Perché Ruini potrebbe vincere ancora
Perché è molto difficile che la legge sui “Dico” venga approvata. Anche se i sondaggi dicono che è vista con favore dalla popolazione.
E’ bastata l’approvazione in Consiglio dei ministri del disegno di legge governativo sui diritti e doveri delle coppie di fatto, ribattezzato “Dico” ad aprire un nuovo fronte polemico tra il centrosinistra e la Chiesa cattolica italiana, uno scontro di intensità maggiore di quello intorno al referendum sulla fecondazione assistita di un anno e mezzo fa. Stavolta però i problemi e le posizioni in campo sono sostanzialmente diversi: i quesiti referendari inerivano ad argomenti importanti ma comunque troppo complessi o riguardanti in fondo troppo pochi cittadini per interessare il grande pubblico; inoltre il cosiddetto fronte cattolico era molto compatto sulla scelta astensionista (che accomunava Rutelli e Casini), tranne l’eccezione prodiana rimasta comunque isolata.
Oggi il tema coinvolge molte più persone: quella delle convivenze di fatto è una realtà entrata nel costume italiano e la necessità di una loro regolamentazione è condivisa dalla maggior parte dei cittadini credenti e non. Inoltre, pur dopo un faticoso compromesso, i cattolici dell’Unione, tranne il “tattico” Mastella, si sono ritrovati sulle posizioni del governo. Tutto bene allora? I “Dico” hanno la possibilità di diventare legge dello Stato?
Negli scorsi giorni diversi segnali suggerivano il contrario: le prese di posizione di tutta la gerarchia cattolica erano vibranti e continue, parti della maggioranza governativa sembravano traballare, anche i laici di opposizione si adeguavano tranquillamente sulla scelta anti-Dico e pure tre senatori a vita si schieravano per il no. Oggi sembra tutto più complesso, sia per un passo falso di Ruini e per la reazione di settori del mondo cattolico, sia per l’accorta azione politica di Prodi, sostenuto, almeno su questo punto, da sondaggi favorevoli. Ciò considerato, è tuttavia ancora più probabile che il provvedimento venga affossato nella palude del Senato. Vediamo di comprendere il perché esaminando due fronti diversi ma intrecciati, quello ecclesiale e quello politico.
La Chiesa. E’ chiaro a tutti che dopo l’ascesa al soglio pontificio di Joseph Ratzinger l’agenda della Chiesa è profondamente mutata rispetto ai lunghi anni di Giovanni Paolo II. Sappiamo quanto il Papa polacco fosse intransigente sui temi morali, ma ricordiamo anche un suo approccio più universale e meno interventista sulla politica italiana.
Forte della vigorosa proposta dottrinale di Benedetto XVI sui cosiddetti “valori non negoziabili” (valori inerenti alla vita e alla famiglia che per la Chiesa non sono tanto verità di fede, quanto verità oggettive di una morale “naturale”) e confortato da un comune sentire con il pontefice in merito a fare dell’Italia il laboratorio di una rinascita cattolica, il cardinal Ruini probabilmente voleva far giungere a compimento il suo progetto culturale-politico lanciato quasi 15 anni fa.
L’attacco frontale ai volgarmente detti “cattolici di sinistra” con l’annuncio di un documento impegnativo se non vincolante per i parlamentari cattolici, voleva segnare per il cardinale, come solennemente ha dichiarato il quotidiano dei vescovi Avvenire, “uno spartiacque che inevitabilmente peserà sul futuro della politica italiana”. Ma l’annunciato provvedimento, quasi un’arma-fine-mondo, un Armagheddon contro i nuovi Gog e Magog (alias Prodi e Partito Democratico) si è rivelato un boomerang per Ruini: è scoppiato il dissenso cattolico italiano in sonno da una decina d’anni e giuristi e politici cattolici di indubbia autorità hanno denunciato la possibilità di scardinamento dell’impianto concordatario, un Concordato che il fronte laico vorrebbe abolire.
