La poltrona del rettore
Dopo otto anni alla guida dell’Università, il rettore vuole continuare nell’incarico; a costo di modificare lo Statuto. Le motivazioni e la risposta del mondo accademico. Bilancio di otto anni importanti, tra innovazione e rapporti con il potere. L’esito che si profila...
La questione è emersa, imbarazzante, nel Consiglio di amministrazione del 7 gennaio. Appunto, il giorno dopo la Befana. Il Cda cosiddetto "integrato" (perché oltre ai 40 membri è integrato da altri 6) si occupa della revisione dello Statuto dell’Università: e finora si riuniva ogni tre-quattro mesi; prima di Natale l’improvvisa accelerazione: ben 3 riunioni in gennaio, a iniziare dal 7. Ed ecco allora che nella fatidica riunione ci si interroga sul senso di tutto questo: c’è chi sottolinea la necessità di accelerare i lavori per adeguare l’Università ai nuovi compiti, e chi contrappone l’esigenza di coinvolgere l’insieme dell’Ateneo nella discussione. Finché, a rovesciare il tavolo, interviene il prof. Pier Giorgio Rauzi, di Sociologia: "Ma non prendiamoci in giro! Qui non sono in discussione tempistiche o collegialità: qui il problema è se si vuole o concedere o no un altro mandato al rettore Egidi!"
Il rettore infatti, dopo otto anni di carica e due mandati, non può essere rieletto, in base alle norme vigenti. Ma c’è chi lavora per una sua rielezione: lui si è dichiarato disponibile. C’è l’ostacolo della norma; ed ecco che nella commissione che rivede lo Statuto spunta la proposta di modificarla; e i lavori vengono accelerati, perché la modifica serve entro giugno.
Ma Rauzi rompe le uova nel paniere: "Io non conto niente - si schermisce, infatti non è un professore ordinario bensì un associato, e nelle gerarchie accademiche è una cosa che conta - Ma è la storia del bambino che dice che il re è nudo. Ed ho esplicitato un malessere diffuso nell’Ateneo che non vede di buon grado la pretesa insostituibilità del rettore, i suoi discorsi tipo ‘Après moi, le déluge’."
Quando L’Adige, venuto a conoscenza dell’acceso dibattito nel Cda, intervista Rauzi, il professore ribadisce la propria posizione. E allora si apre anche ufficialmente la questione: Massimo Egidi si ritiene insostituibile? Ed è bene che l’Università abbia una persona, forte ed autorevole, al comando per ben dodici anni?
ia chiaro: io stimo Egidi – premette con nettezza Rauzi – Ma al contempo penso che dopo otto anni sia sano, fisiologico, un ricambio. Perché è giusto e logico che un rettore si circondi di persone di sua fiducia; ma in questo modo altre intelligenze, altre potenzialità risultano emarginate, mentre un ricambio potrebbe farle riemergere, portando nuove visioni".
"Otto anni sono un periodo sufficientemente lungo per un organo monocratico, formato cioè da una sola persona - ci dice Gregorio Arena, docente di Diritto Amministrativo - Un ulteriore prolungamento sarebbe negativo, e questo qualunque sia il rettore. A prescindere dalle persone, è un problema istituzionale, di tutela dell’Università. Le istituzioni che ruotano attorno a una sola persona si indeboliscono; e debole sarebbe il nostro Ateneo se non avesse personalità in grado di succedere a Egidi. Invece, per fortuna, non è così".
"Se Egidi, con tutti i suoi meriti, ha messo in piedi un’Università che vale, deve funzionare anche senza di lui - afferma Claudio Della Volpe, della Cgil Università, rappresentante dei ricercatori nel consiglio d’amministrazione - Limitare il numero dei mandati è molto saggio: non è un caso che tale norma sia prevista in tutte le Università".
SAltrettanto netta la posizione del prof. Diego Quaglioni, docente di Storia del Pensiero giuridico moderno: "Sarebbe un grave errore prolungare la scadenza del rettore. L’Università è per sua natura un organismo collegiale, che mal sopporta gli strappi alle regole e le enfasi sulla decisionalità. Le proroghe nelle cariche sono negative: dopo il mio triennio di Preside di facoltà, che ho svolto con piacere, non ho voluto la proroga: si rischia di portare all’identificazione tra la persona e la carica, fatto negativo per entrambi. Le istituzioni restano, gli uomini passano; anzi, devono passare."
