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Rifiuti cercansi

Nel 2007 anche il Trentino avrà il suo impianto di termodistruzione con recupero energetico. In provincia si è prodotta nell’anno 2000 una quantità di rifiuti urbani pari a 285.000 tonnellate, di cui 42.800 (il 12%) provengono dalla raccolta differenziata. Una percentuale assai bassa, se teniamo presente che il Decreto Ronchi impone il raggiungimento del 35% tra due anni.

L’Amministrazione provinciale si è impegnata a raggiungere tale obiettivo, ma allo stesso tempo prevede un aumento annuo della produzione dei rifiuti intorno al 2%. In tal modo nel 2006 si produrranno 321.260 tonnellate di rifiuti urbani. Se togliamo a queste il 35%, avremo 208.000 tonnellate di rifiuti urbani. Così ragionando, sempre secondo l’Assessorato all’Ambiente della P.A.T., nel 2016 produrremo 391.000 tonnellate, di cui 137.000 di raccolta differenziata. Bruceremo dunque 254.000 tonnellate di rifiuti urbani. Se a questi poi aggiungiamo le 1.500 tonnellate di rifiuti ospedalieri e le 41.000 dei rifiuti speciali, raggiungeremo a malapena le 300.000 tonnellate. Chiedo scusa al lettore per quest’inizio zeppo di cifre, ma serve per quel che vado a dire adesso. Fermiamoci un istante a riflettere.

Di quante tonnellate avrebbe bisogno un impianto di termodistruzione per essere sfruttato al meglio sotto il profilo economico e del recupero energetico?

Almeno 600.000 dicono i tecnici del settore, con un bacino d’utenza minimo intorno al milione di abitanti. Ora è chiaro che l’impianto di Ischia Podetti nasce sottodimensionato. In altre parole, sarà più piccolo e quindi più costosa sarà la manutenzione, meno efficace il recupero di energia: in termini economici si dice che avrà una bassa produttività.

Ma c’è un altro serio "pericolo" in agguato per il futuro termovalorizzatore. Se i trentini di qui a qualche anno diventassero così bravi da raggiungere quote di raccolta differenziata più alte, poniamo un 60% come già avviene in talune province della Lombardia e del Veneto, la cifra delle 300.000 tonnellate calerebbe vistosamente e la produttività dell’impianto scenderebbe ulteriormente. Di più, se i trentini si mettessero in mente che è più ecologico comperare il latte in vetro con vuoto a rendere, se si mettessero a bere acqua minerale sempre in bottiglie di vetro vuoto a rendere, se promuovessero una vera e propria politica della riduzione a monte del rifiuto privilegiando la merce dall’imballaggio più ridotto, i rifiuti urbani diminuirebbero ancor più ed il termodistruttore aumenterebbe ancor più i suoi costi di gestione. E il cittadino andrebbe a pagare di più il servizio, ça va sans dire.

La realizzazione del termovalorizzatore, o termodistruttore o inceneritore che dir si voglia, sarà affidato alla Trentino Servizi, la quale manderà avanti il progetto di costruzione in project financing (partecipazione di capitale privato/pubblico). Nel prezzo di aggiudicazione dell’appalto dell’impianto, la voce della quantità presunta di conferimento dei rifiuti sarà ovviamente quella principale, sarà l’elemento cardine per il calcolo dei costi e dei benefici. E il problema che emergerà sarà paradossale: vi saranno troppo pochi rifiuti.

Tale contraddittoria situazione si sarebbe potuta evitare attivando una collaborazione di settore con la provincia di Bolzano, ma questo negli ambienti politici delle due province, si sa, è quasi tabù.

Per quanto riguarda il presente, e gli anni che ci separano di qui al 2007, è innegabile che in Trentino sia mancata una seria pianificazione provinciale dello smaltimento, per cui oggi i rifiuti della val di Fassa vanno nella discarica di Rovereto, quelli della val di Fiemme finiscono invece nella discarica della val di Non, quelli del C5 pure a Rovereto, così pure a Rovereto giungono per un imprecisato periodo quelli del C9. Almeno i rifiuti della val di Fassa e della val di Fiemme, con un pizzico di collaborazione tra le due Province, non avrebbero potuto essere conferiti al termodemolitore di Bolzano riducendo il tragitto di cento chilometri a camion? Fantapolitica?