“Interessi Zero”
Alla Galleria Civica di Trento una provocatoria mostra sui punti d’incontro e (soprattutto) di scontro tra arte ed economia.
Economia in crisi? Non certo l’arte, che in questa mostra alla Galleria Civica di Trento (fino al 29 maggio) rivela quanto la provocazione (anti)economica possa essere efficace. L’idea è allettante: analizzare i molteplici punti d’incontro e di scontro tra arte ed economia. Ciò che emerge dal percorso è però una risposta per lo più unidirezionale; se si esclude il noto video di Murakami realizzato per Louis Vuitton (esposti, ma forse non era il caso, anche borsette ed accessori…) e poco altro, la risposta degli artisti non sembra essere molto conciliante nei confronti dell’attuale economia globale.
Una critica che parte innanzitutto dalla demistificazione del feticcio-denaro, testimoniata dalle scritte "Kunst=Kapital" vergate da Beuys su vere banconote, dal video di Marianne Heier in cui il denaro viene messo al rogo, e ancora dalle falsificazioni di valuta attuate da Cildo Meireles e Pascale Marthine Tayou, ma è bene ricordare anche l’assente progetto "Bank of FUN" di Piermario Ciani al centro di un happening ai margini dell’ultima Biennale.
Il denaro, si sa, non si esprime solo con l’immediatezza delle banconote e l’assegno è forse la forma più altisonante di queste variabili. Il suo asciutto rigore è stato semanticamente ribaltato da Duchamp in lavori come l’assegno da lui realizzato in pagamento a una cura dentistica, o la sua obbligazione per la roulette di Montecarlo, mentre sui generis è la ricevuta eseguita da Klein nel suo inconfondibile blu, attestante la vendita di una "Zona di sensibilità pittorica immateriale". E, a proposito di immaterialità, quella dell’economia contemporanea, fatta di titoli ed azioni, bond e fondi (mal) gestiti, è il tema scelto da Claude Closky. L’artista ha individuato l’unica concretezza possibile per la sfilza di numeri degli indici NASDAQ: quello di teoria per carta da parati.
Dalla critica del mezzo alla critica del suo fine, ovvero le merci, cominciando dalla mercearte, venduta un tanto al metro dal situazionista Pinot Gallizio, del quale è esposto un bel rotolo della sua pittura industriale. Altrettanto meccaniche sono le opere di Cesare Pietroiusti, che ha realizzato nella maniera più semplice possibile 4.000 acquarelli (chiamiamoli così…) a distribuzione gratuita per i visitatori, apponendovi la firma e la specifica "la firma dell’artista apposta in calce garantisce l’autenticità dell’opera; ogni eventuale transazione in denaro riguardante questo oggetto renderà invalida la firma stessa e di conseguenza trasformerà l’opera in un falso". L’ossessione per lo shopping è invece al centro del video di Christian Jankowsky, che va letteralmente a caccia di prodotti in un supermercato discount, aggirandosi tra gli scomparti con tanto di arco e frecce.
La sgradevole onnipresenza dei loghi è al centro della riflessione dei media-artivisti 0100101110101101.org, che col progetto Nikeplatz (vedi QT n. 21 del 2003, 01.org: arte, rete, attivismo) hanno fatto credere ai cittadini viennesi che una delle loro più importanti piazze sarebbe stata ribattezzata col nome della celebre multinazionale USA, creando scompiglio ed avversione. E, a proposito di Nike, a criticarla per la sua condotta nei paesi più poveri del pianeta ora non c’è solo Naomi Klein o film come ‘The Corporation’; anche l’arte fa la sua parte, come testimonia, oltre agli 01.org, il video dell’artista Michael Blum, che documenta con un vero e proprio documentario-installazione la miseria che sta dietro lo scintillante ed arcinoto "swoosh".
Dalla critica alla proposta, come nel progetto del gruppo Superflex "Guaranà Power", bevanda eticamente corretta già proposta alla scorsa biennale, ed acquistabile in galleria da un normale distributore di bibite addobbato per l’occorrenza.
Da segnalare infine due interessanti progetti. Il primo è dell’irakena Michael Rakowitz, che risponde al caro-affitti con un sistema abitativo mimetizzato da auto parcheggiata, celermente rubato da qualche buontempone notturno (ma che se ne farà?); il secondo, di Minerva Cuevas, offre ai visitatori un tesserino identificativo che, al pari delle vecchie tessere di Stampa Alternativa, con un po’ di sfacciataggine autorizza l’ingresso a mostre, musei e quant’altro.