Nei giorni scorsi il fuoco della polemica si è affievolito, la nota della CEI dovrebbe essere orientativa ma non impositiva; nello stesso tempo è facile intuire che questa sia soltanto una breve tregua, una pausa in attesa del momento migliore per affondare il colpo. L’esito controverso dell’incontro tra il governo Prodi e le alte gerarchie vaticane il 19 febbraio testimonia lo stallo ma anche il tentativo di smorzare le tensioni.
In verità gran parte del mondo cattolico impegnato (la massa infatti, per usare un detto evangelico, è come “un gregge senza pastore”, disorientata e molto variegata) è silente o apertamente favorevole alla linea di Ruini. Una volta normalizzati i movimenti laicali dissenzienti o solo non completamente allineati (solennemente si è detto che il laicato cattolico è unito dietro la gerarchia, dando così testimonianza di un genuino spirito cattolico) la Chiesa italiana continuerà ad essere interventista. Le indiscrezioni che vogliono Ruini confermato fino a maggio alla guida della CEI o, peggio ancora, la sua sostituzione a marzo con l’arcivescovo di Genova Bagnasco, già ordinario militare, che fa collezione di modellini di carri armati e aerei (si capisce già quali sono i suoi orientamenti politici), confermano questa tendenza. Le voci dissenzienti sono isolate e comunque violentemente attaccate perché giudicate ostili nientemeno che al Papa. L’obiettivo è impallinare la legge sui “Dico” e per raggiungere questo scopo le vie sono infinite.
La politica. La partita infatti non si limita solamente alla questione della famiglia o ad aspetti morali o pastorali, ma coinvolge in pieno i futuri assetti della politica italiana, Ai tempi della fine della DC il cardinal Ruini ha fatto di tutto per mantenere l’unità politica dei cattolici, ripiegando poi su una proficua equidistanza dagli schieramenti esercitando un’incredibile influenza su di essi.
Nonostante ciò, Ruini cerca ancora un interlocutore credibile per la parte più ampia possibile del mondo cattolico: per diversi motivi né Berlusconi, né Prodi rappresentano questa figura. Bisogna rompere gli schemi esistenti, frenare o bloccare il Partito Democratico e puntare tutto sul vero uomo spendibile per i cattolici, Roberto Formigoni. Su certi temi, per l’attuale impostazione ecclesiastica, è impossibile giungere ad ogni compromesso con il fronte laico, una necessità ineludibile invece per Prodi. Di qui lo scontro che la Chiesa italiana si prepara a sostenere anche a costo di perdere ulteriore contatto con i cittadini.
Su questo punto però occorre guardarsi dalle semplificazioni eccessive e dalla fiducia riposta nei sondaggi di opinione che suggeriscono un’Italia favorevole ai diritti per le coppie di fatto.
Per la pancia del paese gli omosessuali sono uno spauracchio ed è diffusa la paura o il sospetto che i “Dico” aprano la strada al matrimonio e all’adozione dei bambini per i gay. Esiste un’Italia stanca, menefreghista, volubile e soprattutto timorosa del futuro e di perdere i privilegi e il benessere raggiunto.
Se la legge venisse bloccata in Parlamento, scarsa o nulla sarebbe l’incidenza sul consenso elettorale dei due schieramenti che temono, per una questione di immagine, di rompere con la Chiesa. E non sembra che ci sia un movimento di popolo a sostegno del progetto di legge. Le scelte politiche di un cittadino, ma anche di un partito, spesso si basano sull’illusione piuttosto che sulla realtà, sull’immagine piuttosto che sulla visione del futuro. Avere dalla propria parte la gerarchia cattolica che conta è un formidabile strumento propagandistico, decisivo per le sorti di un’elezione. Il sistema proporzionale non ha fatto altro che peggiorare la situazione.
Questa ricostruzione è opinabile, ma così almeno pensa la nostra classe politica ed è per questo che la legge sui “Dico” probabilmente non passerà in questa stesura già considerata minimale per la sinistra.
Detto tutto questo, manca l’ultimo particolare: al Senato non ci sono i numeri ed è altamente improbabile un soccorso dell’opposizione. Oppure si potrebbe affacciare un’altra strada, quella cioè che il disegno di legge venga fortemente modificato nelle commissioni e nelle aule parlamentari: ma un nuovo compromesso rischia di scontentare tutti.