Industrie eco-compatibili: sarebbe anche un affare. Invece...
In tutta Europa, ed anche nel vicino Alto Adige, ci si è resi conto che produrre con un maggior rispetto dell'ambiente è giusto, ma soprattutto vantaggioso. E si agisce di conseguenza. In Trentino le cose vanno altrimenti...
La questione della tutela ambientale è diventata, nel corso degli ultimi anni, una priorità nelle politiche delle amministrazioni, centrali e locali, che hanno fin qui ritenuto di poter affrontare il problema con norme sempre più numerose e stringenti verso le imprese
I risultati ottenuti, però, non soddisfano. E questo è sotto gli occhi di tutti. L’attuale sistema del "comando e controllo" infatti non funziona.
Il meccanismo è semplice e apparentemente efficace. Il comando sono le leggi che impongono alle imprese limiti e livelli di emissione, scarico e quant’altro, da non oltrepassare, mentre il controllo è l’attività di verifica del rispetto di tali limiti da parte della Pubblica Amministrazione.
Ma quando i comandi, cioè le leggi, diventano troppo fitti e complessi (e sicuramente oggi lo sono), adempiervi risulta impresa ardua, e anche l’attività di controllo dell’istituzione risulta sempre più difficile e spesso incompleta: e il meccanismo allora rischia di incepparsi.
Se infatti il controllore non è più capace di controllare come dovrebbe, non si può pretendere (anche se lo si dovrebbe) dalle aziende, che già non gradiscono troppo questi paletti, di essere responsabili e di obbedire.
E’ per questo che dalla metà degli anni Novanta si stanno studiando, a livello europeo e mondiale, sistemi alternativi a quello del comando e controllo.
Per conseguire risultati più efficaci sul fronte della tutela dell’ambiente si è pensato di capovolgere l’approccio al problema: non più imporre ed eventualmente reprimere, ma responsabilizzare le imprese.
Questo nuovo corso ha trovato concreta realizzazione, in ambito europeo, nel Regolamento Emas, e su scala mondiale nelle norme Iso 14001 (di cui parliamo nella scheda a pag. 15).
La novità dei due sistemi di gestione ambientale è evidente, e consiste nello spostare la prospettiva, partendo dal basso (attraverso il coinvolgimento propositivo dell’azienda) e non più dall’alto (con l’imposizione di norme e il successivo controllo dell’istituzione).
La filosofia delle norme Emas e Iso consiste cioè nel convincere gli imprenditori che il rispetto per l’ambiente può diventare un valore aggiunto da sfruttare, se non altro, come mezzo di marketing, di pubblicità per l’azienda.
Ecco allora che rifarsi ad una buona politica ambientale d’azienda conviene. Conviene perché l’impegno e i risultati vengono portati a conoscenza dei cittadini e dei clienti grazie alle certificazioni (mentre prima c’era molta disinformazione, per cui erano tutti, indistintamente, degli inquinatori); perché c’è un ritorno di immagine verso i clienti (un’impresa certificata dà di sé un’immagine senza dubbio più seria); e poi perché questa serietà, oltre che verso i consumatori, i clienti e i fornitori, è un ottimo biglietto da visita anche per le banche (più facilmente disposte a concedere crediti) e verso le assicurazioni (una migliore e più sicura organizzazione interna, che è il presupposto essenziale di ogni sistema di gestione ambientale, consente quasi sempre all’azienda di spuntare poi premi assicurativi più convenienti).
Per non parlare poi degli effetti diretti: la gestione più oculata nell’uso dell’acqua, dell’energia elettrica, il riciclo dei rifiuti, la riduzione dei materiali che finiscono nelle discariche, il riciclo della carta, si traducono a fine anno in molti soldi risparmiati in bilancio, denari che possono essere utilmente rinvestiti.
A quanto pare, dunque, certificarsi è un affare.
Ma allora, vien da chiedersi, perché in Trentino, a fronte invece di una tendenza a livello europeo e mondiale che porta sempre più imprese a certificarsi, abbiamo solo tre aziende che si sono dotate di un sistema di gestione ambientale?
Le risposte vanno ricercate su più fronti.
