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QT n. 2, febbraio 2022 Servizi

Il declino della “Fata delle Dolomiti”

Moena, un paese che ha perso identità e qualità turistica. E gli ultimi progetti non miglioreranno la situazione.

Cinquant'anni fa Moena era definita “la Fata delle Dolomiti”. Gli ospiti venivano chiamati “siores”. Cosa resta oggi di quei lontani e splendenti tempi? È ancoraa il paese più bello di Fassa, nessun dubbio. Ma la sua storia, la forza turistica, sono state cancellate. Passo dopo passo, l’offerta qualitativa e dei servizi e la qualità del paese si sono persi. Nonostante in questi anni si siano investiti miliardi di lire nell’inutile catafalco-teatro di Navalge, poi centinaia di migliaia di euro in costosissime piazze che hanno privato il paese di identità, facendo scomparire fontane storiche e imponendo a più non posso protesi di cemento e acciaio.

Su Prà di Sorte, l’anima verde che caratterizza in termini di qualità il paese, c'erano due skilift più quello di Doss Budon. Oggi il prato è tagliato da una inutile striscia di asfalto, definita tangenziale provvisoria della frazione di Sorte.

Dalla parte opposta c’era anche una seggiovia che portava a Pianac dove era aperto un bar, un fantastico campo bocce, una tranquilla zona ricreativa. Oggi è tutto demolito o fatiscente.

Verso Sud, a Spinac, c'era un altro skilift e un trampolino di salto, ben sei campi di tennis (Navalge e Sommariva), un campo di pattinaggio con squadra di hockey, una piscina privata utilizzabile da tutti (Hotel Monza), ben due cinema (il Catinaccio e il teatro), ancora le bocce del Maria e della Diomira, al Prà del Menegon (Salus Center), un minigolf e pattinaggio in inverno. E una segheria comunale.

Tutte strutture sparite, o perché ingoiate dall’avidità di privati, o abbandonate, lasciate deperire da un incredibile susseguirsi di amministrazioni prive di visione. L’Azienda di soggiorno si trovava in centro paese, oggi è accampata nel funesto palazzone di Navalge.

Moena

Da un ventennio alla guida del Comune si susseguono operatori turistici, albergatori, o giovani promesse che si erano autodefiniti “Ega frescia” e, oggi, maestri di sci. Tutti i soggetti citati sono ed erano consapevoli della sofferenza del Comune, e non solo perché diversi alberghi sono ostaggio delle banche, altri hanno chiuso o sopravvivono con difficoltà. Soffrono anche i negozi, nonostante una costosissima circonvallazione abbia allontanato dal centro il traffico diretto in alta Fassa.

Della situazione non è responsabile la pandemia. È una lunga storia: invece di investire nell’esistente, identità e ambiente naturale, la maggioranza degli abitanti ritiene in modo diffuso che Moena arranchi perché priva di strutture di trasporto sciistico che partano dal paese. Tra gli anni 2011 e 2014 si era inventato un progetto di finanza utile solo agli impiantisti di Carezza, da questi ultimi imposto: una cabinovia che partendo dal paese sarebbe arrivata al passo di Costalunga, con una variante rivolta a Soraga. Un progetto costoso, per nulla razionale, che era stato bocciato dalla Provincia. Come reazione a questa idea-burla, si è così pensato di collegare il paese direttamente verso Valbona, all’intermedia della cabinovia Ronchi-Le Cune, quota 1800.

C’è da dire che se gli skilift sopra citati sono spariti, la responsabilità della scelta ricade sulla società funiviaria Lusia.

I prati di Sorte erano esposti al sole, con piste facili, neve che rimaneva al suolo fino ai primi di marzo, un campo scuola e divertimento di incredibile valore per le famiglie. Bastava sostituire i due skilift con una seggiovia più agile e portarvi l’innevamento artificiale, con costi di gestione quasi irrisori. La Fata avrebbe così recuperato una perla. L’abbandono di quest’area è stato il primo errore dell’industria dello sci di Moena.

