Rovereto: il PRG ha fatto flop
Il fallimento del Piano Regolatore di Rovereto. Le responsabilità e - soprattutto - i problemi ora aperti.
“Qualcosa di sinistra" - titolavamo nel 2000 un servizio in cui presentavamo il nuovo PRG di Rovereto, "il tentativo di fare un Piano legato all’idealità, eppure pragmatico" - scrivevamo, per chiederci subito: "Riuscirà?"
Oggi, dopo cinque anni, possiamo tranquillamente dire che il tentativo non è riuscito. "Non mi riconosco nell’esito finale" - ci dice "con notevole amarezza" Manuela Bruschetti, all’epoca assessore all’Urbanistica e madre del Piano (assieme al prof. Pierluigi Cervellati, nume dell’urbanistica di sinistra). Di più: oggi, nell’opinione pubblica roveretana, il Piano Bruschetti\Cervellati è sinonimo di aggressione speculativa alla città; al punto che, pochi mesi dopo la sua adozione definitiva, si incarica un altro urbanista, l’architetto Stefano Boeri, di progettare una variante per rimediare ai guasti incombenti. E non basta: ora il lavoro di Boeri ha fatto entrare in fibrillazione la Rovereto del cemento, e messo in crisi il nuovo assessore all’urbanistica, Giovanni Laezza, già quarantenne dalle vivaci ambizioni, ed ora deciso ad abbandonare la politica. Come stanno le cose?
In questo servizio affrontiamo il tema, centrale per Rovereto; e anche - si spera - per le imminenti elezioni, oltre le pur devastanti contrapposizioni tra partiti e persone (di cui peraltro abbiamo già trattato).
Iniziamo con una precisazione: non indugeremo nella ricerca dei responsabili; come ogni sconfitta, il Piano non ha genitori; o meglio, ne ha troppi. Progettato dalla coppia Bruschetti\Cervellati, è poi passato nelle mani, che l’hanno fortemente rimaneggiato, del commissario ad acta ing. Castelli (subentrato al Consiglio comunale per conflitto d’interessi dei suoi componenti) e infine è stato gestito dall’attuale assessore Laezza. Possiamo dire, senza sbagliare, che la responsabilità politica è del centro-sinistra, che non può ora pensare di cavarsela scaricando tutto sul commissario; ma anche il centro-destra ne esce molto male, essendosi per alcuni anni stoltamente opposto al Piano perché avrebbe "ingessato" la città, ne avrebbe impedito lo sviluppo, non perché l’avrebbe stravolta.
Questa è stata la molla che ha acceso l’attenzione: il timore di perdita di qualità urbana della città, che ha allarmato un’opinione pubblica spesso dipinta come rissosa, ma in questo caso animata da una salutare passione civica.
I timori sono sorti quando in via Trento sono apparse, in tutta la loro imponenza, le mura del condominio all’area ex-Sav: un’edificazione da 5 metri cubi su metro quadro, densità da periferia metropolitana. Anche se poi, a costruzione ultimata, si è visto che la qualità architettonica della facciata non è spregevole; ma gli angoli e la corte interna, in un parossistico addensamento di metri cubi, evidenziano la necessità di accatastare appartamenti e persone, in una costruzione decisamente fuori contesto e fuori scala rispetto alla vivibilità del viale alberato di una bella cittadina: "Dove stiamo andando?"- han cominciato a chiedersi i cittadini. A dire il vero, "il mostro", come è stato ribattezzato, era un lascito delle precedenti legislature Michelini e Monti; ma subito dopo sono iniziate mobilitazioni contro scelte del nuovo PRG, il piano d’area di Via Teatro (vedi Rovereto: il cittadino e il cemento su QT n° 4 del febbraio 2003), l’Oratorio Rosmini, ecc. I timori dei singoli di perdere vivibilità, uniti al tradizionale amore per la propria città e vis polemica (Caro QT, non sei più lo stesso!), facevano nascere comitati di cittadini e animavano discussioni tra gli operatori. E impedivano al Piano una decorosa operatività.
A questo punto si metteva in gioco l’assessore Laezza: per uscire dall’impasse, ma forse anche per motivi politici, assestare un colpo, lui e il suo sindaco Maffei entrambi della Margherita, contro i predecessori Bruschetti assessore e Ballardini sindaco, entrambi dei Ds, ormai più rivali che alleati nella scricchiolante coalizione di centro-sinistra.
