Chi vuole imporci l’inceneritore
Perchè nel confronto tra bioessicatore e inceneritore non c’è storia, il primo è migliore su tutto il fronte. E perchè, nonostante tutto...
La sala di Palazzo Thun addetta a sede del Consiglio comunale non è stata pensata per il pubblico, cui è riservato, sul fondo, uno spazio angusto; e così risaltava ancor più la straordinarietà della partecipazione alla seduta informativa sull’inceneritore: tanta gente stipata, il presidente che doveva contenerne la presenza dilagata dentro l’aula, e ancora altre persone nell’atrio fin sulle scale. In uno strano mix politico, una trasversalità mai vista: militanti di AN guidati dal consigliere provinciale Taverna, leghisti, ambientalisti di varie organizzazioni, no-global, cittadini dei comitati di quartiere; tutto l’arco costituzionale ed oltre. Era la città che si faceva sentire, esprimendo preoccupazione e volontà di non lasciare decisioni importanti nelle sole mani di politici di cui non ci si fida.
Diffidenza sana e tutt’altro che immotivata. Le parole dei consulenti infatti (il prof. Enzo Favoino della Scuola agraria del Parco di Monza, e il prof. Michele Giugliano del Politecnico di Milano), il confronto tra le due scuole di pensiero (in brutale sintesi: per la raccolta differenziata "spinta" e disposto a considerare, oltre alla termoutilizzazione, anche il ciclo della bioessiccazione il primo, per l’inceneritore il secondo) fornivano una mole di informazioni di estremo interesse. Le riportiamo di seguito, ordinate e integrate da ulteriori considerazioni.
Come si vede dalla tabella che sintetizza il confronto tra i due metodi, in un match tra bioessiccazione e inceneritore non c’è storia: la bioessiccazione vince su tutti i fronti. Perché? E come mai allora la Giunta provinciale ha preferito l’inceneritore?
CICLO BIOESSICATORE(50% di raccolta diff. + bioessicatore + termovalorizzatore) | INCENERITORE(con 30% di raccolta differenziata) | |
SCORIE | 155 g in discarica | 140-210 g in discarica |
CENERI TOSSICHE | 10 g in discarica speciale | 30-50 g in discarica speciale |
EMISSIONI | Bioessicatore: odori molesti, non tossici, abbattibili con filtri. Termovalorizzatore: emissioni tossiche, comunque inferiori ai limiti previsti per gli inceneritori | Emissioni tossiche, oggi controllate in limiti rigorosi fissati da normative europee |
COSTO IMPIANTO | 100-160 miliardi | 280 miliardi |
COSTI DI GESTIONE | 70-80 £/Kg | 100-140 £/Kg |
Il punto base sta nell’incompatibilità tra incenerimento e raccolta differenziata. Incompatibilità subdola, in quanto mai dichiarata, ma ugualmente un dato di fatto corposo, presente in tutte le esperienze mondiali. L’inceneritore è un business: è logico che chi lo gestisce tenda a ricavarne il massimo. Ed è un sistema estremamente rigido: se progettato per una data quantità di rifiuti (tonnellate/anno) deve avere quella quantità; se non l’ha, il suo funzionamento diventa subito antieconomico; né è pensabile interrompere il ciclo, i fermi macchina sono onerosissimi. Questa fame di rifiuti da bruciare, che ha portato tante società gestrici a importarli dall’esterno, diventa devastante (ed è la maggioranza dei casi) quando la gestione dell’impianto e la raccolta dei rifiuti fanno capo alla stessa società: allora è matematico che la raccolta differenziata è finita, o relegata ad un ruolo marginale e comunque molto inferiore alle sue reali potenzialità.
Anche perché al discorso della quantità dei rifiuti si sovrappone quello della qualità: per l’inceneritore l’ideale è quello che i tecnici chiamano il "tal quale", ossia il rifiuto come viene gettato nei cassonetti. Per la società che gestisce l’inceneritore, la raccolta differenziata è come il fumo negli occhi.
Ecco perché a Brescia, dove opera la gigantesca ASM (Azienda Servizi Municipalizzati) che ha realizzato il grande, esteticamente bello inceneritore visibilissimo dall’autostrada, la differenziata è a livelli molto inferiori alle sue potenzialità. Ed ecco perché per lanciare a Trento nel rione Bolghera un’esperienza avanzata di raccolta differenziata (poi coronata da un grande, significativo successo, oltre l’80%!) il Comune ha dovuto superare una robusta opposizione da parte della nostra SIT-Trentino Servizi (in cui la ASM ha una quota del 10%).
