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QT n. 15, 15 settembre 2001 Cover story

Rovereto, la città, le poltrone

Dopo l’incredibile sfregio alla figura dell’ex-sindaco Ballardini operata dall’attuale sindaco Maffei. I meriti storici di Rovereto Insieme, la sua crisi, le prospettive della città.

La Rovereto di questi anni sembra un po’ una gabbietta di matti, per gli osservatori esterni, con i continui litigi su cose irrilevanti. Ma l’ultima vicenda, con la trombatura dell’ex-sindaco Ballardini alla presidenza dell’Azienda Municipalizzata, ha assunto caratteristiche surreali per gli stessi roveretani. Anzi, per gli stessi protagonisti, i quali, intervistati, ci hanno spesso risposto "Non riesco a capire… non so rispondere… è difficile comprendere…"

In realtà, come vedremo, la vicenda è emblematica della crisi verticale di un’esperienza politica - l’unità della sinistra in Rovereto Insieme, diventata prima forza cittadina, e direttamente al governo con il sindaco Ballardini - che ha profondamente caratterizzato la vita roveretana. Di più, ha espresso alcuni indirizzi di fondo sullo sviluppo della città; indirizzi oggi messi in discussione, come conseguenza del penoso inaridirsi della forza politica che li ha espressi.

Rovereto Insieme, dicevamo, ha rappresentato, ben prima dell’Ulivo nazionale, il tentativo di unire la sinistra, e stringerla in un’alleanza strategica con la DC prima e la Margherita poi. L’esperienza, partita maluccio (subalternità all’allora sindaco democristiano Monti, incapacità di contrastare alcune pratiche dorotee), si è poi rafforzata dopo il crollo democristiano: Rovereto Insieme diventa il primo partito ed esprime il sindaco Bruno Ballardini, che avvia una legislatura imperniata su tre punti cardine per la città. Anzitutto sviluppo del meglio dell’esperienza di Monti, attraverso la fine dell’antagonismo litigioso con Trento e la ricerca di un rapporto di collaborazione tra le due città, e questo nei fatti: con la costituzione di realtà che mettono insieme i patrimoni delle due città, il Mart per quanto riguarda i patrimoni artistici, Trentino Servizi come fusione delle due aziende di servizi municipalizzate, la Sit e la Asm. Poi viene disegnato un ruolo per Rovereto come città che punta su cultura, istruzione e ricerca: quindi Polo museale, Università, ricerca in rapporto con l’importante realtà industriale. E infine il nuovo Piano Regolatore, grazie al quale si intende governare lo sviluppo urbano disegnando una città che si dinamicizzi riqualificandosi, recuperando aree dismesse e degradate, aumentando le cubature in un centro storico pedonalizzato, preservando e valorizzando l’insieme del territorio, aree agricole comprese. Il tutto in una visione di città "dolce", attenta ai disagi e alle emergenze sociali, dai nomadi ai portatori d’handicap.

Questa politica è portata avanti da un gruppo coeso: Rasera, Cossali, Dorigotti, Zadra, Fait, lo stesso Ballardini: l’intellighentzia roveretana, insomma, un gruppo di amici dai tempi del ’68 e anche prima.

Alle elezioni del 2000 Ballardini, per motivi personali, non ricandida ed indica come successore, il margheritino Maffei, che di poco la spunta sul rivale Zenatti (AN). Rovereto Insieme risulta, alla grande, il primo partito della città.

Con la nuova legislatura inizia, rapida, l’involuzione. Da una parte il gruppo amicale degli intellettuali roveretani viene visto come una cupola, un tappo, che blocca le possibilità degli altri esponenti della sinistra, i quarantenni neo-eletti. Dall’altra, il nuovo sindaco Maffei, tutt’altro che un burattino nelle mani della sinistra, gioca con disinvoltura una sua personale partita, agendo su un tasto caldo e dolente: le nomine negli enti.

[/a]E così si arriva al caso Ballardini. Per undici anni membro del consiglio d’amministrazione dell’Azienda Servizi Municipalizzati (società florida e importante, tanto più ora, con la fusione con la Sit e ulteriori compartecipazioni con società lombarde), al cui interno ha rivestito sempre un ruolo fortemente propulsivo, di primissimo piano nel definire e praticare la strategia dell’allargamento alle altre realtà, Ballardini è il candidato ideale, logico. Ma rifiuta, per gli stessi motivi per cui aveva rifiutato la rielezione a sindaco. E indica invece in Mario Battocchi, manager della Marangoni, un possibile presidente.

Ma anche Battocchi rifiuta, e Maffei torna alla carica da Ballardini. "A questo punto ho accettato, per puro spirito di servizio (per quel che può essere ancora credibile questo concetto ormai logorato) - ci dice l’ex-sindaco – Ma ad una condizione: che fossi l’unica nomina possibile, non un candidato a un posto."

Mario Cossali, segretario dei Ds roveretani. Perchè il siluro a Ballardini?

E invece Battocchi ci ripensa, e trova il pubblico appoggio del segretario dei DS Mario Cossali. Il capogruppo di Rovereto Insieme Maurizio Tomazzoni, assieme ad altri diessini, sottoscrive a quel punto una pubblica lettera di condanna della "voglia di poltrona" di Ballardini. E Maffei sceglie "il manager" Battocchi e scarta "il politico" Ballardini.

