I profitti ai privati, le spese al Comune
Moena, il caso della pista Allochet di Fondo: un'imprenditoria turistica ingrassata ed impigrita dalle sovvenzioni dell'ente pubblico, che poi non ha fondi per gli interventi sociali.
Durante questi primi giorni della stagione invernale si è molto parlato sulla stampa locale di sci di fondo. Prima in negativo, con i titoli ad effetto sulla mancata battitura delle piste delle Viotte, sul Bondone (ma i gestori avevano mille ragioni dalla loro, era nevicato durante l’intera notte). Poi in positivo, pubblicizzando lo skipass provinciale per i fondisti, un abbonamento che non solo consente agli sportivi di frequentare quasi tutte le piste trentine, ma apre ad assaggi nelle cantine, ingressi gratuiti al MART, sconti per le famiglie ed altre interessanti opportunità.
Ai nostri cronisti è stranamente sfuggita invece una notizia clamorosa: l’inqualificabile situazione della pista Allochet di Moena, al 20 dicembre ancora chiusa nonostante l’abbondante innevamento naturale.
Si tratta di un’area storica dello sci di fondo, che trent’anni fa veniva battuta gratuitamente da un singolo appasssionato, un vero e proprio servizio offerto agli sportivi, alla collettività di Moena. E’ un percorso che offre diverse difficoltà e stimoli, anche tecnicamente impegnativi. Il tracciato offre innevamento certo durante tutto l’anno causa una situazione microclimatica decisamente favorevole: temperature bassissime, scarso irraggiamento solare, escursioni che si inseriscono fra boschi di conifere d’alta quota fino ad aprirsi ai pascoli di Passo San Pellegrino.
Durante la scorsa estate l’amministrazione comunale ha investito molto nel centro: ha ampliato e livellato le piste, le ha portate a norma di sicurezza, ricostruito tutti i ponti, tagliato oltre 300 piante, impiegato nel lavoro operai comunali e speso 40.000 euro. Le decennali polemiche, le liti su una gestione fragile e discutibile del centro del fondo sembravano finalmente superate. Ed ecco invece arrivare, da parte del gestore delle piste, il rifiuto della firma del contratto. Non solo: anche il rifiuto di aderire allo skipass provinciale.
Cosa si aspetta di ricevere dall’ente pubblico il gestore? Il pagamento dell’assicurazione, il rifiuto di andare incontro alle esigenze della società sportiva di Moena con alcune gare (la Monti Pallidi). E così la contesa si inasprisce, si incattivisce, con i turisti che per sciare devono andare in auto a Lago di Tesero, o a Passo Lavazè. Con gli albergatori che attaccano l’amministrazione comunale per i ritardi, per l’incapacità di trovare una soluzione dei problemi per una struttura sportiva ambita e di qualità che rimane inutilizzata.
Al di là dell’incredibile storia qui riassunta, troviamo argomenti sui quali riflettere che ci devono portare ad aprire una discussione su come gli operatori turistici di questa nostra provincia sono stati abituati a confrontarsi con l’ente pubblico. Per loro tutto è dovuto: contributi pubblici per ogni ristrutturazione delle infrastrutture turistiche, siano questi alberghi o piste di sci, servizi di trasporto gratis per i turisti, arredi dispendiosi nei centri (fiori in estate, luminarie in inverno), costosi interventi sulle piazze da ripetere ogni 3/5 anni, e ben poche volte nel rispetto della storia urbanistica dell’abitato. Si impegnano ogni anno migliaia di euro per manifestazioni culturali che scadono nel più banale folclore. Si arriva a casi limite sempre più frequenti, come la messa a disposizione gratuita di terreni per le discariche di inerti.
Nel caso qui analizzato, dal comune si pretende il pagamento di ogni spesa, in modo che il rischio di impresa da parte del gestore venga annullato.
Qual é la ricaduta di tante pretese sulla collettività che abita nelle vallate turistiche? Abbiamo voluto analizzare i bilanci preventivi di alcuni comuni delle valli di Fiemme e Fassa. Balza subito all’attenzione come le spese correnti erodono percentuali comprese fra l’85 e il 92% del bilancio, mentre i fondi destinati agli investimenti, o al sostegno di politiche sociali, risultano irrisori. Infatti non si trova traccia di investimenti destinati al potenziamento del lavoro e della formazione nel settore, o di sostegno alla formazione scolastica. Nelle due valli non esiste un solo asilo nido, l’edilizia pubblica subisce ritardi attuativi scandalosi, non ci si preoccupa di sostenere in valle la presenza del corpo insegnanti delle scuole superiori, la sanità e la prevenzione della salute vengono totalmente delegate alla Provincia.
Grazie agli ingenti contributi pubblici provinciali che cadono sugli impianti di sci e sportivi e sugli alberghi, grazie ai mille sostegni diretti ed indiretti che anche le amministrazioni comunali offrono al settore turistico, in pochi anni abbiamo costruito in Fiemme e Fassa una imprenditoria impigrita, totalmente assistita, che vede nell’ente pubblico solo un erogatore di fondi che dovranno servire a garantire cospicui guadagni privati. Non ci si chiede se la ricaduta di questi investimenti vada a beneficio della maggior parte della popolazione, se questo denaro costruisca veramente qualità dello sviluppo e della vita. A ben vedere non sembra proprio: le situazioni di disagio, la precarietà dei servizi sociali, l’assenza di politiche rivolte ai giovani o al mondo del lavoro, dovrebbero far riflettere. Quanto sta accadendo al Centro del Fondo dell’Allochet di Moena invita ad una inversione di tendenza: è necessario che l’imprenditore cominci a rischiare del suo. E che i comuni delle due valli ritornino a rafforzare l’offerta di servizi sociali.
La recente assemblea della U.A.L. ha lanciato una serie di preoccupazioni sul disagio sociale presente in valle di Fassa, sulla debolezza dell’offerta culturale e di servizi rivolti ai giovani o agli anziani. Anche l’U.A.L. ha bisogno di ritrovare coerenza: se le sue denunce sono vere, e purtroppo lo sono, è necessario che questo partito la smetta di sostenere ogni iniziativa che porta al consumo del territorio e al rafforzamento della cultura privatistica ed individualista.