Come si vede, posizioni che non lasciano spazio a dubbi. C’è però anche chi non vuole porre vincoli rigidi: "Il limite dei due incarichi è un principio che non va posto in discussione, perché è caratteristico dell’Accademia; il rettore è il primus inter pares, e finito il mandato torna a fare il professore senza problemi. Però - afferma il prof. Davide Bassi, preside di Scienze - va valutato se nella attuale particolare situazione questo vincolo possa essere allentato".
Su posizioni più sfumate il prof. Giovanni Pegoretti, docente a Economia (nonché già presidente, fuori dalle mura universitarie, della Fondazione Caritro): "L’Università italiana vive un periodo di cambiamento profondo; cambiamento che l’Ateneo trentino, anche grazie ad Egidi, ha assecondato quando non anticipato. In questa situazione, è del tutto naturale ragionare in termini diversi: e pensare più a terminare un percorso, che non ad introdurre delle discontinuità perché sono passati otto anni".
Il problema si amplia, fatalmente, a un giudizio sugli otto anni di Egidi, da una parte. E sulla situazione attuale dell’Università, dall’altra. Anche perché i discorsi sulla "attuale situazione particolare" possono insospettire: quando si tratta di fare strappi alle regole si trova sempre una "situazione particolare".
Nel tracciare un bilancio del rettorato di Massimo Egidi, è difficile incontrare giudizi negativi, anche da parte di chi pur duramente contesta l’ipotesi di un terzo mandato: da Arena ("Egidi? E’ stato una fortuna averlo") a Rauzi ("Giudizio complessivamente più che positivo"). Come pure il suo antagonista nelle elezioni del ‘96 Quaglioni (che allora QT - Cosa deve fare un rettore a Trento? - presentò come "il pignolo" contrapposto ad Egidi "l’americano"): "Io avrei fatto altre scelte - ci dice - ma è indubbio che il lavoro di Egidi è stato eccellente; lui ha dato moltissimo, un’enorme capacità di lavoro e tanta intelligenza".
Due sono state le direttrici principali del lavoro del rettore. Innanzitutto il lavoro – ciclopico – di cambiare la sostanza dell’istituzione, "non più orticello chiuso, senza confronti e senza veri concorrenti - come dice il prof. Pegoretti - Oggi l’Università deve saper attrarre studenti e finanziamenti: il che implica un radicale cambiamento di mentalità interna, e nei rapporti con l’esterno."
Tutto questo attraverso una politica "di incentivi e responsabilizzazioni delle Facoltà, che hanno spinto tutti verso il miglioramento - specifica il prof. Carlo Borzaga, preside di Economia - Come pure le sollecitazioni per i progetti co-finanziati tra l’Ateneo e il Ministero, e quelli finanziati a livello europeo, che riusciamo ad ottenere anche perché nella stesura, non semplice, dei progetti siamo assistiti da appositi servizi, da uffici specializzati".
La seconda direttrice è stata quella dell’internazionalizzazione: una tela di rapporti con le università europee, che sono sfociati in continui scambi di visiting professor, nel boom del progetto Erasmus per gli studenti (periodo di studio in un’università europea), nelle doppie lauree (lo studio è equamente diviso tra l’Ateneo trentino e quello estero e la laurea è a tutti gli effetti riconosciuta in entrambi gli stati).
Oltre a questo, un’attenzione verso gli studenti, indubbiamente favorita dai fondi provinciali, ma comunque insolita in Italia: nelle altre università, dove la mattina si fa la fila per trovare un posto in aula, strabuzzano gli occhi quando gli si racconta che a Trento lo studente in crisi, magari perché piantato dalla morosa, può fruire gratuitamente di una serie di colloqui con lo psicoterapeuta (vedi Università: didattica, ma anche qualità della vita).
Tutto questo (organizzazione interna, servizi, internazionalizzazione) ha proiettato Trento al vertice delle classifiche nazionali: "Trento è all’attenzione di tutto il mondo universitario italiano" - conferma Quaglioni.
