, prosegue Molinari, "dall’abbandono dello stile ‘inclusivo’ di Giovanni XXIII per cui era prioritario ascoltare l’altro, capirne le ragioni, confrontarsi ed essere disponibili a cambiare; ora prevale invece lo stile ‘escludente’: la priorità è affermare le proprie ragioni, la propria identità."

Qui torniamo a un tema che abbiamo già trattato (vedi Dio, Ratzinger e il Grande Inquisitore): la visione del nuovo papa postula l’impossibilità "che l’uomo, contando solo sulle proprie energie, riesca a costruire da solo una morale"; e quindi l’assoluta necessità, per il bene di tutti gli uomini, anche i non credenti, di un Dio (e chi per lui in questa terra, naturalmente) che fissi il confine tra bene e male. Insomma, siamo tutti minorenni, abbiamo bisogno di Dio (e quindi dei preti), che ci dica (che ci dicano) cosa dobbiamo fare. Staremmo freschi: è ovvio che in tali principi ci siano tutte le premesse dello scontro.

"Questo è il punto – concorda Zadra – E lo si vede dall’agitarsi di certi personaggi, i cosiddetti ‘atei devoti’, che vedono la religione come instrumentum regni, strumento per mettere ordine nella società (vedi L’assalto degli atei cristiani). Però è tutto da verificare se queste proposizioni possono poi tradursi in qualcosa di operativo. Quando li tocchi nel concreto dei loro diritti, i cittadini non sono insensibili".

"Non c’è dubbio: per il laico, per garantire i diritti umani fondamentali non c’è bisogno di Dio, basta l’etica – afferma Gian Enrico Rusconi, docente di Scienza politica, editorialista de La Stampa e direttore a Trento dell’Istituto Storico Italo-germanico – Ratzinger, anche quando sottolinea posizioni tradizionali - però usando espressioni molto forti tipo ‘Dio protettore dell’embrione’ - tende a configurare una netta collisione tra la laicità e quella che io chiamo una ‘religione di Chiesa’, autoritaria e dogmatica. Siamo arrivati al punto che la Chiesa pretende di definire la laicità, di discriminare al suo interno: basti pensare alla dizione ‘sana laicità’, che è innanzitutto offensiva, razzista: chi non è sano, è malsano; ma poi presuppone che a decidere chi è laico e chi no (ammesso e non concesso che si debba decidere in merito) siano i vescovi."

Questa nuova invadenza che risposta trova nella politica? Che difesa dei propri ambiti, che difesa della laicità dello stato?

La risposta è sconfortante: "Vedo i laici non cattolici rifugiarsi nel papismo. Sbagliano tutto – secondo Molinari –

Piergiorgio Rauzi, docente a Sociologia ed ex-prete
Forse è una distorsione provocata dalla politica televisiva, dove l’immagine papale è riuscita ad essere così forte: quando i non cattolici corrono a ricevere l’imprimatur delle gerarchie, abdicano al loro ruolo".

"E’ una certa visione dei rapporti di potere – aggiunge Piergiorgio Rauzi, docente a Sociologia ed ex-prete – Nei Ds per rapporto con la Chiesa s’intende quello con la gerarchia; i cattolici democratici li mettono sì in lista, ma come fiore all’occhiello, la politica vera la si fa chiedendo udienza al papa".

Questa deriva è così profonda e peraltro nota ("la sinistra ha perso la dignità di essere laica" sentenzia Rusconi), che non vale la pena illustrarla ulteriormente. Notiamo invece come abbia provocato una reazione: la nascita di un partito, La Rosa nel Pugno, che pone la laicità al primo posto (Il partito degli anticlericali): partitino che sorge come rifrittura di esponenti radicali e nostalgici socialisti, con politici nazionali e locali (Zoller, Pasini, Visintainer, Pietracci) di modesta levatura e comunque usurati, per di più subito lanciatisi in improvvide difese dell’epoca craxiana; eppure stanno trovando un inaspettato ascolto, suscitando attese: "E’ il segno che la sinistra ha passato il segno. Quando si sentono Fassino e Livia Turco assicurare di aver avuto una formazione religiosa, si tocca con mano tutta la debolezza di questa classe politica. Ed ecco quindi nascere le formazioni laiche per antonomasia. Il che è in sé sbagliato, ma è una risposta" – afferma Rusconi.

L’argomento non va liquidato con imprecazioni o battute. Rimanda a debolezze culturali di fondo.