Quali e quante siano state le ragioni, Laezza affida l’incarico di una variante al PRG appena approvato, al prof. Stefano Boeri, docente di Urbanistica alla facoltà di Architettura di Venezia, direttore della rivista Domus, ecc. L’incarico riguarda una riprogettazione delle aree lungo l’asse della ferrovia e della statale del Brennero, porzione del Piano di difficile attuazione, ormai impossibile con il crollo del consenso attorno al PRG. In realtà a Boeri viene "chiesto di operare un ragionamento più esteso: per riequilibrare tutta una serie di zone - ci dice l’architetto. Nasce così la variante Boeri, che attua una serie di ridimensionamenti rispetto al Piano di Cervellati "operando secondo la nostra coscienza e serietà professionali".
Solo che quest’esito allarma il partito del cemento, che ha forti agganci nella Margherita, e che quindi entra in fibrillazione. E l’assessore Laezza si ritrova spiazzato, con la sua creatura, la variante, che gli sfugge di mano. "Non è vero che sono contro i poteri forti, come dicono i giornali" - ci precisa, mentre ci rifiuta un’intervista.
Decide di ritirarsi dalla politica, e gli viene trovato il bel posticino di direttore del Palacongressi di Riva (ma qualcuno sussurra che la Margherita lo tenga come candidato sindaco di riserva in caso di siluramento di Maffei).
Intanto i problemi urbanistici di Rovereto rimangono tutti aperti.
Quali sono questi problemi? Sintetizzando al massimo, i problemi evidenziati, con parole anche dure da Boeri sono tre: la quantità abnorme delle nuove costruzioni possibili; la qualità delle localizzazioni (si mangia verde, non sono previsti servizi); la mancanza di "un’idea di città" sottostante a tutto questo.
Come si vede, critiche radicali. Vediamo in dettaglio.
Il prof. Boeri ha quantificato in un milione di metri cubi le nuove possibili costruzioni, pari a 6-7.000 nuovi abitanti, rispetto ai 35.000 roveretani attuali. Un incremento del 20%, nei 10 anni per cui è prevista la validità del Piano.
"Non so proprio come saltino fuori queste cifre - ci risponde Manuela Bruschetti - Noi avevamo preso come punto di riferimento le previsioni della Provincia sull’incremento demografico: 200 alloggi all’anno, cioè 2.000 alloggi in dieci anni. Non so se poi si considerino anche le costruzioni che possono essere realizzate in base al PRG precedente, oppure quelle che ha aggiunto il commissario...".
Riteniamo dubbio che lo Studio Boeri abbia sbagliato i conti. Quindi prendiamo per buono questo milione di nuovi metri cubi, chiunque l’abbia autorizzato. Anche se il problema dell’autorizzazione è sempre il cuore della questione. E’ infatti il grande potere in capo agli amministratori comunali, rendere miliardari alcuni cittadini con un tratto di penna, che trasforma in edificabile la loro proprietà. E’ attorno a questo nodo che in tutta Italia ruota la politica dei Comuni, crea fortune finanziarie e fortune politiche, spesso a spese della vivibilità delle città. Sì, perché in base a una giurisprudenza consolidata, una volta che un’area è destinata all’edificazione, lo è praticamente in eterno; se una Giunta comunale distribuisce edificabilità come confetti, indietro poi non si può tornare: servizi, verde, opere ed edifici pubbliche lì non si fanno più. Per questo ogni Giunta, quando s’insedia, proclama la sobrietà nelle previsioni edificatorie, salvo poi riscoprire il fascino del potere di rendere miliardario chi vuoi tu, e sbracare con i nuovi insediamenti.
"Io penso in effetti che un incremento della popolazione a Rovereto sia possibile - ci dice il prof. Boeri - Per effetto del Mart, dell’università... Si tratta di fare previsioni equilibrate; e se poi, dopo alcuni anni, si registrassero incrementi demografici sensibili, nulla osta a dare il via allora a nuove edificazioni".
Il secondo punto è la qualità del progetto urbano. "Densificare" - era lo slogan del Piano Cervellati. "Siamo contro lo ‘svillettamento veneto’ - ci disse allora l’assessore Bruschetti - che mangia territorio e non crea qualità urbana". A nostro avviso un esempio positivo di alta densità abitativa (pur con una qualità architettonica su cui i pareri sono discordi) è rappresentato, a Trento, dalle Torri di Madonna Bianca: tanti appartamenti, ma anche luce, aria, verde, parcheggi, servizi.
A Rovereto la qualità della densificazione doveva essere garantita dai "Piani d’area": 9 aree strategiche (industrie dismesse, ex-stazione corriere, ecc.) sulle quali veniva aperto un concorso per i professionisti locali, cui venivano fornite le indicazioni di massima (metri quadri costruibili, verde, parcheggi, ecc.) per avere un progetto preliminare, da inserire poi nel Piano. In questa maniera si sollecitava un apporto molto ampio di idee, si dibatteva attraverso conferenze e un’esposizione dei progetti, si sveltivano le procedure perché i successivi progetti definitivi, una volta che rispettassero le prescrizioni del Piano, non dovevano più passare al vaglio del Consiglio comunale.
