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Monumento al disertore: un esposto

Massimiliano Pilati

Sul muro del campo di sterminio di Mauthausen, oggi c’è una lapide che ricorda il sacrificio di tanti ragazzi tedeschi che scapparono per non servire in armi il mostro nazista. Quei ragazzi allora venivano definiti "vigliacchi disertori", e per tanti anni i loro volti sono rimasti anonimi. Oggi, proprio la Germania democratica ha voluto riscattarli. La targa riporta i loro nomi, e vicino c’è la scritta "Onore agli obiettori di coscienza che hanno contrastato il nazismo".

Per farsi strada, le battaglie di civiltà e libertà portate avanti nel nostro paese dal Movimento Nonviolento, hanno spesso dovuto passare anche attraverso la disobbedienza civile, una delle tecniche nonviolente che viene assunta con serietà, consapevolezza e certamente mai a cuor leggero.

Gli amici della nonviolenza hanno sempre avuto un grande rispetto per la Legge, tanto da essere disposti a pagare di persona per il miglioramento della Legge stessa. Così è stato per l’obiezione di coscienza al servizio militare. Prima del 1972 per questa scelta molti giovani sono stati condannati ad anni di detenzione nelle carceri militari di Peschiera o Gaeta. Poi, proprio grazie alla testimonianza di quei pionieri, e all’azione civile di profeti come Giorgio La Pira, don Lorenzo Milani, padre Ernesto Balducci, Pietro Pinna, l’obiezione è stata riconosciuta come legittima, e lo Stato ha emanato una legge istitutiva del servizio civile, opportunità raccolta da decine di migliaia di ragazzi. Ecco come la democrazia cresce e matura per tutti, proprio grazie al sacrificio di pochi.

E’ accaduto così anche durante il buio ventennio fascista, quando l’ordine era di "tacere ed obbedire". Pochi spiriti liberi, fra cui Aldo Capitini (il fondatore del nostro Movimento) hanno invece preferito "pensare e parlare" rifiutando, ad esempio, l’obbligo della tessera del partito per poter lavorare. Aldo Capitini (allora giovane e brillante docente alla Scuola Normale di Pisa) è stato uno dei primi antifascisti che ha rifiutato per dignità quella tessera, è stato perseguitato, incarcerato, ha perso il posto di lavoro. E’ solo grazie a testimonianze come questa che poi è stato possibile per l’Italia uscire dal tunnel fascista e rialzare la testa con dignità per ricostruire una repubblica democratica.

Se tutti avessero taciuto, come sarebbe oggi il nostro paese?

Abbiamo appreso delle polemiche seguite all’inaugurazione del monumento al Disertore, voluto a Rovereto dal locale Gruppo di Azione Nonviolenta. Tali polemiche, sfociate ora anche in un esposto alla Procura della Repubblica per "istigazione di militari a disobbedire alle leggi", presentato da Alleanza Nazionale nei confronti di chi ha inaugurato il Monumento, non ci stupiscono. Sappiamo che la strada della nonviolenza è ancora lunga, ma ci conforta che tante persone, anche diverse per storia e tradizione, dal giovane lillipuziano Andrea Trentini, al vecchio partigiano Sandro Canestrini, oggi siano insieme per lavorare fianco a fianco per la pace. Grazie anche a loro quei 470.000 uomini che nella Prima Guerra Mondiale non obbedirono alla chiamata alle armi non saranno più dei numeri anonimi, ma avranno un nome, un volto, e un ritrovato onore.

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Nello stesso numero:
Disertori e monumenti
In altri numeri:
Disobbedienza civile

Commenti (1)

una riflessione tito

Durante la prima guerra mondiale la giustizia militare italiana fu la più dura e spietata di tutti i paesi in guerra.
Processi sommari, decimazioni, provvedimenti draconiani adottati da comandanti fanatici per compiacere il comando supremo, rappresentarono una costante dell'intero conflitto, accentuatasi dopo la disfatta di caporetto.
Sarebbe ora di recuperare dall'oscurità della damnatio memoriae in cui sono stati troppo a lungo confinati, le migliaia di soldati e ufficiali vittime di un ordinamento anacronistico e sanguinario.
Ma sotto questo aspetto l'Italia, nonostante sia trascorso ormai un secolo, non ha fatto nessun passo in avanti, a differenza di altri paesi nei quali si sta facendo strada, forse faticosamente e non senza resistenze, l'idea di una riabilitazione generali di quanti vennero additati come sovversivi, traditori e disertori ai quali la guerra portò via la vita e l'avvenire.
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