"Intendiamoci, ci sono casi in cui incenerimento e raccolta differenziata riescono a convivere - precisa il prof. Favoino - Si tratta di aree a vasta popolazione, in cui può essere opportuno incenerire una quota di rifiuti. In ogni caso l’incenerimento, in presenza di raccolta differenziata in territori con popolazione non elevatissima (come a Trento), diventa più costoso."
E nel Trentino, con i suoi 470.000 abitanti, è facile prevedere come finirebbe una raccolta organizzata dalla stessa società che gestisce l’inceneritore.
Chiarito questo aspetto, poniamo a confronto le due ipotesi: prendiamo un chilogrammo di rifiuti, e vediamo che fine fa, da una parte con l’inceneritore, dall’altra con il ciclo della bioessiccazione, composto da raccolta differenziata, bioessiccatore, termovalorizzatore dedicato. Il punto sta proprio nella raccolta differenziata: "Io non sono un oltranzista - sottolinea il prof. Favoino - ma sono per sistemi economicamente sostenibili di raccolta differenziata Quindi non so se siano convenienti sistemi che puntino a percentuali del 70-80%. Ragiono sulle cifre di tanti comuni, soprattutto della Lombardia: è possibile in un mese, non in anni, raggiungere una quota del 50% o superiore, e senza alcun costo aggiuntivo alla normale raccolta dell’indifferenziato. Si tratta solo di organizzarsi, scegliere sistemi ottimizzati di raccolta, istruire il cittadino, e poi iniziare".
Ecco quindi che il ciclo della bioessiccazione parte con un enorme vantaggio: senza alcun costo aggiuntivo (anzi, come vedremo, con il valore economico dei materiali da riciclare) i rifiuti da trattare si riducono alla metà, il nostro chilo diventa 500 grammi. Non intendiamo peraltro penalizzare l’ipotesi inceneritore; e quindi supponiamo che conviva con una quota di raccolta differenziata, che ipotizziamo del 30% (a Brescia, che è il modello italiano e, sembra, trentino, dell’ipotesi inceneritore, si viaggia attorno al 27%; ma forse è ancora più significativo sottolineare che a Brescia la produzione specifica di rifiuto per abitante ha ormai superato i 700 kg/abitante/anno, ossia circa il 180% della media delle altre Province lombarde, proprio a causa di sistemi di raccolta adatti a aumentare il carico complessivo di rifiuti da avviare poi all’inceneritore !). Con questa premessa, vediamo i due metodi, che sintetizziamo nella tabella.
Il primo problema è quello delle scorie, ossia il materiale che rimane alla fine dei trattamenti, e che deve essere avviato in discarica. Il bioessiccatore riduce così il rifiuto: 20% (100 g. del nostro kg. iniziale) se ne va in vapori, 5% (25 g.) in metalli e vetro, da riciclare, 25% (altri 125 g.) è materiale inerte, da avviare in discarica, 50% (250 g.) in Combustibile Derivato dai Rifiuti (CDR) da far bruciare nel termovalorizzatore. Il quale - inutile girarci intorno - è una sorta di inceneritore esso stesso. Ma con due grossi vantaggi: tratta un materiale che qualitativamente è un combustibile vero e proprio (dal potere calorico di 4500-5000 Kcalorie, di poco inferiore a quello del carbone), quindi ha una combustione migliore, minori emissioni e minori scarti; e quantitativamente è stato ridotto del 50% dalla raccolta differenziata, e di un ulteriore 50% dalla bioessiccazione, e infatti è passato da 1 kg. a 250 g. Anche il termovalorizzatore produce scorie: circa il 10-15% (30 g.) materiale inerte da portare in discarica, più un 4% (10 g.) di ceneri tossiche, da stivare con le precauzioni del caso in una discarica speciale. Totale: 155 g. in discarica normale (scarti della bioessiccazione + scorie) + 10 g. in discarica speciale.
L’inceneritore invece, nell’ipotesi che il nostro chilo di rifiuti fosse ridotto dal 30% di raccolta differenziata a 700 g., darebbe le seguenti scorie: 140-210 g. in discarica, più altri 30-50 g. di ceneri tossiche in discarica speciale.
