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Gelli e Craxi, i precursori

Chi sono i maestri ai quali si ispirano Berlusconi e gli altri aspiranti riformatori della giustizia?

E se stessero per farcela? Ricordo l'inquieto stupore da cui fui colto or sono vent'anni, quando da deputato socialista frequentavo Montecitorio e mi sentii dire per la prima volta da un collega di gruppo che "questi magistrati hanno troppo potere". L'opinione di per sé, al tempo del processo inquisitorio, se riferita ai pubblici ministeri poteva avere anche un qualche fondamento. Ma la stizza acrimoniosa con cui mi fu manifestata tradiva un movente privato, un coinvolgimento emotivo piuttosto sospetto. Poi, in occasione di altri conversari, ebbi modo di constatare che era condivisa anche da altri "compagni " del gruppo, e quindi intuii che essa era il nucleo originario di una consapevole elaborazione teorica che stava maturando ai vertici del partito. Ed infatti ecco che poco dopo Federico Mancini, illustre professore di Diritto all'Università di Bologna, espose pubblicamente una sua proposta di separare il pubblico ministero dalla magistratura giudicante e di porlo alle dipendenze del ministro di Grazia e Giustizia, cioè del governo e del potere politico. Ricordo di avere sostenuto con lui una accesa discussione all'argomento, un venerdì che, tornando da Roma verso casa, lo incontrai sul treno che anch'egli usava per raggiungere Bologna.

Federico Mancini è il personaggio che Bettino Craxi per ben cinque volte candidò alla Corte Costituzionale ma che non fu mai votato dal Parlamento (vi fu eletto infine Ettore Gallo), e che poi, come premio di consolazione, il segretario del Psi collocò all'Alta Corte della Comunità Europea.

Il progetto che Federico Mancini aveva concepito per conto del leader socialista trovò un coincidente riscontro nelle carte della P2 di Licio Gelli, secondo il quale era necessario limitare, addirittura abolire, l'autonomia della magistratura inquirente.

La campagna contro il PM viene dunque assai da lontano. Fu concepita in via preventiva ancora all'alba di Tangentopoli, ed occupava un posto di assoluto riguardo nella strategia eversiva di Licio Gelli. E' curioso scoprire che anche per l'esule di Hammamet ed il pregiudicato aretino i loro progetti riformatori sulla giustizia si intrecciano con -forse presagiti- interessi personali. Appunto, esattamente come per Silvio Berlusconi.

Naturalmente l'interesse di così illustri personaggi è ammantato dal principio liberal-democratico delle garanzie di libertà che spettano al cittadino presunto innocente. La conduzione della campagna è affidata a persone altamente dotate di abilità suggestive, come Sgarbi e Ferrara, come Pecorella e Taormina. Si avvale di ogni pretesto, anche del tutto infondato, o di qualche isolato, inevitabile errore per gonfiare sui mezzi di comunicazione scandali clamorosi per intaccare l'immagine dei PM. Discredito facile da diffondere presso la pubblica opinione, perché si inscrive in una situazione generale del sistema giustizia che è impossibile difendere, anche se per cause del tutto estranee ai pubblici ministeri.

Così se il magistrato cagliaritano Lombardini si toglie la vita, Caselli che lo ha interrogato diventa un assassino. Se il PM che ha ottenuto la liberazione della Sgarella prospettando ad un detenuto la possibilità, prevista dalla legge, di migliorare il suo stato se avesse collaborato a far rilasciare l'ostaggio, si denuncia la vergogna di un PM che tratta con un criminale. Se i PM di Roma, per indurre la teste Alletto a compiere il suo dovere di dire la verità, usano metodi pressanti, persino il Presidente del Consiglio si indigna, ignorando che ciò che conta è quello che il teste dice nel pubblico dibattimento con tutte le garanzie di pubblicità e contraddittorio, e che quindi si deve ritenere che ciò che ha detto al processo sia la verità, mentre ai PM aveva detto il falso perché indottavi dalla ben più efficace pressione di chi voleva che la verità restasse nascosta.

Anche la Chiesa, nella persona del cardinal Ruini, attacca il PM di Lagonegro per l'indagine sul suo collega Giordano.

Se aggiungiamo infine il direttore del coro, il capo dell'opposizione, che si dedica solo a questo impegno, l'assedio all'indipendenza dei PM è completo.

Che stiano per farcela?

E' possibile che l'ultima bozza Boato prefiguri un sistema giustizia in cui le sentenze siano decise dal sangue di San Gennaro?