Una natura più povera
Come sono cambiati, da trent’anni ad oggi, la montagna, la flora e la fauna attorno a Trento nel racconto di un osservatore appassionato.
Spesso si leggono sui giornali resoconti di esperti sullo stato dell’ambiente, sulle prospettive, i rischi, gli interventi da fare. Pareri ben argomentati di specialisti attenti anche ai dettagli più minuti. Questa volta invece offriamo l’esperienza di un appassionato, Pietro, da più di trent’anni attento osservatore per pura passione e solo per se stesso della medesima area: il versante del Bondone verso la valle di Cavedine, le Viotte, la zona attorno ai laghi di Toblino e Santa Massenza.
Lo incontriamo a Lagolo, binocolo in mano, di ritorno da una delle sue frequenti camminate per il bosco.
Di’, Pietro, come stanno oggi montagna e fondovalle qui attorno?
"Per me stanno male… Ho cominciato da ragazzo ad osservare campi, prati, boschi e chi li abita; ma in questi ultimi anni è stata una delusione. Vedo sempre meno di tutta la fauna. Questa naturalmente è una mia impressione, ma io cammino moltissimo, osservo da anni sempre gli stessi posti, posso fare confronti e ti assicuro che c’è poco dappertutto. Per dire, trent’anni fa, ai tempi della vendemmia, centinaia di tordi volavano tra le vigne a beccare l’uva, in autunno si radunavano nuvole di stornelli, in estate più in alto il soldone saltellava dappertutto, bastava percorrere qualsiasi costa per scorgerne, sul Cornetto (2100 metri) nidificava il fringuello alpino, c’erano moltissimi beccofrosoni provenienti dalla steppe della Russia. A Toblino si fermavano anche le cicogne… Adesso basta, le ho viste soltanto volare verso nord in primavera.
Perché gli uccelli sono calati? Non so dirtelo. Solo i caprioli sono cresciuti moltissimo. Una domenica di luglio dell’anno scorso, sui prati sotto il Palon, c’era moltissima gente, sicché i caprioli si erano ritirati nella boscaglia sulle Coste. Verso le otto di sera, dopo che tutti se n’erano andati, i caprioli uscirono allo scoperto: ne ho contati una quarantina senza neanche muovermi dalla strada… erano tutti lì dove il bosco diventa prato! Una cosa favolosa mai vista… Sì, sto parlando delle Viotte e quindi nel comune di Trento".
La Forestale taglia i noccioli, i cornioli, i meli selvatici, ecc, piante che danno frutta, perché le considera di scarso pregio. Manca alimentazione ad un anello della catena alimentare?
"Non so: anni fa la montagna era pelata, quasi senza alberi, eppure c’erano uccelli dappertutto anche se non avevano niente da mangiare. Non capisco perché stiano sparendo gli stanziali - merli, fringuelli, gazze, tordi, quaglie. Una volta in un solo campo di vigne c’erano sempre due-tre fringuelli, cardellini, verdoni, passeri; adesso niente o quasi. E’ strano… c’è sempre più da mangiare e sempre in meno che mangiano. Pazienza per i migratori: uno pensa che abbiano cambiato strada per nuove correnti d’aria o perché spaventati in anticipo dal freddo, ma gli stanziali dove sono?"
Forse gli anticrittogamici? Un mio cugino agricoltore mi raccontava che negli anni ‘50, dopo un trattamento sulle patate, trovava spesso lepri e leprotti morti avvelenati; succede ancora?
"No, allora usavano veleni molto potenti oggi proibiti. L’ultimo leprotto che io ho visto nella mia campagna era morto dopo un trattamento contro la cicalina, trent’anni fa. Oggi i contadini davanti a un nido spengono il nebulizzatore perché hanno compreso l’importanza della lotta biologica. A Dro hanno addirittura provato a costruire dei nidi artificiali per pipistrelli ma senza particolari risultati: sarebbero l’ideale per far fuori tutti quegli insetti notturni che sfuggono agli insettivori diurni come le rondini".
C’è ancora chi piazza roccoli, archetti, tagliole, bacchette col vischio, reti a caduta?
"Lo escludo, non se ne vedono in giro. Non c’è più il bracconaggio classico fatto con lazzi o trappole: oggi usano fucili con silenziatore ma non è facile prenderli: come fai a perquisire ogni auto?"
E il bracconaggio per così dire minore? Le lumache ad esempio? In fin dei conti fanno parte della catena alimentare.
