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QT n. 2, 26 gennaio 2002 Servizi

Prg di Trento: per una città più congestionata

I veri motivi del tacito siluramento dei “tre saggi”: senza dire niente, si cambia l’impostazione del Piano, il futuro della città. Una scelta forse casuale, forse subita: di certo ora il partito della speculazione...

E’ stato un sasso nello stagno il nostro ultimo servizio (Trento in riva al fiume? Difficile...)sul Prg di Trento, con le interviste agli ex "tre saggi", i consulenti tacitamente silurati dal Comune.

Il sindaco Alberto Pacher.

E nervosa, anzi diciamo pure volgare, è stata la risposta del sindaco Pacher, "questi qui li abbiamo pagati, cosa hanno da dire?" (come se, con la parcella di una prestazione professionale, si pensasse di acquistare anche la libertà di espressione di una persona). E altrettanto fuori luogo la successiva giustificazione, " le loro critiche le dovevano eventualmente esprimere prima"; quando in realtà sul versante pubblico era stato loro imposto un rigoroso silenzio stampa; su quello dei rapporti professionisti-committente, erano stati i consulenti ad aver per iscritto espresso in varie lettere all’Amministrazione preoccupazione e sconcerto, e questa ad evitare di dar loro una risposta.

Il fatto è che i tre urbanisti (i professori Alberto Mioni, Renato Bocchi e Bruno Zanon, docenti rispettivamente al Politecnico di Milano, ad Architettura a Venezia e a Ingegneria a Trento) con le loro interviste hanno evidenziato un problema grande come una casa (anzi, come la città): l’Amministrazione ha cambiato, radicalmente, idea sul Piano e sul futuro della città.

Il che è senz’altro legittimo e può pure essere giusto. Ma non può avvenire, come avviene, di nascosto, senza alcun dibattito; o – ancora peggio – per caso, senza neanche rendersene conto.

Il Prg come impostato dai "tre saggi" partiva da un assunto che sembrava un assioma, un punto fermo da tutti condiviso. Cioè che Trento è cresciuta disordinatamente, senza un progetto coerente; ora, finita la fase espansiva (il mercato immobiliare da anni ristagna) la parola d’ordine diventa riqualificare. Limitando al massimo le nuove costruzioni, e usufruendo al meglio degli spazi "vuoti", cioè non urbanizzati: occorre renderli accessibili e vivibili, attraverso servizi, collegamenti, verde attrezzato. L’arch. Bocchi aveva teorizzato la cosiddetta "città arcipelago", cioè non compatta, ma frammentata nei tanti sobborghi cresciuti attorno ad antichi centri storici: "una caratteristica da mantenere e anzi da qualificare; anche per evitare il pericolo che già oggi vediamo in alcune parti, la congestione" ci ribadisce.

Invece quello che avanza nella Variante proposta in questi giorni è tutta un’altra impostazione: migliaia di metri cubi aggiunti ovunque, gli spazi vuoti trasformati in nuove aree edificabili.

A iniziare dal boulevard: nell’immaginario dei cittadini, l’interramento della ferrovia doveva significare l’abbattimento di una barriera e il recupero di spazi, soprattutto verdi. Di verde invece ci sarà ben poco; anzi, lo scalo Filzi che – a prescindere dall’interramento - verrà spostato all’Interporto, e che finora era previsto come parco ("per riqualificare la zona nord" si diceva) diventerà area edificabile. E poi le aree inquinate della ex-Sloi e Carbochimica, in cui si è ulteriormente aumentata la già alta cubatura. E ancora Centochiavi, dove al posto dello svincolo (il "piatto di spaghetti" secondo Busquets) è previsto un riordino viario, con imponenti costruzioni negli spazi ricavati, la "porta nord della città". E ancora a sud, attorno al nuovo stadio, dove le opposizioni paventano – non a torto – la nascita di un nuovo centro commerciale in stile uscita di Affi.

L’assessore Andreatta ha risposto a questi rilievi (già avanzati nel nostro precedente articolo) con una tabellina, indicante come con la Variante si vada a costruire meno, non più di quanto previsto dal vecchio Prg. Uno dei due quotidiani (l’Alto Adige per la cronaca) ha abboccato, titolando "Si riducono i metri cubi". Invece la tabella è fasulla: Andreatta prima scorpora – dalla colonna che indica i metri cubi della Variante - la volumetria del nuovo Centro Fieristico nelle aree inquinate, toglie anche i nuovi 220.000 metri cubi previsti a Centochiavi, e poi tira le somme e proclama "ci sono 100.000 metri cubi in meno!". Bravo.

Quello che preoccupa è proprio questo: la maniera quatta quatta, surrettizia, con cui si cambia l’impostazione del Piano, ossia il futuro della città.

Nel numero scorso, da noi intervistato in proposito, ancora il vicesindaco Andreatta dichiarava (L'assessore: "Abbiamo fatto un buon lavoro"): "queste sono le volumetrie per i prossimi venti-trenta anni. Noi qui individuiamo le zone di espansione per i prossimi decenni; al di fuori di lì non si costruirà. Certo, bisognerà poi essere coerenti e tener fede a questi impegni."

Bene, questa impostazione è l’esatto contrario di quanto finora sostenuto. "Questo Piano dovrà contenere la sola edificazione strettamente necessaria. Una delle cause degli attuali scompensi è stato aver individuato zone edificabili troppo ampie, che poi si sono sviluppate in maniera casuale e abborracciata" era il giudizio precedente, che sembrava un assioma. E difatti è anche, più in generale, l’orientamento dell’urbanistica di oggi.