Il secondo problema sono le emissioni. Il bioessiccatore può avere un problema di odori molesti, ma non tossici. Questi vengono tuttavia perfettamente abbattuti dalle tecnologie specifiche (biofiltri, sistemi termici) . Diverso invece il discorso per le emissioni dagli impianti termici, termovalorizzatore e inceneritore. Solo che, come abbiamo visto, qui entra in gioco, oltre alla quantità minore di rifiuti (250 g. del nostro kg. originario, contro i 700 g. dell’inceneritore) anche la qualità del combustibile; che genera una combustione a temperature più alte e maggiormente controllabile, e dal quale è stata già prelevata, in due differenti passaggi (la raccolta differenziata e la vagliatura dopo la bioessiccazione) la maggior parte dei metalli, elementi responsabili (come ad esempio il cromo) della maggior parte delle emissioni tossiche. I risultati - abbiamo sotto gli occhi uno studio sulle emissioni di un cementificio tedesco che brucia CDR - sono emissioni inferiori, anche di dieci volte e più rispetto ai valori limite ammessi per gli inceneritori.
Infine i costi. Gli impianti della bioessiccazione sono nettamente più economici: tra bioessiccatore e termovalorizzatore si spende da un minimo di 110 miliardi di lire, a un massimo di 160; l’inceneritore previsto dalla Provincia costa 280 miliardi.
Ci sono poi i costi di esercizio, che devono tener conto di un fatto: sia il termovalorizzatore che l’inceneritore producono energia, e quindi recuperano parte delle spese. Il prof. Favoino in Consiglio comunale ha lungamente spiegato i vari passaggi del business, le normative europee, gli incentivi. Arriviamo alla conclusione: i nostri 500 g. di rifiuti che, dopo la raccolta differenziata, entrano nel bioessiccatore-termovalorizzatore, vengono a costare, detratti gli introiti ricavati dalla vendita dell’energia, tra le 70 e le 80 lire. I 700 g. che entrano nell’inceneritore, costeranno tra le 100 e le 140 lire.
Anche qui la bioessiccazione vince il confronto. Ma non basta. In questi calcoli non teniamo conto dei ricavi provenienti dal riciclo dei materiali della differenziata. "Ogni chilo che non viene bruciato può dare un beneficio economico - afferma il prof. Favoino - Oggi il Consorzio Nazionale Imballaggi applica le seguenti tariffe per la restituzione dei materiali: 23 lire al kilo per la carta, 149 per il cartone, 60 per il vetro, 417 per la plastica, 374 per l’alluminio".
Fin qui la tabella che confronta i due metodi. Fuori dalla tabella c’è però il dato per noi più importante. Il ciclo della raccolta differenziata spinta (integrata alla bioessiccazione) è fondato sulla collaborazione e coscientizzazione dei cittadini; sulla consapevolezza che non è giusto, per noi e per il pianeta, usare e gettare, dilapidare e bruciare; che le cose, l’ambiente, la natura hanno un valore che va preservato. L’inceneritore è fondato sul principio opposto: il cittadino è un consumista incosciente, un barbaro irrecuperabile, e su questo alcuni creano il business.
Appunto: il business di alcuni. Come abbiamo dimostrato, fra i due metodi (non solo sotto il profilo civico e quello ambientale, ma anche sotto quello economico) non c’è paragone: vince sempre la bioessiccazione. E allora, perché la Provincia di Trento, con il suo Presidente in testa, è partita lancia in resta per la soluzione sbagliata?
Anzi, perché la Provincia ha affidato ad una società (formalmente privata) come Trentino Servizi il compito di studiare il problema e di proporre le soluzioni? Trentino Servizi (la ex-SIT) è una delle parti in causa, ad essa verrebbe delegata la gestione degli impianti; e si è intimamente legata (attraverso una compartecipazione del 10%) alla ASM di Brescia, la potente società che in Italia ha dato vita al cosiddetto "modello bresciano", fondato proprio su inceneritori sovradimensionati e modelli di raccolta adatti ad aumentare la produzione di rifiuti da avviare a tali inceneritori. Insomma la Provincia è riuscita a realizzare un duplice conflitto d’interessi: non solo è la stessa società che opera la raccolta dei rifiuti e gestisce l’inceneritore (con i ben noti effetti sulla differenziata), ma addirittura a questa società è stata in pratica demandata la decisione sul modello tecnico, economico, sociale, di organizzazione del ciclo. Una decisione tutta politica, che riguarda l’insieme della comunità, è stata delegata ad una società che ha precisi interessi di parte.
La spiegazione di questa anomalia sta nella struttura di Trentino Servizi, che è un ente parapubblico al cui vertice sono nominati i fedelissimi del Presidente Dellai. E’ la logica del centro di potere, che travolge ogni argomento tecnico, economico, sociale.
E’ da vedere se i cittadini lo accetteranno. E una prima risposta è venuta la settimana scorsa, quando in tanti hanno invaso l’aula del Consiglio comunale.