"A dire il vero non ce ne sono quasi più. Le strade della forestale, comode e percorribili, hanno portato gente dappertutto, in un attimo sei da qualsiasi parte e chi è intenzionato a raccogliere qualcosa o a sparare fa presto ad arrivare in qualsiasi posto. Una volta c’erano solo le strade dei brozi, ripide e sconnesse, e la gente aveva anche meno tempo".
È vero che il peso medio di un capriolo è sceso da 23-25 chili a 18-20?
"Sì, è un trend continuo; di grossi se ne vedono sempre meno. Quando non c’erano macchine e strade veloci nessuno veniva fino in Palinegra a caccia ed i caprioli si riproducevano secondo natura: avevano tutto il tempo per crescere ed il più forte conquistava le femmine. Adesso qualche cacciatore usa addirittura la molto da trial e alle quattro di mattina è già sul posto. Sparano ai più belli, sicché a riprodursi sono le seconde linee per così dire e la razza non migliora. Per fare selezione si usano gli esemplari più belli, ma qui li ammazzano per mostrarli agli altri come trofeo e poi infilarli nel freezer".
E’ vero che i cacciatori abituano il proprio capriolo alla propria presenza presenza portandogli tutti i giorni dell’anno pane, frutta e sale, salvo poi tirargli una fucilata alle 7 di mattina della seconda domenica di settembre?
"Non credo a tutta ‘sta roba; di certo gli fanno trovare il sale sempre nello stesso posto, la salina, che preparano in una radura tra gli alberi. Lo abituano a fermarsi lì in modo da poterlo inquadrare bene quando sarà il momento: il 99% li prendono così".
Come sono i cacciatori della valle: banditi, persone serie o cosa?
"Otto su dieci sono persone corrette, addirittura c’è chi gira col fucile tanto per dire "vado a caccia". Sono cambiati anche loro, non li senti più vantarsi apertamente delle loro imprese come capitava di sentire nei bar o sul piazzale della chiesa. Una domenica di almeno vent’anni fa, per non entrare troppo presto a messa, mi ero fermato fuori a chiacchierare con altri, tra cui due cacciatori. Attacca uno: "Ieri con un colpo ho portato via le zampe davanti ad un lever ma lui continuava a correre lo stesso!" E l’altro: "Che bastardo!" Queste cose qui oggi non se le raccontano più neanche tra loro.
Poi ci sono l’altro 20%, quelli che sparano a tutto ed in mancanza d’altro alla segnaletica. È’ curioso che ogni cacciatore sia per gli altri un bandito, ma tra di loro questo termine non ha un gran senso spregiativo, anzi indica uno che ci sa fare, che ne cattura più degli altri, che è furbo".
È vera la storia dei cacciatori che si sono opposti alla creazione di una riserva sotto il monte Cornetto?
"Si, è la malga dell’Emanuele, un po’ sotto la cima verso la valle di Cavedine. Si trattava di parecchi ettari di pascolo, credo 64, messi in vendita da un privato. Li voleva la Provincia per allargare l’area demaniale attorno alle tre cime, ma i cacciatori di Cavedine hanno forzato il Comune a prenderla e così la giunta ha chiesto ed ottenuto dalla Provincia stessa un contributo per comperarla!. Loro volevano tenere alla lontana l’ente pubblico perché se l’avesse acquistato diventava demanio con possibilità di istituire divieti di caccia. Adesso è affittata a pascolo ad un pastore con contratto di dieci anni rinnovabile per altri dieci: potranno sparare per altri vent’anni insomma!"
Ma i caprioli si sono abituati agli uomini?
"No, basta il minimo rumore e scappano. Sono sempre molto diffidenti, ma sono anche molto curiosi: se ti vedono in piedi scappano, ma se sei seduto in un prato, magari in posizione strana, o ti vedono solo la testa, si avvicinano, ti girano attorno, si fermano, ti guardano, ti annusano e poi se ne vanno. Una volta, mentre vicino alla malga di Vezzano stavo tentando di fotografare delle cince con la macchina legata su di un ramo, vedo venire verso di me un maschio e una femmina. Il primo si è fermato lontano, ma la femmina mi è venuta sotto quasi ad annusarmi anche se gesticolavo per allontanarla. Se ne sono andati tutti e due girando dietro un dosso, ma dopo un po’ la femmina è tornata. Robe da incantarti".
Ai giovani non piace sparare: la caccia potrebbe finire per esaurimento di cacciatori?
"Certo, assieme al fatto che costa sempre di più e si prende sempre di meno. Al mio paese, Padergnone, su 600 abitanti ci sono sei cacciatori: uno ogni 100 abitanti; sempre troppi, ma dimezzati rispetto a qualche anno fa".