"Metodo decisamente interessante - commenta il prof. Boeri - ma con risultati vari". Infatti diverse cose andavano decisamente storte. Il commissario Castelli dilatava il numero dei piani d’area, passandoli da 9 a 25 (quindi ben 16 aree venivano a beneficiare degli snellimenti procedurali senza passare attraverso il filtro del progetto preliminare); ma anche i 9 per cui si erano tenuti i concorsi risultavano tutt’altro che convincenti: quello sull’area centralissima del Follone veniva stralciato d’imperio dalla stessa Commissione urbanistica Provinciale, quello alla Mastertools, con stecche di abitazioni per centinaia di appartamenti, faceva rizzare i capelli alla commissione edilizia, quello all’ex-Merloni veniva stoppato da Boeri: "Prevede edifici commerciali grandi 5 volte il Millennium!"
"Si voleva coniugare speditezza delle procedure con qualità progettuale - commenta Gianluigi Fait, capogruppo di Rovereto Insieme, membro della Commissione Urbanistica - La speditezza è rimasta, ma coniugata alla povertà dei progetti. Rimane la corsia veloce, ma non viene chiesto niente in cambio". Anzi, aggiungiamo noi, anche la speditezza è andata a quel paese: senza più il consenso della cittadinanza, i piani si sono arenati.
Così il PRG ha perso via via colpi. Forse perchè i roveretani non hanno capito il concetto di densificazione?
"La densificazione può andare bene; ma quando poi - risponde con severità Boeri - si costruisce su aree verdi, su una collina intonsa, io uso altri nomi".
Il fatto è che alcune soluzioni sono apparse particolarmente dirompenti. E’ il caso della Consolata, un convento abbandonato a mezza collina, al cui proprietario, l’industriale Pedri, il PRG ha concesso un raddoppio dell’area edificabile, prevedendo 20.000 metri cubi di villette (sì, le deprecate villette!). Ed è il caso di zone verdi puntiformi (ad esempio, la pendice sotto il santuario della Madonna del Monte) incomprensibilmente rese edificabili, alle quali L’Adige ha dedicato una serie di documentati servizi.
Rimane il punto di fondo: quale idea di città è sottesa al Piano, dove si vuole portare Rovereto?
La relazione di Boeri è molto dura: "Il PRG è fortemente deficitario nel costruire una politica urbana per le aree non centrali" che sono proprio quelle su cui "si gioca la capacità di Rovereto di innovare la sua forma urbana, di adeguare il sistema di servizi a cittadini, studenti e turisti". Insomma, il Piano non sviluppa il proprio tema di fondo: adeguare la città a Mart, turismo e Università, le nuove radici dello sviluppo secondo la giunta di centrosinistra.
"E’ vero, il Piano voleva questo obiettivo. Ma se non viene raggiunto - si difende Bruschetti - è perché non è poi stato attuato. Le aree per il turismo, gli studenti, la ricerca, dovevano trovarsi nei piani d’area, che però sono rimasti sulla carta, perché il Piano non è stato gestito".
Insomma, la responsabilità è del successore, Laezza. Che immaginiamo risponderebbe che piani ingestibili lui non poteva gestirli.
Ma, come abbiamo detto all’inizio, a noi interessa relativamente il rimpallo delle responsabilità. Interessano di più i problemi e la loro soluzione.
Stefano Boeri ha redatto la variante, che dovrebbe risolvere tutta una serie di situazioni.
"Abbiamo cercato di dare risposte, come ad esempio alla residenza studentesca. Abbiamo anche cercato di non penalizzare il singolo proprietario, anche se in alcune situazioni abbiamo dovuto prendere decisioni, peraltro condivise nella Commissione Urbanistica, con la quale abbiamo lavorato bene. Ora la questione si sposta sul piano politico, con l’approdo della variante in consiglio comunale".
Appunto. E qui nasceranno i problemi: il partito del mattone si è già mobilitato, l’assessore è diventato molto più incerto.
"Io posso dire una cosa: dal punto di vista tecnico, abbiamo lavorato con la massima serietà. Abbiamo segnato dei punti fermi, da cui non ci sposteremo".
La variante, in discussione mentre andiamo in stampa, verrà quindi approvata? Dubitiamo.
Sarà tema della campagna elettorale? Lo auspichiamo.