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Nuovo protagonismo o acqua calda?

Nuovo protagonismo o acqua calda?

Commenti entusiasti e/o compunti da parte dei quotidiani; sberleffi da alcuni politici, "700 milioni per scoprire l'acqua calda" è stata l'icastica replica di un incazzato Andreotti. Reazioni estreme quindi, al convegno "Oltre il 2000" organizzato dalla Confindustria trentina. Noi invece non condividiamo ne l'entusiasmo degli uni, ne il disprezzo (interessato) degli altri.

In realtà l'operazione del presidente degli industriali Zobele -un impegnativo momento di dibattito, su cui investire per far passare un nuovo modo di essere degli imprenditori trentini- non può che essere valutata positivamente. Fin dall'ingresso nell'Auditorium, l'evidente grandiosità della macchina organizzativa (peraltro perfetta, e i 700 milioni aiutano, ma da soli non sarebbero bastati), i tantissimi relatori, i nomi di richiamo nazionale, erano essi stessi un messaggio.

Probabilmente rivolto, prima che ai tanti interlocutori presenti sulle poltroncine, alla categoria stessa, al piccolo industriale trentino: siamo importanti, decisivi nella società, dobbiamo essere orgogliosi; e dobbiamo cambiare noi stessi, per poter cambiare il Trentino.

Messaggio certo impegnativo. E la cui lungimiranza risaltava, in confronto ai discorsi delle star arrivate in aereo personale: un Romiti piuttosto opaco; e soprattutto un Fossa tutto chiuso in un ristretto rivendicazionismo di categoria, un gretto lamentarsi del governo per avere di più, quasi fosse il segretario dei tabaccai di Vicenza, e non il presidente della Confindustria nazionale.

Il disegno -e anche le rivendicazioni di Zobele- pur innervate nel piccolo Trentino, avevano invece ben altro respiro. Siamo stati la piccola isola felice -questo il succo- ma non potremo più esserlo; anche noi ci siamo cullati al tepore delle politiche dei contributi, e non potremo più farlo; dobbiamo tutti cambiare; ma ahimè chi dovrebbe pilotare il cambiamento -il mondo della politica- non lo fa, si gingilla con altro, anzi non è in grado di attuare nemmeno minimali cambiamenti al suo interno.

A questo punto il messaggio si rivolge all'esterno, alle altre categorie, alla società: perché premano affinché la politica si rinnovi; e perché l'aiutino in questo percorso, fornendo una supplenza, presentando progetti.

Ci sembra un discorso alto e nobile: che vede i pericoli del perdurare dell'eredità dorotea, denuncia l'attuale immobilismo, e ne sollecita il superamento attraverso un percorso di crescita, di maturazione della società.

Discorso condivisibile quindi; ma che poi -dispiace dirlo- stenta a trovare gambe, sembra arenarsi quando poi arriva alla traduzione pratica.

Innanzitutto perché sembra vistosamente mancare un modello sociale di riferimento, alternativo al superato doroteismo trentino. Quando i tanti consulenti, relatori ecc, sanno solo tessere le lodi del vicino Nord-Est, è inevitabile la reazione; "Ma come, tutto qua quello che sapete proporci? Un modello basato sul lavoro nero, l'evasione contributiva, la bassa istruzione, il disprezzo per l'ambiente, l'autosfruttamento di gente che lavora 350 giorni all'anno?" è stata la replica del sindacalista Dorigatti. Ed era la domanda che in tanti si ponevano: insomma, dobbiamo per forza stare peggio?

E le perplessità sono aumentate quando si è passati al concreto, quando Zobele ha enunciato i quattro problemi nodali che il Trentino si trova ad affrontare, e la discussione si è fatta più serra ta. "Valorizzazione del territorio" è uno dei punti: "bisogna superare la logica dei vincoli per tradurre l'ambiente in opportunità" ci viene spiegato (e iniziamo a diffidare); e l'asino casca quando tutto finisce con il richiedere ("Infrastrutture e Mobilità") le solite asfaltature, terza corsia e PiRuBi. Nonostante i ben noti vincoli (la terza corsia non può andare oltre Salorno, l'Europa spinge per la rotaia, non ci sono soldi per fare tutto) e nonostante gli esiti di un sondaggio commissionato dagli Industriali e presentato allo stesso convegno (i Trentino relegano la terza corsia e la Valdastico al penultimo e all'ultimo posto nelle priorità delle opere da intraprendere) ci si ostina a spingere per questi bolsi progetti, in vista di commesse pubbliche senza senso, che sanno tanto di vecchia politica e vecchia imprenditoria.

E ancora, altro punto nodale, "Società ed Istituzioni" ossia il pianeta della politica e della pubblica amministrazione. Ma anche qui cascano le braccia quando la più importante richiesta non è una strategia per portare il Trentino in Europa, ma è la banale "semplificazione normativa", "il mare di carte e di adempimenti burocratici" che sarà anche un problema vero, ma è piccolino. Solo due anni fa le categorie economiche (Industriali in testa) spingevano perché la politica si riformasse, iniziando dalla legge elettorale che doveva essere maggioritaria, per avere un governo stabile e responsabile: oggi, cassata la riforma elettorale, si fa finta di niente, e ci si riduce a chiedere di avere qualche modulo in meno da compilare. Anzi, Zobele nei giorni successivi al convegno, fa di peggio: di fronte agli attacchi del Patt, che giustamente si sente colpito dagli attacchi all'immobilismo del governo provinciale, Zobele rettifica con un "è tutta la classe politica, non solo il Patt, ad essere responsabile" riformatori e conservatori sullo stesso piano: posizione qualunquista e in fondo imbelle, abbiamo paura a distinguere e denunciare, e allora accontentiamoci di chiedere che ci facciano riempire qualche carta in meno.

Conclusione? Ognuno è ovvio ha i politici che si merita. Ma d'altra parte i pur vistosi sbandamenti di cui sopra, non ci devono far dimenticare l'evidente tensione verso il cambiamento, sia da parte della dirigenza, sia da parte della platea di industriali trentini. Tensione non solo ideale, ma dovuta alle pressanti sollecitazioni della realtà economica. E che quindi non potrà facilmente essere accantonata.