Adesso, senza dire niente, anzi negando di farlo, in realtà si cambia registro. Come mai?

L’orientamento generale è diventato quello di sfruttare l’edificabilità. Quando il Comune rende edificabile un terreno, incrementa la ricchezza del proprietario: che dovrà compensare la città con opportune cessioni o pagando opere pubbliche. Tale orientamento non è una novità nell’urbanistica; e l’architetto Joan Busquets lo ha solo riproposto a Trento con particolare forza. Ed ecco quindi che l’interramento della ferrovia verrà remunerato attraverso l’edificabilità delle aree affacciantesi sul boulevard; e analogamente per il nuovo snodo di Centochiavi, le aree inquinate ecc.

Tutti (o quasi) questi ragionamenti, presi uno per uno hanno aspetti convincenti. E’ la loro somma che stravolge l’impostazione del Piano e porta a una città diversa. "Questa è una visione molto compatta della città, in stile Barcellona – commenta Bocchi – Mentre noi ci eravamo indirizzati verso una città più soft, dolce, con una visione più naturalistica che metropolitana."

Il fatto è che Trento ha la forza economica che ha. E anche la spinta al costruire ultimamente è diventata – per fortuna – molto contenuta. Per cui tutte queste previsioni edificatorie rischiano la fine peggiore: di non venir attuate, così il compenso all’ente pubblico diventa aleatorio, però il terreno una volta dichiarato edificabile tale rimane, e in eterno. Con le ben note conseguenze in fatto di sviluppo della città, che gli urbanisti hanno registrato per decenni e i politici regolarmente giurato di voler invertire.

Contemporaneamente c’è un altro aspetto: se e quando l’edificazione verrà realizzata, non potrà non provocare situazioni di congestione, soprattutto a Trento nord.

E qui salta fuori l’altro fatto sconcertante: questa alluvione di metri cubi viene prevista ora, vale a dire prima e a prescindere da tutti gli studi paralleli al Piano, quello strategico sugli indirizzi di fondo, quello sulla richiesta di alloggi e di edifici commerciali, quello sulla viabilità. E allora ha buon gioco il centro-destra, quando compatto, nell’annunciare una dura opposizione, chiede "di prendere le decisioni solo dopo aver vagliato gli studi di fattibilità, il costo economico dell’interramento, gli studi sulle domande di abitazioni."

L’esempio forse più eclatante viene dall’area dell’ex scalo Filzi. Nel loro documento programmatico, i "tre saggi" usavano parole durissime sul programma della Provincia di costruire uffici pubblici nella zona contigua alla nuova stazione della Trento-Malè ("una vera e propria mina vagante" "manca qualsiasi serio studio sull’impatto urbanistico… stupisce non si siano mai considerate le ricadute generali di interventi tanto massicci in questa parte nevralgica della città…"). Considerazioni ancor più drastiche venivano rivolte alle attese della società "Metropolis" (immobiliare delle Ferrovie) che aveva richiesto il passaggio da zona ferroviaria ad edificabile per un’area contigua: "inserire ulteriori volumetrie in un contesto che risulterà estremamente congestionato appare certamente impossibile".

L'area dell'attuale Scalo Filzi: avrebbe dovuto essere un parco, per “riqualificare la zona Nord”. Adesso, sempre “per riqualificare”, migliaia di metri cubi di cemento...

Bene, l’attuale Variante che fa? Sugli uffici provinciali non dice nulla, dà il via all’edificabilità dell’area di Metropolis, e in più aggiunge altri 80.000 metri cubi dove doveva sorgere un parco.

Cioè si accetta senza fiatare la "mina vagante", si inseriscono i "volumi impossibili" e poi si toglie il parco e si costruisce ancora.

Sì, d’accordo, ci sarà il boulevard che un po’ contribuirà a decongestionare (ma pure ulteriori edificazioni nell’area della stazione) ma i conti come fanno a tornare? Anche perché, come in tanti sottolineano, non c’è nessun studio che supporti queste decisioni.

La realtà ci sembra chiara: senza dire niente si è passati a un altro modello di città.

Ed ecco che si chiude il percorso politico-urbanistico di questi due ultimi anni. Iniziato con la nomina dei "tre saggi", nomina subito contestata dalla parte della Margherita vicina al partito degli affari. Proseguito con i continui attacchi al loro lavoro, e con le frizioni tra sindaco Pacher e assessore Andreatta (dell’ala non affaristica della Margherita) da una parte, Giorgio Casagranda (capogruppo della Margherita) e il "dominus" Dellai dall’altra.

Poi la nomina di Busquets, il grande progetto dell’interramento della ferrovia. Che si è tirato dietro la filosofia dell’incremento delle volumetrie, in breve generalizzato a tutto il comparto nord (per ora). Il che ha messo tutti d’accordo: Casagranda è diventato il primo supporter della Giunta, Andreatta non viene più contestato dal suo partito, gli affaristi sono tranquilli (anche se l’appetito vien mangiando, e già ci sono le prime irrequietezze verso Busquets "troppo dirigista").

I "saggi"? Li si è messi bellamente alla porta. E che stiano zitti, "li abbiamo pagati".

La città? La città ha già subito sindaci come Nilo Piccoli e Adriano Goio (e si è sorbita Trento Nord o il grattacielo dell’Itas in centro storico).

Subirà anche le conseguenze delle giravolte di questo centro-sinistra?