Il merito è complessivo, senz’altro, delle centinaia di persone che nell’Ateneo lavorano. Ma anche del rettore, che non a caso è stato eletto vicepresidente della Crui, la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane, e in buona posizione – si sussurra – per succedere all’attuale presidente.
Queste le luci del rettorato di Egidi. Poi ci sono le ombre, o meglio, gli aspetti da discutere. Che possiamo ridurre a due, peraltro intrecciati: le consulenze e i rapporti con la politica.
Sono state impressionanti le consulenze, soprattutto del dipartimento di Ingegneria Ambientale, commissionate dalla Provincia: un totale sdraiarsi sugli (inconfessati) desideri del ricco e potente cliente, con sprezzo degli studi che altre realtà stavano compiendo, e con conseguenti pesantissimi rimpalli. Il caso più noto è quello degli studi sull’inceneritore/bioessiccatore; ma c’è anche quello sulla diga di Valda. Fatti che hanno rischiato di intaccare pesantemente la credibilità dell’Università (vedi il nostro servizio Università: il potere e le consulenze su QT n° 2 del 2003) e sui quali il rettore, se è intervenuto, lo ha fatto con scarsa efficacia.
Anche perché complesso è stato il rapporto con la politica. Tra il rettore e il presidente della Giunta provinciale, anzi tra le due persone Egidi e Dellai, sembrava esserci un’intesa di fondo e profonda, innestata sulla comune convinzione della centralità dell’Università per il Trentino. Di qui i generosi finanziamenti provinciali, ma anche un apprezzamento reciproco, tale da far sorgere varie ipotesi, ad esempio, su Egidi prossimo assessore.
Il massimo punto di convergenza lo si è avuto nella discutibile e per alcuni versi ancora oscura vicenda del centro di ricerca sulle biotecnologie, sponsorizzato, assieme all’Istituto Agrario, proprio dall’Università. Solo che all’interno delle biotecnologie ci sono gli allarmanti Ogm: "Se introducessimo gli Ogm in Trentino saremmo pazzi furiosi" - ci diceva il preside di Scienze prof. Bassi nel nostro servizio Bio-tecnologie a Trento: c’è da averne paura? (QT n° 20 del 2002) "Biotecnologie, non OGM" - assicurava il rettore; poi però la Commissione provinciale per lo studio delle problematiche in materia di Bioetica, istituita dalla Giunta provinciale per governare la questione, era composta da persone legate al business degli Ogm (e quando abbiamo cercato Egidi per chiedergli lumi, non c’è stato verso di trovarlo).
In questo rapporto con il presidente della Giunta, secondo alcuni, Egidi pensava di avere il ruolo dominante. Non sappiamo se ciò sia vero. Di sicuro, con la nuova Giunta Dellai ha dato una brusca sterzata. A tenere i rapporti con il mondo della ricerca non c’è più la coppia formata dal dirigente Fernando Guarino (non laureato, che con l’Università aveva un rapporto di sudditanza, alla ricerca di improbabili accreditamenti) e dall’assessore Mauro Leveghi (in tutt’altre faccende affaccendato, e che firmava le delibere sulle biotecnologie senza sapere che cosa fossero, vedi OGM: la PAT finanzia il suicidio del Trentino su QT n° 6 del 2003). Ora alla ricerca e Innovazione tecnologica c’è un assessore ad hoc, Gianluca Salvatori, una robusta personalità dalle vaste esperienze e competenze, già all’Itc da cui si era dimesso per divergenze. Tale nomina aveva un significato chiaro: la ricerca in Trentino la indirizza la Provincia, non l’Università; e costituiva un altolà ad Egidi, che la viveva come uno schiaffo in faccia.
Poi però il rettore, da persona intelligente e di mondo, se ne faceva una ragione; e con la Provincia ricuciva i rapporti, pur su altre basi.
Ulteriori discorsi si potrebbero fare sui rapporti tra Università e territorio, su quanto l’istituzione ha dato, in termini di uomini e di idee, di conformismo e di innovazione, alla società trentina di questi anni.
