Trento, urbanistica e clientela
Variante al Prg: come si stravolge l'urbanistica e ci si ficca in un ginepraio legale. Con l'interesse pubblico mero orpello e i consiglieri comunali piccoli lobbysti degli interessi spiccioli.
Sta faticosamente finendo il lavoro della Commissione Urbanistica sulla variante al Prg di Trento. Con l’accoglimento di 308 "osservazioni" (leggi: richieste di edificazione) da parte di singoli cittadini.
Ad avviso nostro (e non solo nostro) è un piccolo mostro giuridico-urbanistico che sta venendo alla luce. Piccolo e gracile, come vedremo. Ma comunque decisamente dannoso.
Per meglio farci capire vediamo, con grande semplicità, i vari passaggi.
Quando si progetta un nuovo Prg o una Variante, il Comune, tra le altre cose, designa le aree fabbricabili, ed esamina le domande di edificazione proposte dai cittadini sui propri terreni (non edificabili). Quindi il piano o variante viene approvato in prima adozione e ne vengono pubblicati gli elaborati. A questo punto, recita la legge, "chiunque può prendere visione del piano e presentare osservazioni nel pubblico interesse". Il Comune – ossia gli uffici tecnici, la Commissione Urbanistica e infine il Consiglio Comunale – rettificano il piano secondo quelle osservazioni che ritengono fondate, e lo approvano in via definitiva.
E’ un percorso che favorisce la partecipazione, in nome del "pubblico interesse", concetto magari dilatato (un cittadino ricorre contro una costruzione mastodontica che gli viene prevista a fianco della propria abitazione).
A Trento invece abbiamo assistito a un vero e proprio stravolgimento del percorso. Le "osservazioni", non più "di pubblico interesse" sono state "domande di edificazione" di interesse privatissimo. E sono state tantissime, quasi mille.
Il che ha in pratica comportato uno stravolgimento del percorso urbanistico: l’espansione della città non viene più progettata coerentemente in prima adozione, ma avviene, in parte consistente, attraverso le "osservazioni"; che non sono più tali, bensì sono il momento in cui i cittadini, ricorrendo ai santi in paradiso, presentano le proprie domande di deroga a quanto previsto dal piano.
Come mai il Comune di Trento si è incamminato su tale percorso, contestabilissimo anche dal punto di vista giuridico?
Ne parliamo con l’avvocato Marco Dallafior, presidente della Commissione Urbanistica.
Come mai "il pubblico interesse" previsto dalla legge urbanistica è diventato interesse privato?
"Questa è ormai una consuetudine interpretativa, consolidatasi nel tempo. Si è via via dilatato il concetto di interesse pubblico fino a farlo coincidere con quello privato".
Bene! E un approdo così disinvolto regge di fronte a un Tribunale?
"E’ una prassi interpretativa ormai consolidata. Da 50 anni".
Eppure lei si è pronunciato sfavorevolmente di fronte a questo dilatarsi delle "osservazioni".
"Sì. Le "osservazioni" dovrebbero innanzitutto favorire la partecipazione al processo decisionale; e poi dovrebbero tutelare il cittadino il cui interesse può venire leso da una costruzione o da altra ipotesi urbanistica nelle aree adiacenti. Ora, se le nuove edificazioni, in deroga a quanto previsto dal Piano in prima adozione, vengono proposte attraverso le "osservazioni", è chiaro che non c’è più spazio per le osservazioni vere".
Esemplifichiamo. Se Tizio vuole costruire vicino a Caio e presenta domanda in prima adozione, Caio può controbattere attraverso le "osservazioni". Ma se Tizio la domanda la presenta come "osservazione", a Caio non rimane più spazio, i suoi interessi sono tagliati fuori.
A questo punto Caio che può fare?
"Può mettere in discussione di fronte al Tar l’iter procedurale, che lo ha escluso. E’ da mesi che lo dico: il Comune non deve ridursi in questa situazione. Ma predico al vento".
I giudici potrebbero inficiare la Variante?
"In genere agiscono con grande cautela. Si limiterebbero ad azzerare la posizione di Tizio. Ma chiaramente si aprirebbe la strada a tutta una serie di altre contestazioni".
Insomma questo pasticcio, aver dilatato le "osservazioni" fino a farle diventare domande di edificazione, e aver con questo eliminato le vere osservazioni, ha sbalestrato tutto.
"Rimango trasecolato – ci dice l’estensore della Legge urbanistica, l’ex assessore provinciale Walter Micheli – Le "osservazioni" dovevano servire semmai a segnalare degli errori cartografici che ledevano i diritti del cittadino. In caso contrario le domande, in contrasto con le prescrizioni già adottate, non dovevano nemmeno venir prese in considerazione."
"Anche perchè c’è una questione quantitativa – aggiunge, un po’ più morbido (ma solo un po’) Dallafior - Se tra le "osservazioni" si trovano le proposte di alcuni cittadini che, vistasi la loro area classificata non edificabile, ne chiedono l’edificabilità adducendo le loro ragioni, la cosa è comprensibile. Quando invece queste proposte sono centinaia e centinaia, è chiaro che siamo di fronte a uno stravolgimento del metodo."
E siamo, ricordiamolo, a 976 "osservazioni" delle quali 308 accolte. La variante approvata in prima adozione era una barzelletta; il cittadino che, vistasi classificata la propria area come non edificabile, si era rassegnato, era un bischero. La partita vera era ancora da giocare.
Come mai questa situazione? Che poi ha finito con l’incidere – guarda caso – soprattutto sulla collina, la zona di gran lunga più delicata, dal punto di vista del paesaggio e della viabilità.
La realtà è brutalmente politica. Alcuni consiglieri (soprattutto della Margherita, ma non solo) hanno lanciato la parola d’ordine: fatemi pervenire i vostri progetti come osservazioni, poi ci penso io. Hanno agito da lobbysti degli interessi spiccioli (l’interesse pubblico, abbiamo visto, ormai non conta niente, neanche dal punto di vista giuridico).
E così si è avuta questa involuzione. Tutt’altro che contrastata dall’assessore all’Urbanistica Alessandro Andreatta, personaggio di nessun spessore, sempre succube di questo o quell’interesse.
E così, ancora una volta, sull’urbanistica si pasticcia.