Chi cederà le armi, Trento o Bolzano?
L'assurdità sempre più clamorosa dei due micro-aeroporti in Regione. Ma quando non si tratta di imprese, ma di vacche da mungere...
Chissà se le recenti notizie sull’andamento dell’aeroporto di Bolzano serviranno una volta tanto a far imboccare la giusta strada a chi deve decidere per il futuro dello scalo trentino. Per ora i segnali non sono molto incoraggianti, ma è confortante pensare che siamo ancora in tempo e che anche i più zucconi alla fine ce la possono fare a capire: succedeva anche a scuola.
Bolzano dunque per ora va male: il bilancio a fine ‘99 ha chiuso con una perdita “contabile” di gestione di circa 2,4 miliardi di lire, che però, se si considera il contributo provinciale di oltre un miliardo, diventa una perdita effettiva di quasi 3,5 miliardi.
Non male ! Soprattutto se si pensa che il bilancio del primo anno è riferito a soli nove mesi di attività. Non male anche se si pensa che per la ristrutturazione dell’aeroporto sono stati intanto spesi 37 miliardi, 31 dei quali a carico della Provincia di Bolzano. Per l’anno in corso la ABD Airport Spa ipotizza che i passeggeri passeranno da 32.000 a 50.000; ma non sarà certo quest’incremento a risolvere i problemi gestionali: abbiamo infatti calcolato che, se esso sarà realizzato, i ricavi potranno aumentare di 370 milioni circa. Un’inezia a fronte del buco contabile. D’altra parte è ovvio che sia così, visto che dei soldi che un passeggero spende per viaggiare ben poca cosa resta all’aeroporto. Per questa strada il pareggio si può ipotizzare non con 50.000, ma con 200.000 passeggeri; con quali conseguenze in termini di numero di voli è facile immaginare.
Ma tutto questo non poteva non essere stato messo in conto dagli amministratori della società di gestione di quell’aeroporto: in caso contrario c’è da dubitare della loro intelligenza o buona fede. Per qualche anno (quanti? Questo è il vero dubbio da sciogliere) le cose non potevano che andare così e cioè con bilanci in perdita. Si faccia avanti chi conosce la storia di un aeroporto minore italiano che abbia chiuso rapidamente le sue perdite. Semmai la prassi vuole che in genere sia l’aeroporto a chiudere o a trasformarsi nella solita base per attività di aeroclub e similari. Non è questo dunque che deve meravigliare, quanto piuttosto che in crisi sia anche il rapporto con la Tyrolean Airways che da e per Bolzano effettua i voli. La denuncia della compagnia di voler abbandonare lo scalo, a sua volta a causa delle perdite accumulate finora, è assai grave e rischia di aggiungere problemi a problemi. Innanzitutto perché a questo punto non sarebbe per nulla facile sostituirla ed in ogni caso questo comporterebbe altre onerose concessioni alla Compagnia subentrante. In secondo luogo perché la crisi è venuta dopo un periodo troppo breve di attività (anche la Tyrolean deve aver messo in conto un periodo difficile di avviamento) e quindi è presumibile che la situazione sia più grave di quella che si vuole far sapere.
Infine perché, anche ammesso che bastino alla Tyrolean sei passeggeri in più al giorno sulla tratta Bolzano-Roma (ma, ripeto, c’è da dubitarne) come ha di recente dichiarato Durnwalder, in realtà nessuno sa a breve come trovarli, se non ipotizzando la solita eterna soluzione dell’ente pubblico che paga comunque alla Tyrolean dei biglietti per passeggeri fantasma.
Attenzione che non si tratta di un’operazione così assurda come potrebbe sembrare: avviene a volte, pur di convincere una compagnia ad iniziare ad operare da un certo aeroporto. Tutto bene se una società di capitali privati decide in tal senso per finanziare l’avviamento. Qualche dubbio bisogna porselo se i soldi sono pubblici.
Ma tornando ai sei passeggeri al giorno mancanti, a dire il vero l’idea di dove trovarli Durnwalder l’ha già avuta: basta chiedere aiuto ai trentini. La proposta è un chiaro invito a Trento a soprassedere sul discorso di un altro aeroporto commerciale a breve distanza da quello di Bolzano, e non è per niente una richiesta assurda, anche se è facile immaginare quali dei nostri avveduti politici locali saranno pronti a considerarla lesiva della nostra autonomia ed a bocciarla senza pietà.
Secondo noi vi è invece molto buon senso nella posizione dei vicini altoatesini: un buonsenso interessato magari, ma che se tornasse anche a vantaggio nostro, sarebbe ridicolo ignorare. Farsi del male per far loro dispetto?
Intanto è un dato di fatto che l’aeroporto a Bolzano ormai esiste e noi non possiamo più fingere che non sia così. Volenti o nolenti, i bacini di utenza si sovrappongono; basti pensare a come per gli abitanti del Trentino settentrionale sia indifferente o addirittura preferibile dirigersi a sud di Bolzano anziché a sud di Trento. Poi la considerazione ovvia, visti i dati, che per il momento i passeggeri non bastano. Inevitabilmente un nuovo aeroporto a Trento ritarderà di anni il raggiungimento del potenziale pareggio di quello di Bolzano ed a sua volta per Trento la vita, comunque dura, lo sarà ancora di più per la presenza appunto di uno scalo già operante a così breve distanza. Insomma, le due realtà rischierebbero di innescare una guerra per la sopravvivenza dalle conseguenze assai pesanti: o uno dei due alla fine cede le armi o entrambi vanno incontro a lunghi anni di pesanti perdite.
A questo punto la scelta sembra obbligata: dare a Bolzano il tempo di consolidarsi, verificare l’effettivo sviluppo di questo tipo di traffico nel tempo e solo dopo ripartire con l’ipotesi dello scalo commerciale anche a Trento.
Apparentemente semplice, purché la Provincia di Trento, attraverso la Società Caproni cui fa capo la gestione dell’attuale aeroporto di Mattarello, sia così brava da trovare soluzioni intelligenti per contenere, se non annullare, le tutt’altro che trascurabili perdite che il piccolo giocattolo riesce comunque a produrre.
Purtroppo però le avvisaglie sembrano di segno contrario. In questi giorni abbiamo avuto due fatti convergenti e significativi. Primo: la Provincia, di fronte al buco dei conti del Caproni, decide di aumentare il proprio contributo, altrimenti va tutto a gambe all’aria. Secondo: il Consiglio di Amministrazione del Caproni, e in particolare il suo presidente rag. Pizzinini, si aumentano gli emolumenti, in spregio ai più elementari principi della buona amministrazione.
Conclusione: il Caproni non è un’impresa, ma una vacca da mungere. Prossimi buchi plurimiliardari sono all’orizzonte.