"Il punto è che la laicità dovrebbe essere una virtù prima che una contrapposizione. Si dovrebbe essere laici perchè è giusto esserlo, non per contrastare i clericali – afferma Rauzi – Infatti la laicità è intrinseca al cristianesimo, Gesù era laico, si contrapponeva, e duramente, ai sacerdoti; e anche in Dostoievskij, il Grande Inquisitore detesta e imprigiona Cristo. Nei Ds queste problematiche non sono nemmeno percepite; e quando gli atei devoti si precipitano a difesa delle radici cristiane, e la Fallaci al bacio del sacro anello, la tentazione del centro-sinistra è di rincorrerli".

Gian Enrico Rusconi, docente di Scienza politica, editorialista de La Stampa e direttore a Trento dell’Istituto Storico Italo-germanico.

La laicità, appunto. Che dovrebbe essere vista in positivo. "Laicità è riconoscere legittima la pluralità delle etiche, dei costumi morali, degli stili di vita. Per questo è così importante, discriminante la questione dell’omosessualità, se si riconosce o meno il diritto a un costume diverso – sostiene Rusconi – La Chiesa, al contrario, pretende di definire un’etica comune a tutti, dalla quale nessuno si deve discostare. E’ chiaro quindi che la laicità non è elemento distintivo fra credenti e non credenti; lo è fra chi ritiene debba esserci uniformità nei costumi di vita e chi invece ammette la pluralità".

Tutti i nostri interlocutori ribadiscono quindi come la distinzione non sia credenti/non credenti. "Però – ribatte Rusconi – A me capita di tenere dibattiti nelle scuole, in assemblee, ecc., e in tanti si dichiarano cattolici e prendono le distanze da Ruini. Però poi stanno zitti. Nel dibattito pubblico, dove sono i cattolici non-ruiniani? Dove è questa altra Chiesa?"

"In tanti si sono fatti intimidire. E’ indubbio, nella Chiesa c’è un deficit di dibattito" – ammette Zadra.

"C’è oggi una minorità dei laici credenti; il che non fa bene a nessuno" – concorda Molinari.

Ma in tutto questo non c’è una sopravvalutazione della forza del cardinal Ruini?

"Quante divisioni ha il papa?" chiedeva, con rozza brutalità Stalin. Non per emulare il pessimo esempio, ma forse sarebbe da chiedersi quanti voti può spostare la Conferenza Episcopale (vedi Gli italiani laici non votano?). Ruini ha messo il cappello sulla gran massa degli astenuti al referendum sulla fecondazione assistita: gioco molto spudorato, eppure preso sul serio dalla partitocrazia. Di qui la domanda: ma quanti voti porta la Cei? E quanti, per contraccolpo, può farne perdere?

"I voti di per sé non sono tanti – risponde Rauzi – Il peso della Chiesa sta nel riuscire a far scattare reazioni emotive: sia con iniziative come il turismo religioso (a Lourdes vanno anche quelli che la messa la frequentano poco), sia agitando temi come il crocifisso nelle scuole, o il matrimonio ai gay, o la sacralità della famiglia".

"Elettoralmente incidono poco, ormai sono proprio pochi quelli che chiedono al parroco come votare" – concorda Giorgio Tonini, cattolico anch’egli e candidato per i Ds al collegio di Trento - Ma su alcune questioni complesse, come appunto la fecondazione assistita, una parte consistente della popolazione segue il giudizio delle gerarchie, di cui si fida più che dei partiti".

Per Rusconi ci troviamo di fronte "ad una sopravvalutazione del peso della Chiesa: è vergognoso quanto i politici la temano. Il fatto è che la politica è rinchiusa in un micidiale circuito mediatico, in cui si sono persi i contatti con la società, al punto che non si sa più nemmeno se i sondaggi sono affidabili. Ora Ruini, nel circuito, è fortissimo e quindi temutissimo; ma nella realtà?".

Abbiamo dunque visto il quadro. Possiamo ora ad affrontare il quesito iniziale: in questo contesto, quali esiti avrà la convergenza tra sinistra e cattolici?

Qui le risposte dei nostri interlocutori si differenziano.

Giorgio Tonini, cattolico, e candidato per i Ds al collegio senatoriale di Trento.

"Non vedo nelle gerarchie una strategia contro l’Ulivo – risponde Tonini – Ratzinger ha alle spalle l’esperienza tedesca, che lo ha portato a guardare con simpatia la socialdemocrazia tedesca fino a tesserne anche, nel libro ‘Senzaradici’, un aperto elogio".

"Dipende da come andranno le elezioni: se vince Prodi, si adeguano – afferma Rauzi – Non a caso Ruini ha piazzato nella Margherita suoi uomini: l’ex presidente delle Acli Luigi Bobba e la presidente di ‘Scienza e Vita’ Paola Binetti..."

A noi questi sembrano posizionamenti per condizionare, in caso di vittoria, la Margherita. E magari impedirne la contaminazione con i Ds.