Quando si è trattato di rifare la funivia del Lusia, invece di fare arrivare la nuova cabinovia all’omonimo passo, si è fatta la folle scelta di riportarla alle Cune, già servite da una seggiovia. Un impianto parallelo. Arrivando a passo Lusia si sarebbero invece attirati in inverno non solo sciatori, ma anche quanti non sciano, una fascia di ospiti, questa, sempre più numerosa, offrendo loro lunghe passeggiata verso Malga Bocche, con il panorama aperto verso le Pale di San Martino ad ovest e lo splendore di una visione sull’intera catena del Lagorai a lato. In estate tale impianto avrebbe trasformato la zona in un carosello per biciclette e ovviamente pedoni, oggi costretti a salire fino a quota 2000 in macchina su una strada oltremodo pericolosa e di costosa manutenzione per il Comune.

Insoddisfatti di questa incredibile sequenza di errori, oggi si sta assistendo al colpo mortale per Moena. Si è concluso l’iter autorizzativo di un nuovo collegamento che parte dal paese (dal piazzale - parcheggio di Navalge) e con una lunga diagonale arriva a Valbona, all’intermedia della cabinovia che sale dai Ronchi. Un ulteriore doppione. Se ad oggi la Ski-area di Lusia vive grazie a sofferti pareggi di bilancio, nel futuro dovrà assumersi anche i costi di gestione del nuovo impianto. Un doppio deficit assicurato, in quanto i passaggi complessivi non aumenteranno, viste le prospettive dell’industria dello sci (costi di gestione e decremento del numero di sciatori).

Lo sciatore ospite a Moena cosa dovrebbe fare per portarsi alla nuova partenza? Se si escludono 8 esercizi alberghieri distanti fino a 500 metri, chiunque sia alloggiato oltre, nelle altre 50 strutture, salirà o sulla navetta o sulla sua auto.

Avete mai visto in Italia uno sciatore camminare per più di 500 metri con scarponi ai piedi e sci in spalla? E ancora, chi viene da monte, da Fassa, andrà direttamente verso l’area di Ronchi grazie ad una viabilità veloce. Ai Ronchi non vi è carenza di parcheggio, non ci si inserisce nel caos viabilistico di Moena e Navalge già oggi ingestibile. Il parcheggio attuale verrà privato di altri 70 posti per far posto alla partenza dell’impianto, senza che si sia prevista la costruzione di un ampio parcheggio sotterraneo.

Chi conosce Moena sa che una delle criticità storiche della località riguarda i parcheggi e la mobilità interna al paese. E per il rientro dai Ronchi? Due decenni fa il Comune aveva di fatto pagato alla società Lusia una pista di rientro (centinaia di migliaia di euro), che ad oggi è sottoutilizzata con passaggi prossimi allo zero. Il nuovo collegamento sarà quindi privo di pista di rientro seria, in quanto impossibile da ricavare su un pendio tanto accentuato e già devastato dalla schiantata di Vaia.

L’area sulla quale dovrebbe essere costruita la partenza del nuovo impianto

La litania che regge la previsione dell’impianto è ormai risaputa: mobilità alternativa alla gomma. Abbiamo visto ovunque come tale ipotesi sia una bufala, utile per attingere ad incredibili finanziamenti pubblici e farla digerire come “interesse generale”.

Nel 2016 la società funiviaria aveva prospettato l’impianto con un progetto di finanza. Erano stati raccolti tre milioni di capitale sociale grazie a 398 sottoscrittori. Allora la Provincia aveva garantito il 49% di finanziamento pubblico, 5 milioni di euro. Oggi i costi sono lievitati, si parla di oltre 12 milioni. Si dovranno da subito raccogliere altri due milioni basandosi su uno slogan, “Moena non può più farne a meno”. Chissà come andrà, l’assessore al turismo Failoni, per ora, ha rinnovato l’impegno provinciale.

I dirigenti della società sono convinti che l’immagine di un impianto in fondovalle risolva tutte le debolezze del centro turistico, attirando gli ospiti perduti in decenni di errori. Ma quando questi ospiti si accorgeranno, fin dal primo anno, quanto sia scomodo camminare con gli scarponi ai piedi e sci e bastoncini in spalla, l’effetto cartolina scomparirà. E Moena si ritroverà a gestire una ulteriore perdita: economica, certo, in quanto rimarranno i debiti di due cattedrali inutili, la nuova funivia e il teatro Navalge. Ma anche un ulteriore sacrificio di territorio e di qualità paesaggistica. Per le menti aperte c’è sostanza su cui riflettere.