Il biotopo di Toblino funziona?
"I biotopi basta lasciarli in pace e funzionano quasi sempre, Toblino in particolare. Ci nidifica l’airone cenerino, un centinaio di esemplari che, se possono, pescano nella vicina pescicoltura. I proprietari hanno dovuto coprire le vasche con delle reti, ma ogni tanto qualcuno riesce lo stesso ad infilarci il becco. La sera li vedi volteggiare a decine sopra le vasche prima di appollaiarsi sugli alberi del dosso lì vicino: un vero spettacolo. Più avanti, sulle rocce del Dain Bass, in primavera, sento il richiamo del gufo reale. Di notte caccia topi e rospi nella gola del Limarò, ma non disdegna altri uccelli. Tempo fa uno, probabilmente a caccia di un airone, si è impigliato nella rete tesa a copertura di una vasca della piscicoltura di Pietramurata. Causa il suo peso la rete si è incurvata fino sotto il livello dell’acqua ed il gufo è annegato. L’anno scorso ho visto per qualche giorno un nibbio pescatore, ma deve essere stato di passaggio perché poi è sparito".
I due laghi sono un buon ambiente?
"No, hanno un’escursione dell’acqua anche di un metro e mezzo, non c’è quasi scampo per le uova dei pesci né per quelle delle folaghe, delle cannaiole e di altri che fanno il nido sui rami bassi delle piante acquatiche o sulle canne lacustri: se l’acqua si alza troppo le uova rischiano di finire sotto. E’ dura per tutti gli animali vivere in questi laghi perché un giorno il livello è alto, poi s’abbassa, poi risale e le rive una settimana sono secche, un’altra umide, un’altra sommerse: non fanno in tempo ad adattarsi. In una sola notte quelli dell’ ENEL alzano i due laghi con l’acqua di Molveno anche di un metro: significa scaricare due milioni di metri cubi di acqua fredda dai 900 metri di Molveno ai 250 di Toblino. Il bello è che con i soldi guadagnati con le concessioni idroelettriche hanno costruito a Ponte Olivetti un cementificio le cui ciminiere hanno coperto di polvere ogni cosa lì attorno per anni".
Tu l’anno scorso hai costruito un nido ad un allocco. Racconta!
"Ne ho fatti più di uno a dire il vero. Questo lo vedevo da anni nidificare fra i ruderi di una casa sopra il paese. L’autunno scorso ero venuto a sapere che volevano ristrutturarla ed allora ho preparato un nido di riserva in modo che, quando avessero iniziato i lavori, l’allocco potesse averne uno di riserva e fermarsi lì. La zona era in penombra, proprio quello che ci voleva: infatti, passato un mese, ecco le uova! Ero tutto soddisfatto, ma dopo una settimana la delusione: il nido era vuoto, predato quasi di sicuro da una faina".
Dì un po’: e serpenti?
"Sembrerà strano e qualcuno ne sarà contento ma anche questi sono in calo. Qui il più conosciuto è il carbonaz, veloce ed aggressivo da far paura ma sempre in fuga. Scala con rapidità gli alberi: in tre minuti è capace di arrivare a nidi situati a dieci metri da terra: una lanza ci metterebbe un’ora! Anni fa non c’era muro delle campagne attorno a Padergnone che non ne ospitasse uno, ma oggi niente. Ogni tanto vedo il colubro dei Balcani, lungo più di un metro con le squame bordate di bianco con un disegno a V rovesciata sulla testa. Ai primi di ottobre ce n’era uno schiacciato a metà della sua lunghezza sulla strada appena sotto il Camp di Lasino: aveva dentro un topolino appena catturato: non sono stati abbastanza attenti né uno né l’altro!
Le lanze sono più lente e timide. Nel cortile davanti a casa mia su un albero c’era un nido di fringuelli. Una giorno vengo a casa per pranzare e mia madre mi dice che sull’albero c’è una lanza che cerca di mangiare i piccoli. Mio fratello va su per prenderla ed allontanarla, ma questa cade e se ne va. Un’ora dopo, mentre siamo in cucina, ancora squittii agitati di fringuelli. Penso ad un gatto e mi affaccio per guardare tra le fronde: era tornata su la lanza e si stava dirigendo verso il nido. Ancora mio fratello torna sull’albero, la prende per la coda e, in un sacco, la porta in campagna: lui è l’agricoltore, le lanze gli mangiano i topi. Le poiane sono i principali predatori di questi serpenti: ma non ce ne sono tanti, come ti dicevo. Se ci fosse qui in zona una coppia di bianconi, rapaci che mangiano solo serpenti, morirebbe di sicuro di fame! Al lago di Toblino c’erano anche molte bisce d’acqua, oggi rare a vedersi".