In primo luogo nella disinformazione degli imprenditori. L’Associazione industriali ha recentemente organizzato una conferenza sul tema, invitando, tra i relatori, anche due esponenti dell’Agenzia per l’ambiente di Bolzano, dove il sistema delle certificazioni (come risulta dalla tabella) è già ben avviato. Durante l’intervento introduttivo, il relatore ha ammesso che l’incontro era stato organizzato soprattutto per avvicinare al tema delle certificazioni gli industriali trentini, visto che per lo più ne ignoravano addirittura l’esistenza. Se lo dice l’Associazione degli industriali, noi non possiamo che crederci.
Ma, e qui passiamo al secondo aspetto, non v’è dubbio che si stia scontando un certo ritardo anche da parte dell’istituzione, in particolare nel dare spazio e pubblicità all’iniziativa.
La neo-assessora all’ambiente Iva Berasi ci ha detto: "In effetti sul tema delle certificazioni siamo ancora indietro, rispetto agli altri paesi europei, ma anche rispetto alla provincia di Bolzano. La questione delle certificazioni è comunque una priorità essenziale del piano trimestrale sull’ambiente che stiamo mettendo in cantiere. Ma dobbiamo prima recepire una legge che chiarisca la materia e che ponga i presupposti per gli interventi successivi. Di lì potremo predisporre delle misure concrete, che saranno non solo consulenze tecniche, ma anche incentivi finanziari alle imprese che decideranno di certificarsi".
Questo intento ci è stato ribadito anche da Roberto Boso, direttore dell’Agenzia provinciale per l’ambiente: "Perché i sistemi volontari di certificazione ambientale abbiano successo è indispensabile che l’istituzione li favorisca".
Le tre aziende provinciali certificate (Sony di Rovereto, Dana di Arco e Cartiera di Carmignano) chiedono proprio questo all’amministrazione, cioè che gli sforzi economico-organizzativi che hanno sostenuto siano in parte riconosciuti. Come? Ad esempio semplificando le procedure amministrative e i controlli e riducendo le sanzioni; ma anche privilegiando nelle gare d’appalto le imprese certificate o creando corsie preferenziali per tali imprese nell’accesso a contributi o finanziamenti provinciali.
Queste misure si rivelano indispensabili per incentivare le industrie alla certificazione ambientale. Lo hanno ben compreso in Germania, dove il governo ha messo in pratica alcune di queste iniziative: il risultato è stato un autentico boom nel numero di certificazioni ottenute dalle imprese.
Chi ha rapporti d’affari oggi con la Germania (e l’industria trentina di certo ne ha molti) si vede richiedere sempre più spesso una certificazione ambientale. Tra due fornitori di un’impresa che applica un sistema di gestione ambientale, a parità di convenienza, viene sempre preferito quello certificato.
Come si vede, dunque, è un sistema a cascata, che coinvolge produzione, fornitura e distribuzione.
Ed è evidente che più si ritarda nel far proprio tale sistema, maggiori sono i rischi di venirne esclusi.
Non si comprende dunque la sottovalutazione generalizzata della questione da parte degli operatori economici trentini, delle istituzioni preposte, ma anche del sindacato.
L’applicazione di un sistema di gestione ambientale infatti ha ricadute anche sul lavoro giornaliero degli operai. Nel senso che una riorganizzazione dell’attività secondo standard prestabiliti di sicurezza e qualità dell’ambiente di lavoro, si traduce in condizioni lavorative migliori, più sane ed efficienti.
Ci siamo allora rivolti alla Cgil, per capire la posizione del sindacato rispetto a questi temi. Abbiamo parlato col responsabile ambiente, che ha candidamente ammesso di non conoscere un granché la questione, dichiarandosi comunque interessato ad approfondire le misure che vanno nella direzione del miglioramento delle condizioni dei lavoratori.
Apprezziamo la disponibilità e l’interesse, ma ci sembra un po’ poco.
Ci pare che siano state colte da pochi le potenzialità del sistema delle certificazioni ambientali volontarie. Quando invece in tutto il mondo, e senza andare troppo lontano (in Alto Adige), il sistema è già ben avviato e con prospettive e risultati del tutto convincenti. Sia per le imprese, che adottano le politiche ambientali come strumenti di marketing (in modo forse eticamente poco nobile, ma come si dice, il fine giustifica i mezzi...). E sia per l’istituzione, che può in tal modo limitare efficacemente i controlli allo stretto necessario, visto che sono le stesse aziende, attraverso gli enti di certificazione indipendenti, che si autoverificano.
I benefici alla collettività poi vengono da sè.