"Si dovrà andare a vedere i rapporti di forza. Non basta essere dalla parte giusta della storia, avere ragione: Berlusconi nel 2001, Bush in America, Ratzinger al conclave...: tutti portavano la soluzione sbagliata, eppure hanno vinto – replica Rauzi – D’altronde teniamo presente come non sia facile neanche per Ratzinger far quadrare i conti con le piazze piene, ma le chiese vuote".

Più pessimista Rusconi: "Dopo le elezioni, anche in caso di vittoria, per il centro-sinistra l’impatto con la Cei sarà micidiale. Se Ruini vuole, il centro-sinistra lo spacca. Forse si arriverà ad una sorta di compromesso non dichiarato: Ruini strepiterà sui Pacs, ma su quello non romperà, perché avrebbe la società contro; e in cambio vorrà tutto il resto: otto per mille, scuole private, ecc.".

Rimane il discorso strategico: al di là del post-elezioni, dei temi importanti eppur contingenti, potrà esserci la confluenza strategica tra cattolici e sinistra?

"Abbiamo visto – afferma Tonini - come anche in questa fase la gerarchia si renda conto della necessità di compromessi, di mediazioni: sulla (pur brutta) legge della fecondazione assistita, ha avallato parti non in linea con i suoi insegnamenti; e a più riprese dichiara di non voler mettere in discussione la legge sull’aborto. Insomma, anche la Cei riconosce che bisogna mediare. E chi lo fa? Ruini tende a riservare a sé questo ruolo; io penso che questo sia il mestiere del politico, del laico, non del vescovo.

Qui sta il conflitto. E qui occorre una politica che torni ad essere forte, e che ci sia un partito di laici e cattolici che faccia lui la mediazione, al proprio interno e con le altre forze. E’ interesse della Cei far saltare questo progetto? In teoria sì; ma in pratica non è in grado di farlo. Lo abbiamo visto anche in questa fase: sulla famiglia e sui Pacs il programma dell’Unione è chiaro, e anche le candidature super-cattoliche lo hanno sottoscritto".

Mons. Camillo Ruini, presidente della CEI.

Sul discorso di lungo periodo anche Rauzi non è pessimista, svolgendo un discorso sociologico: "Il centrosinistra senza trattino si deve fare. E lo si può fare anche se c’è Ratzinger. Occorre attrezzarsi culturalmente, affrontando i problemi di una società secolarizzata, in cui si è perso il senso del sacro.

La secolarizzazione ha avuto un’accelerazione negli anni Sessanta, con la crisi di tutte le istituzioni alienanti (l’alienazione è il trasferimento altrove dei propri problemi, n.d.r.) come la Chiesa, ma anche la famiglia e per certi versi il partito; ma la deriva è stata l’anomia (perdita di valori, di punti di riferimento), il che è peggio, e di qui l’attuale rigetto. Il punto della politica è tenere la barra fissa tra i due scogli, anomia e alienazione, non come Berlusconi che gioca tutto sulla trasposizione dell’alienazione nel mondo mediatico, alla "Grande Fratello" per intenderci; bensì adeguando le regole, i valori, all’evolversi della società".

Anche Rusconi parte da un punto di vista sociologico: "Per la società di oggi usiamo la formula di post-secolare: cioè, la secolarizzazione è andata avanti, ma la religione non si estingue, ma ritorna con un impoverimento teologico, limitandosi ad essere un insieme di comportamenti morali. Oggi la Chiesa non parla di Redenzione e di Regno di Dio, ma di famiglia, di droga, di aborto. Problemi seri, ma la religione diventa un’altra cosa.

Il punto è che i laici questi problemi li affrontano ragionandoci, mentre la Cei lo fa partendo dall’esistenza di Dio. In questi termini la discriminante laicità/clericalismo diventa essenziale, più importante – lo scrissi già nel 2000 – di quella destra-sinistra. E per l’Ulivo questa problematica sarà ancor più ardua di quella economica".

Per Zadra "il Partito Democratico s’ha da fare, Margherita e Ds possono e debbono operare un incontro tra le due anime storiche della politica italiana. E lì, nella discussione comune, trovare la soluzione laica alle problematiche. Una separazione, un tornare indietro, sarebbe catastrofico".

"E’ un progetto epocale, di sintesi dei due pensieri. Bisogna continuare a crederci, a spendersi – afferma Molinari – Trovo stimolante questo momento culturale. E sono fiducioso, perchè credo nella forza della libertà".

Su questo Rusconi concorda: "Sì, sono ottimista. Non si potrà più vivere di rendita su questi temi. Anche noi dovremmo ridefinire la laicità (e non a caso il mio istituto ha assunto proprio questo tema come centrale). Oggi la religione appare forte perché porta certezze, mentre i laici appaiono dei cacadubbi. Siamo costretti a ripensarci e questo è positivo".