L’assassinio del prof. Biagi
Chi è stato? E perché? Forse è meglio partire da un altra domanda: poteva essere salvato? L’omicidio del prof. Marco Biagi poteva essere evitato?
Anche se probabilistica, la risposta è affermativa: si poteva, anzi si doveva. Se avesse avuto una scorta, oggi sarebbe vivo. Era chiaro da tempo che Biagi era nel mirino. Aveva ricevuto minacce e scoperte allusioni. Dal rapporto dei servizi segreti reso pubblico in questi giorni, ma risalente a qualche settimana fa, risulta che i prossimi obbiettivi dei terroristi sarebbero state "personalità impegnate nelle riforme economico sociali, con ruoli chiave in veste di tecnici e di consulenti. In cima alla lista ci sono il ministro Maroni e i suoi collaboratori più stretti". II prof. Marco Biagi era il primo per competenza e prestigio, ed era anche il primo nella lista dei collaboratori. Il ministro Maroni aveva la scorta, Marco Biagi no. Averlo privato della scorta significava indicarlo per nome e cognome ai suoi futuri assassini.
Il prof. Biagi aveva manifestato la sua preoccupazione alla moglie, agli amici e al parroco. Al ministro Maroni aveva detto: "Non vorrei che foste costretti a intitolarmi una sala come a Massimo D’Antona". Ma la scorta non era arrivata, anzi gli tolsero quella che aveva a Milano e a Roma. I suoi futuri assassini lo avevano dileggiato per telefono: "Sappiamo che non hai più gli angeli custodi". Il ministro Maroni, preoccupato, aveva chiesto il ripristino delle scorte, ma il ministro degli Interni non aveva neppure risposto. Così al prof. Biagi, nuovamente solo, non era rimasto che affidare a un notaio un memoriale a futura memoria sulla sua morte annunciata.
Agghiacciante e stolida la dichiarazione del ministro Scajola: "Non è con le scorte che si combatte il terrorismo". Cinica scoperta! Ma con le scorte si proteggono le vite umane! In una democrazia normale il ministro degli Interni si sarebbe già dimesso, e invece il nostro Scajola fa lo scaricabarile con prefetti e questori. Inoltre annuncia, a cadavere ancora caldo, un’inchiesta fulminea (come quella di D’Antona!).
Che differenza di stile e di fermezza con la classe politica uscita dalla Resistenza, che negli anni ‘70 seppe vincere il tremendo assalto di migliaia di brigatisti e non della minuscola banda di oggi!
Sappiamo dunque ora che il prof. Biagi è stato ucciso per ché senza scorta. Chi è stato!Lo stesso gruppo di fuoco che ha ucciso il prof. D’Antona: l’arma è la medesima. E’ verosimile che gli autori dell’omicidio D’Antona possano restare introvabili per tre anni in una situazione di relativa calma, e organizzare un nuovo tremendo atto terroristico? Forse hanno qualche santo in paradiso, o meglio qualche demonio all’inferno che li protegge e gli fornisce l’orologio del terrore. Non è possibile dire se si tratti di servizi, o di una strana sinergia fra gruppuscoli terroristici e zone oscure dell’apparato statale. Certo il tempismo è straordinario. Questo assassinio arriva alla vigilia della manifestazione sindacale del 23 marzo. Il corpo assassinato di Biagi è messo di traverso sulla strada pacifica dei lavoratori. Le pallottole che lo hanno ucciso sono state sparate anche contro la democratica manifestazione del 23 marzo (vedi Roma: le emozioni e le ragioni) e l’annunciato sciopero generale.
Ora sappiamo anche perché Biagi è stato ucciso: perché nulla cambi, perché i sindacati siano intimiditi e divisi, perché si crei un nuovo tavolo di discussione dove venga evocato lo spettro dell’art. 18 per inutili chiacchiere.
Ma la democrazia non si è lasciata ingannare ed ha marciato a milioni per le strade di Roma per esprimere la sua indignazione.