Insomma, l’immagine dell’ex-sindaco ne esce a pezzi: nei fatti dipinto (dai suoi, dal suo segretario, dal suo capogruppo, dal suo successore da lui designato) come un culo di pietra giustamente trombato.

Ma con l’immagine di Ballardini vanno a picco Rovereto Insieme e il centro-sinistra, che appaiono terra di scontri personali senza regole.

La degenerazione parte da un dato: il mancato ricambio generazionale, "il tappo", "la cupola" formata dal forte gruppo amicale che regge la sinistra roveretana da vent’anni. Raccontiamo un episodio, di una decina di anni fa. Nella sede dei DS si discuteva proprio di questo problema, dell’ingessamento del gruppo dirigente, delle lagnanze dei giovani che lamentavano mancanza di attenzione, di un minimo di comunicazione. Uno dei personaggi più prestigiosi dell’intellighenzia roveretana si alzò e disse: "E’ vero, ci dovrebbe essere ricambio, quello che faccio io nelle istituzioni sarebbe bene iniziasse a farlo anche qualcun altro. Però bisogna vedere che materiale umano abbiamo: e quando io guardo dietro di me – e si voltò fissando con sguardo gelido il fondo della sala – non vedo nessuno." Seduti in fondo c’erano due giovani, che frequentavano i DS di Rovereto proprio perché attratti dal fascino di quell’intellettualità: i due si fecero piccini piccini, raggelati nei loro giovanili entusiasmi. Erano Stefano Albergoni (futuro segretario provinciale dei DS) e Michele Guarda (in seguito testa d’uovo dello staff di Wanda Chiodi e Margherita Cogo).

E’ in questo clima che è avvenuto il passaggio di legislatura, con l’ingresso in Consiglio di nuovi eletti di Rovereto Insieme. Che si sono messi a rivendicare visibilità: "Siamo una generazione che non ha trovato spazi, che non è stata formata, che è stata lasciata a se stessa" - rivendica Tomazzoni, capogruppo dei peones di Rovereto Insieme.

E si sono posti in continua contrapposizione con l’operato della legislatura precedente e della giunta Ballardini.

A questo va aggiunto l’aggravarsi di un antico vizio: la mancanza di comunicazione, che procede di pari passo con il proliferare dei livelli (teorici) di decisione. Gli assessori non comunicano quello che fanno, il segretario dei DS non dice a nessuno delle sue iniziative, il capogruppo Tomazzoni fa interrogazioni e interviste alla stampa ignorando gli altri, la coordinatrice di Rovereto Insieme, Sandra Dorigotti, viene snobbata. E così ognuno lavora per conto suo, in competizione con gli altri. Con quale finalità, oltre alla propria visibilità?

Il fatto è che il progetto di città delineato da Ballardini incontra difficoltà, e di questo bisognerebbe occuparsi, se ci si tiene.

Per quieto vivere ci si era rifiutati di entrare in contrapposizione con alcuni centri burocratici. Ma i nodi vengono al pettine: una città che si vuole dinamica non può avere istituzioni-brontosauro. Il caso più clamoroso è il Mart: l’intellighenzia roveretana ha giocato come basilare la scommessa del nuovo Polo museale, mastodontico e multimiliardario; ma non ha avuto il coraggio di fare i conti con l’inadeguatezza della sua struttura e direzione; con il pericolo, oggi concretissimo, che il nuovo Museo faccia un clamoroso flop.

Così con la difficile partita per le facoltà universitarie. "L’amministrazione sembrava puntare su Scienze della Formazione - rileva Franco Rella, docente universitario a Venezia - ora invece si indirizza verso corsi (ingegneria, psicologia, informatica) che non hanno attinenza con l’attività del Polo museale. Sembra proprio che non ci sia un progetto per la città, ma una serie casuale di iniziative."

E ancora, la partita del Piano Regolatore. Verrà approvato quello di Cervellati-Bruschetti, anche perché le alternative sponsorizzate dal partito degli affari (la tangenziale-est, con corredo di espansione edilizia in collina) si sono dimostrate tecnicamente inconsistenti.

Però il piano viene continuamente delegittimato ("troppo conservativo" - è l’aggettivo più frequente) "e svuotato nella sua filosofia complessiva attraverso una serie di piccoli interventi, la cui somma però rischia di stravolgere il tutto" - rimarca Fabrizio Rasera, assessore alla cultura.

Insomma la sinistra (e tutta la coalizione), invischiata nei litigi sulle poltrone, rischia di dimenticare la città.

O forse viceversa: non c’è più tensione ideale, dibattito sul cosa fare, e allora si pensa solo al proprio piccolo spicchio di potere personale.

E’ un po’ la triste deriva dei DS nazionali e provinciali.

Non mancano i buoni propositi: "Dovremo ridiscutere i programmi dell’amministrazione all’interno di Rovereto Insieme, perché attualmente nessuno se ne sente corresponsabile. E poi rinegoziarli all’interno della coalizione" - afferma Rasera.

"Dopo la strage di New York abbiamo visto che chi semina vento raccoglie tempesta - ci telefona uno scosso Tomazzoni - Forse anch’io, nel mio piccolo ho contribuito in qualche misura a quel clima di rissa nella nostra coalizione. Dobbiamo correggere la rotta."