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Nessun sconto sulla giustizia

Berlusconi e la giustizia: un terreno su cui l'opposizione può essere solo intransigente.

Reanto Ballardini

La stizza di Diliberto con Rutelli perché non si è presentato al Congresso di Bellaria. La trascuratezza di Rutelli che ha organizzato i suoi impegni posponendo ad altri il suo appuntamento con il congresso del partito di Cossutta. Bertinotti che, anche quando dice cose intelligenti, le scaglia soprattutto contro l’altra sinistra.

Di Pietro, che dovrebbe essere il simbolo di una resistenza comune a difesa dell’indipendenza dei magistrati, si isola in una castissima solitudine ma, appunto, infeconda. I Verdi, compiaciuti in una identità preziosa, ma desolatamente insufficiente. La Margherita piuttosto evanescente, e con i bordi sfumati dall’inquieto Mastella. Lo SDI, i laburisti e tutta la nebulosa prodotta dallo scoppio del PSI, afflitti da un travaglio fra una difficile nuova allocazione e persistenti vecchi risentimenti, che nella disputa familiare fra Bobo e Stefania trova una penosa parodistica rappresentazione. I DS che al congresso di Pesaro ci hanno annunciato la grande novità di essere diventati un partito socialdemocratico, come se già prima non lo fossero, addirittura fin dai tempi in cui usurpavano il nome di partito comunista, posto che, a differenza di quello sovietico, non avevano fatto la rivoluzione ed al contrario, esattamente come i partiti socialdemocratici europei, gestivano cooperative, dirigevano un forte sindacato, amministravano comuni, province e regioni. I movimenti dei noglobal e degli studenti, autonome espressioni della società, che propugnano valori e contrastano progetti, ma che esigono una coerente risposta politica. Questo è, in un affresco impietoso, la sinistra di oggi, in tutte le sue sfumature che, come è inevitabile che sia, trascolorano dal rosso vivo al rosa tenue, al verde fino al bianco fiore. Neanche l’opposizione, sebbene siano passati già sette mesi dalla vittoria della destra, è valsa a compattarla.

E tuttavia qualcosa comincia a muoversi nella giusta direzione.

Il tentativo del governo di scardinare, con l’erosione dell’articolo 18 dello Statuto, i diritti dei lavoratori ha ricomposto in unità i sindacati, anche se la risposta è stata piuttosto prudente e fino ad oggi non ancora risolutiva.

Le scandalose dichiarazioni del sottosegretario Taormina contro i magistrati hanno provocato una energica reazione di tutta l’opposizione che ha portato alla sua destituzione. Per gli stessi motivi però bisognerebbe proporre la sfiducia anche contro il ministro di giustizia ed ancor più verso il capo del governo, per ciò che assai più e di peggio di Taormina hanno dichiarato sull’argomento.

Anche la incredibile vicenda del mandato di cattura europeo, con la indecorosa posizione del governo che la successiva penosa retromarcia non ha cancellato, è un successo di una opposizione unita, facilitato per la verità dal provvidenziale ausilio dei quattordici stati dell’’Europa democratica. I cui governanti, allibiti, hanno dovuto ascoltare un delirante sproloquio del Berlusconi che li ammoniva a guardarsi dai giudici giacobini che imperversano per l’Europa.

Io credo che il personaggio ci aiuti. Aveva fatto troppe promesse in campagna elettorale, che non mantiene e non potrà mantenere. E’ stato invece impressionante l’impeto con cui ha messo mano a sistemare le sue faccende giudiziarie. Una maggioranza parlamentare così supinamente prona agli interessi del premier e dei suoi soci, così docile alla guida dei suoi avvocati-parlamentari, era davvero inimmaginabile. Ed è appunto la giustizia il suo tallone di Achille, il suo nervo scoperto. E’ qui che bisogna attenderlo al varco. Non solo perché è un terreno sul quale può cadere, ma soprattutto perché l’indipendenza della magistratura è una questione vitale per salvare l’integrità del nostro ordinamento democratico. E quindi su questo punto non si deve aiutarlo.

E’ scontato che la giustizia abbia bisogno di interventi migliorativi. Ma come si può pensare di poterli tentare con chi dichiara esplicitamente di voler consegnare di fatto al governo ed alla maggioranza parlamentare il potere di indagine e di accusa? Il programma proposto da Castelli e approvato dalla maggioranza del Senato prevede: di sottrarre al P.M. la direzione della polizia giudiziaria; la separazione della carriera dei pubblici ministeri da quella dei giudici; la prerogativa del Parlamento di fissare la priorità dei reati da perseguire. Con chi cova simili propositi non c’è possibilità di dialogo. Non resta che una opposizione intransigente ed una mobilitazione della coscienza civile della nazione.

Domando a tutti i soggetti della sinistra che senso abbia cincischiarsi in dispute sul partito unico o sulla confederazione, nel momento in cui sta passando una metamorfosi del nostro ordinamento che, nelle forme tipiche della società dell’informazione, va assumendo i connotati del regime.