Legge elettorale. Superato il primo esame
Politica più chiara, polarizzazione delle formazioni, varo immediato della Giunta Provinciale: alla prova dei fatti, questi gli effetti della nuova legge elettorale. Positivi. Accanto a alcune cose da rivedere...
Trascorse alcune settimane dal voto dello scorso 26 ottobre, si può fare un primo bilancio ragionato sul funzionamento del nuovo sistema per l’elezione del Consiglio provinciale e del Presidente della Provincia.
Il premio di maggioranza – che la legge assicura alla coalizione vincente per garantirle la possibilità di governare – non è in questo caso scattato, poiché il centrosinistra ha conquistato sul campo, col voto degli elettori, ben 23 seggi, vale a dire due in più di quelli previsti dalla versione massima del premio di maggioranza stesso.
Il fatto che il premio non sia scattato potrebbe indurre a ritenere che l’assetto politico finale (Dellai Presidente della Provincia e maggioranza del Consiglio in mano al centrosinistra) sarebbe stato lo stesso anche se si fosse votato col vecchio sistema proporzionale. In realtà, proprio questo esito dimostra invece che la nuova legge è riuscita ad agire addirittura preventivamente, sul comportamento delle forze politiche e sull’orientamento degli elettori.
Il combinato disposto dell’elezione diretta del Presidente, del premio di maggioranza alla coalizione vincente e del turno unico ha infatti sospinto le forze politiche, prima ancora di affrontare la sfida elettorale, a polarizzarsi attorno ai due maggiori schieramenti, centrodestra e centrosinistra. Parimenti, la logica nuova delle elezioni (si elegge direttamente chi governa, anziché delegare questo potere alle trattative post-elettorali tra i partiti) ha sospinto gli elettori, nell’esprimere il loro voto, a prendere in considerazione quasi soltanto i due maggiori schieramenti.
Ed è proprio questo, alla fin fine, il dato più significativo, quello da prendere in esame per dire quanto il nuovo sistema abbia ben funzionato: più del novanta per cento dei voti validi sono andati alle due coalizioni maggiori.
L’esito del voto ha dimostrato che quanto più stringente e severa è la logica maggioritaria della legge elettorale, tanto più la distribuzione dei seggi finisce, paradossalmente, per corrispondere proporzionalmente al voto degli elettori. Il maggioritario, insomma, anziché stravolgere la distribuzione dei seggi, è servito soprattutto per assicurare che la competizione politica non metta in pericolo il bene superiore del funzionamento delle istituzioni.
Grazie al nuovo sistema, la sera del 27 ottobre si conosceva già il nome del Presidente della Provincia e la composizione della coalizione di maggioranza. Ed al di là dei mal di pancia in casa Ds, una novità di rilievo è stata il fatto che prima ancora dell’insediamento del nuovo Consiglio il Presidente neoeletto ha potuto insediare la nuova Giunta, già pienamente operativa. Non poco, se si considera che col precedente sistema la formazione dei governi provinciali richiedeva mediamente tre o quattro mesi, quando non addirittura sei o più.
Ovviamente, come in ogni altra umana cosa, anche nel caso di questa riforma si poteva fare di più e meglio. E l’esito del voto non ha mancato di mettere in evidenza anche diverse lacune della nuova legge.
Le donne elette in Consiglio sono solo tre: un record negativo, che fa assomigliare il Trentino più ad un paese del Terzo Mondo che non ad una regione mitteleuropea. Il dato emerge ancor più se si fa il raffronto con Bolzano, dove le donne elette sono quasi un terzo del Consiglio provinciale. La recente modifica dello Statuto di autonomia, quella stessa che ha reso possibile riformare il sistema elettorale, obbligava la Provincia ad introdurre nella legge elettorale specifiche norme per favorire la rappresentanza femminile, ma nonostante l’agguerrita battaglia per introdurre le cosiddette "quote rosa" portata avanti da Margherita Cogo, il Consiglio ha preferito alla fine ignorare il dettato statutario (Questione femminile e legge elettorale).
Un secondo aspetto carente del nuovo sistema è il fatto che esso non ha ridotto la frammentazione del Consiglio. Se nella competizione tra le diverse coalizioni sono stati gli elettori a semplificare il quadro, penalizzando chi non si era adeguato alla nuova logica bipolare (uno solo dei 35 seggi del Consiglio è andato ad una coalizione "terza", quello del candidato Presidente di Rifondazione Comunista), è all’interno delle coalizioni che permane il problema dell’eccessiva frammentazione. La maggioranza che sostiene il Presidente Dellai è addirittura un esapartito: Margherita, Ds, Patt, Verdi, Leali, Ladini. La frammentazione del Consiglio, ed in particolare della maggioranza, costituisce un elemento di intrinseca instabilità del sistema, poiché spinge le singole forze politiche ad andare alla ricerca della visibilità facendosi concorrenza tra di loro, anziché lavorare per la logica unitaria della coalizione. E’ proprio questa la logica che ha finito per produrre il paradosso per cui proprio il primo Presidente eletto direttamente dai cittadini e dotato del potere di nominare i propri assessori ha composto la Giunta più "larga" della storia dell’autonomia.
Ma la frammentazione del quadro politico costituisce un problema anche per l’equilibrio tra i poteri, poiché questa situazione finisce inevitabilmente per ridurre la funzionalità, l’autorevolezza e la credibilità del Consiglio, a fronte invece di una Giunta rafforzata dalla logica dell’elezione diretta del Presidente.
Infine, un’ulteriore carenza della nuova legge elettorale emersa in queste elezioni riguarda il sistema delle preferenze. Per l’intera campagna elettorale pressoché ciascuno degli oltre 700 candidati alla carica di consigliere provinciale ha inondato il Trentino di dépliant, lettere, santini ed ogni altro genere di materiale di propaganda, riempiendo quotidianamente le cassette delle lettere di ogni famiglia con insopportabili pacchi di materiale cartaceo. Ma al di là dello spreco di danaro (e dell’enorme produzione di immondizia), il dato politicamente rilevante è che col sistema delle preferenze ciascun candidato ha lavorato per sé, cercando soprattutto di strappare la preferenza ai propri compagni di lista, anziché di conquistare il voto dai propri avversari politici. Col risultato di incrinare la compattezza dei partiti e delle coalizioni sin durante la campagna elettorale. Inoltre, impedendo ai partiti di fare l’unica cosa per la quale essi dovrebbero esistere, ossia selezionare la classe politica, e finendo talvolta per premiare non già chi è più capace, bensì chi è più abile nello scambiare favori con voti, il sistema delle preferenze produce spesso una classe politica di basso profilo. E questo è contraddittorio rispetto alla logica maggioritaria, nella quale ci si candida per governare, non per "rappresentare" fasce di elettorato. Non a caso, il sistema delle preferenze non esiste pressoché in nessun’altra parte del mondo, ed anche nel resto d’Italia è sulla via del tramonto.
Altre valutazioni sulla nuova legge, in particolare per quanto riguarda i nuovi poteri del Presidente, si potranno fare solo nel corso della legislatura. Tuttavia, pur con le carenze evidenziate, e qualche altra, si può sin d’ora dire che lo scorso 26 ottobre si è comunque fatto un notevole passo in avanti, verso una democrazia più trasparente, efficiente e moderna.