I lupi degli Appennini sono già sconfinati in Francia e Svizzera: arriveranno anche qui?
"Credo di no: troppe strade e autostrade, troppi paesi e soprattutto troppi che sparano! Una decina d’anni fa, al tempo della guerra in Yugoslavia, mentre ero ad una festa campestre a Lagolo, incontrai l’attuale direttore del museo di scienze naturali, Lanzinger, e poco dopo si avvicinò per salutarmi un amico cacciatore. Li presentai e subito Lanzinger si raccomandò con lui perché i cacciatori rispettassero eventuali linci, orsi o sciacalli che, messi in fuga da quella guerra, avessero passato il confine fin ad arrivare qui. Disse: ‘Saranno una risorsa per tutto l’ambiente’, ma non finì la frase che l’altro lo interruppe con un deciso: ‘I copém!’ Questa la dice lunga sul clima che troverebbero qui".
Quindi, se dovesse apparire una lince, i cacciatori…
"...la farebbero fuori subito! Sono anni che non vedo neanche un gatto selvatico, figurati una lince! Un predatore del genere è inaccettabile per loro, attaccherebbe i caprioli, specie quelli piccoli. Pensa se ne capitasse qui una coppia: i caprioli sarebbero sempre in allarme e ancor più sospettosi. Niente deve disturbarli!"
E la gente che va nei boschi è cambiata?
"Eccettuato ferragosto, il periodo dei funghi e della caccia, non ce n’è molta per i boschi, questa è un’abitudine ormai andata persa. Non c’è più nessuno disposto a percorrere chilometri per osservare un nido, a passare pomeriggi interi per vedere un accoppiamento di caprioli, un corteggiamento tra gufi, il rincorrersi degli scoiattoli sugli alberi o magari niente! Qualcuno gira sui sentieri, ma non si allontana dalla traccia, sono persone che camminano in silenzio, che rispettano l’ambiente e si portano via l’immondizia. Io percorro spesso i Rostoni, passo sotto il Cornetto e l’Incisa, faccio il giro dei laghi, ma mi pare abbastanza pulito. La gente ha davvero maturato una nuova sensibilità".
Non c’è il pericolo che la gente nei boschi faccia familiarizzare troppo gli animali all’uomo e finisca con lo snaturarne la selvaticità?
"E’ un rischio. Se d’estate, dopo il tramonto, ti avvicini ai cestini della spazzatura vicino ai focolari, vedi un’incredibile viavai di volpi che strappano i sacchetti per frugarci dentro: cercano i resti delle grigliate, braciole, pane... Il mattino dopo arrivano i corvi a beccare il resto".
Ma perché la maggior parte della gente non vede quello che riesci a vedere tu?
"Se vieni in Bondone con uno sdraio e la radio per sentire le partite non vedi niente di sicuro. Bisogna camminare, conoscere i posti, valutare un rumore, un’orma, conoscere l’ora ideale per quell’animale: alcuni si scorgono soltanto di mattina, altri di sera, altri ancora solo di notte. Certuni poi si fanno vedere solo in certe stagioni ed ogni stagione offre il suo spettacolo, da quello degli amori a quello della nascita dei piccoli, da quello della caccia quando il bosco diventa muto a quello della prima nevicata. In maggio si sente il canto del gallo cedrone ed è facile vedere lepri in cerca di accoppiamento; a metà luglio si vedono i maschi dei caprioli lottare ed inseguirsi. Ci sono inseguimenti che iniziano sulle pendici di Cima Verde e finiscono dall’altra parte delle Viotte, ai Rostoni. Quest’estate mi è capitato di vedere due adulti inseguire un piccolo di un anno che voleva farsi largo.
Ci vuole tempo e passione per fare l’occhio a queste cose. Io ad esempio vado su quando se ne vanno gli altri, quelli delle braciolate, dei pic nic, delle partite a pallavolo. Troppe urla, rumore, fumo di barbecue, non si fa vedere nessuno, attendono impazienti che ce ne andiamo tutti: le volpi per mangiare i resti, i caprioli per uscire dal bosco, un rospo per attraversare un prato, i serpenti per catturare qualche topo rimasto fin lì rintanato nel suo buco.
E’ la natura che torna ai suoi ritmi".