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Ocalan, il silenzio e il diritto

Il leader curdo, uscito dalle prime pagine, sta morendo di sfinimento, e intanto in venti carceri turche si attua lo sciopero della fame. Può questa Turchia entrare in Europa?

La Turchia vuole entrare in Europa, ma l’Europa non è entrata in Turchia. Questo paese moderno e sviluppato, che può competere sul piano economico e finanziario con gli altri paesi europei, è ancora al medio evo per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani e delle minoranze.

Ocalan è stato il simbolo della resistenza curda e del diritto all’auto determinazione del suo popolo, ma è passato come una meteora nei giornali e nelle televisioni mentre era in Italia, quando fu rapito in Kenia da agenti segreti turchi, e infine in occasione del suo processo conclusosi con la condanna a morte per impiccagione. Poi il silenzio. Di Ocalan i giornali non scrivono più una riga, né quelli che lo considerano un terrorista, né coloro che lo ritengono un Garibaldi curdo, combattente per la libertà del suo popolo.

Ora Ocalan sta morendo di sfinimento e di malattia nel carcere di Imrali, guardato a vista da 1000 soldati giorno e notte con una spesa di 30 miliardi all’anno. L’ipocrisia del potere ha sospeso ha sospeso la condanna a morte per impiccagione per compiacere gli appelli dell’Unione Europea, ma ora che l’onda emotiva è rifluita, il governo lascia morire lentamente Ocalan nell’isola di Imrali, isolato dal mondo e dalla sua famiglia. Continua a spendere 30 miliardi all’anno per sorvegliare il suo carcere e impedire che scappi, ma diminuisce le sue razioni di cibo e l’assistenza medica "Sono dimagrito e continuo a perdere peso. - ha detto Ocalan ai suoi avvocati - Le mie mani tremano... ora sto tra la vita e la morte".

L’Europa ha fatto molto rumore quando Ocalan è stato catturato e processato. E’ arrivata al punto di dire esplicitamente alla Turchia che non sarebbe entrata a far parte dell’Unione Europea se l’impiccagione di Ocalan non fosse stata sospesa. Quando ciò è accaduto, è sceso il silenzio (ma non su Ali Agcà, l’attentatore del Papa). Ipocrisia, ma soprattutto errore politico. All’Europa serve una Turchia democratica, che sia uno stato di diritto, in cui i magistrati non siano il braccio secolare del potere. La Costituzione europea deve essere fatta anche con la collaborazione della Turchia, considerata non come un corpo estraneo (eccezione che confermerebbe la regola), ma come uno stato membro a tutti gli effetti, rispettoso degli standard giuridici dell’Unione.

Non conosco le vie segrete della diplomazia, e non è da escludere che vi siano contatti riservati fra le parti, ma l’opinione pubblica non è informata. L’opinione pubblica europea, che è l’anima della democrazia, non sa più nulla di Ocalan e della sua sorte. Le notizie, rare e contraddittorie, che giungono per vie traverse non sono tranquillizzanti: né per Ocalan, né per la struttura giudiziaria turca. E’ filtrata in questi giorni in occidente la notizia che in venti carceri turche è in atto da mesi uno sciopero della fame da parte di migliaia di detenuti per richiamare l’attenzione dell’Europa e dell’America sul rispetto dei diritti umani. I detenuti che non partecipano al digiuno, solidarizzano con gli scioperanti e sono pronti a difenderli con le nude mani dalle forze speciali. Le teste di cuoio hanno fatto irruzione in alcune prigioni e 12 detenuti si sono bruciati vivi per protesta contro i loro metodi brutali. Non si riescono ad avere altri dettagli. I giornalisti trovano tutte le porte sbarrate, anche quelle del Ministero dell’(in) Giustizia. Si sa soltanto che la protesta continua e ad ogni irruzione delle forze speciali segue un massacro, ma si ignora il numero dei feriti, dei morti, dei detenuti stroncati dal digiuno.

Fino a quando i bavagli non verranno rimossi, fino a quando la Turchia non diventerà nei fatti uno stato di diritto, fino a quando non verrà risolta la tragedia del popolo curdo, la Turchia non potrà entrare in Europa. E’ un peccato, perché i Turchi sono un popolo giovane, laborioso, allegro, di grandi capacità tecniche e intellettuali, e l’Europa ne avrebbe solo vantaggi. Non solo di Ocalan quindi parliamo, il cui destino ci addolora come quello di tutti i detenuti turchi, ma parliamo di noi, di un’Europa che si costruisce sul diritto e non sul suo contrario. Sarebbe un orrore gravido di conseguenze, se la Turchia entrasse in Europa dopo la morte silenziosa di Ocalan. La delegazione del Parlamento europeo, che si accinge a partire par Ankara e avrà come scopo anche quello di visitare le carceri, deve far sentire la sua voce nel modo più energico possibile.

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