Ma rimaniamo al tema specifico: il rettore. Del cui operato complessivo, come abbiamo visto, anche i critici più incalzanti come Rauzi, danno un giudizio positivo. Accoppiato però ad una decisa opposizione a nuovi mandati.
Con qualche spiraglio, questa è anche, come anticipatoci dal preside Bassi, la posizione ufficialmente assunta dai presidi di Facoltà, e presentata al Cda mentre stiamo scrivendo. "Il ricambio presenta sempre dei rischi -scrivono i presidi - ma è anche uno stimolo per porre traguardi temporali certi e per portare avanti nuove idee". Dopo questa premessa, i presidi aprono uno spiraglio: "Il Cda allargato potrà valutare con serenità e saggezza se l’attuale situazione giustifichi un allentamento temporaneo del vincolo, ma - e qui si precisa - sarebbe opportuno evitare di eliminarlo (definitivamente) perché, alla fine, i danni per l’Ateneo potrebbero essere ben più ampi degli eventuali vantaggi".
Una posizione netta. Ma quali sono le particolarità dell’"attuale situazione" che giustificherebbero un "temporaneo allentamento del vincolo" ossia una limitata proroga ad Egidi? Non è che si tratti di una mossa diplomatica per accontentare il rettore?
"Siamo effettivamente in un momento di totale caos a livello romano - ci risponde il preside Borzaga - Mutamenti improvvisi, blocchi dei finanziamenti... Egidi ha ottimi contatti con il Ministero e con la Conferenza dei Rettori, che un altro dovrebbe ricostruire...".
"Il momento è effettivamente particolare - conferma il prof. Quaglioni - è sotto attacco il modello di Università che si autogoverna. In quest’ottica, di una proroga ad Egidi si può discutere".
Entra nello specifico il preside Bassi: "L’università italiana sta subendo uno strangolamento economico; e per due anni la Finanziaria ha bloccato l’assunzione di nuovi docenti. Questo anche per l’Università di Trento, che pure ha un bilancio sano. Per questo il nostro Ateneo si trova in una sorta di guado: è tra le migliori piccole università, pur non potendo fare ombra alle grandi; proprio per questo non può permettersi degli anni di stasi, di mancate assunzioni, di programmi lasciati perdere. Pena il rischio di essere risucchiata tra le piccole università usate come parcheggio di docenti, con scarsa capacità di attrarre, e ancor più di tenere gli uomini migliori".
A questo punto abbiamo interpellato lo stesso rettore.
"Effettivamente sarà un anno difficile; oggi (il 19 gennaio. n.d.r.) il Consiglio dei Ministri ha appena approvato una legge sul ruolo dei docenti; ce ne sarà un’altra sugli Statuti; per non parlare del problema dei finanziamenti. Sarebbe un momento molto delicato per una persona nuova, che con Roma non ha rapporti. Per questo ho proposto all’Università, se lo ritiene di suo interesse, di prolungarmi il mandato".
Questa posizione del rettore (la situazione d’emergenza che giustifica una proroga) ci sembra molto diversa da quella che era emersa in precedenti interviste dello stesso Egidi (la necessità di portare a termine una strategia, e quindi la richiesta di un ulteriore mandato attraverso modifiche dello Statuto).
"Una strategia non dura all’infinito; e comunque, se accettata, può essere portata avanti da chiunque in un momento normale. Deve però essere sostenuta con gli opportuni finanziamenti, che in questo momento sono ottenibili solo con una forte visibilità a Roma. Le innovazioni di questi anni non sono ancora abbastanza solide da resistere alla mancanza di miliardi.
Poi, sia chiaro, io non sono qui a tutti i costi. In questi anni ho continuato a studiare ed insegnare: e quella rimane la mia professione".
Insomma, sembra si vada verso una soluzione condivisa e di buon senso: in un momento difficile, una proroga di due anni a un bravo rettore. Alcuni ricordano il caso di Bologna, con il rettore Roversi Monaco che, alla fine del terzo mandato, mentre si proponeva per un quarto, dichiarava: "Non vedo nessun altro all’altezza".
Per fortuna a Trento la situazione è diversa.