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QT n. 1, gennaio 2009 Servizi

La terra dei veleni

Da Mezzolombardo a Roncegno, da Sardagna a Tenno: storie di inquinamento e traffici oscuri.

Imprenditori rapaci, ispettori ambientali superficiali, dirigenti provinciali ambigui. E sullo sfondo i rifiuti, una montagna di rifiuti. I retroscena dell’inchiesta "Tridentum" condotta dal procuratore Stefano Dragone e dalla pm Alessandra Liverani e relativa allo smaltimento illegale di rifiuti pericolosi presso la discarica di Marter nel comune di Roncegno, hanno aperto un vaso di Pandora, da cui sono usciti i demoni di una disastrosa gestione della protezione ambientale.

La Sativa srl, l’azienda di Simone Gosetti. (foto tratta da www.confindustria.tn.it)

Eppure l’inchiesta giudiziaria di Marter non è un caso isolato e per essere ben compresa, anche nelle sue implicazioni politiche, deve essere inserita in una storia che comincia quasi un anno fa in piana rotaliana.

Mezzolombardo

Nel febbraio 2008 alcuni operai della Europa Steel di Mezzolombardo, un’azienda del gruppo Acciaierie Venete spa, denunciano al sindacato l’operato della propria industria, accusata di sversare liquidi melmosi e maleodoranti nel terreno dietro lo stabilimento.

A giugno la Cgil, in accordo con la Uil, decide di far presente la questione all’Agenzia Provinciale per la Protezione dell’Ambiente (Appa), ed invia una lettera scritta invitando gli ispettori dell’Agenzia a non riferire all’azienda l’origine della denuncia per evitare eventuali ritorsioni sui lavoratori. L’Appa risponde di stare tranquilli, l’anonimato lo deve garantire d’ufficio, e assicura il proprio intervento. Il 24 luglio gli ispettori fanno visita all’Europa Steel e a questo punto accade qualcosa di strano: la trattativa per il rinnovo del contratto degli operai viene improvvisamente sospesa da parte dell’azienda. I sindacalisti, sorpresi per questo repentino dietrofront, scoprono che i dirigenti di Europa Steel sono entrati in possesso della lettera inviata dai sindacati all’Appa e, di conseguenza, hanno deciso di sospendere ogni trattativa sul contratto come forma di ritorsione nei confronti dei lavoratori che hanno denunciato il danno ambientale. Si viene a sapere in seguito che la rivelazione era stata fatta proprio dall’Appa "per errore".

Nel frattempo il clima in fabbrica diventa insopportabile e nasce una vera e propria caccia all’uomo per individuare con precisione l’identità degli operai rivoltisi ai sindacati. A farne le spese per tutti è il delegato Cgil Luigi Campagna, che dopo essere stato demansionato dal suo ruolo con conseguente riduzione dello stipendio, viene licenziato con l’accusa di insubordinazione. A questo punto le diverse sigle sindacali decidono di iniziare la lotta che, dopo momenti di alta tensione, ha esito positivo nel settembre con la riassunzione al suo posto di Campagna.

La questione ambientale non è del tutto chiusa, perché alla fine di luglio accade un altro fatto strano. Il giorno successivo alla visita degli ispettori dell’Appa, infatti, l’Europa Steel si autodenuncia al comune di Mezzolombardo, sostenendo che in occasione di lavori di manutenzione straordinaria sarebbe colato nel terreno dell’olio, costringendo l’azienda a dei lavori di scavo per evitare la propagazione dell’inquinamento. Lavori di scavo che, guarda caso, vengono realizzati proprio sul terreno incriminato.

Conclusione: gli operai che, per senso civico, hanno denunciato lo sversamento, hanno rischiato grosso, proprio per la "sbadataggine" dell’ente pubblico Appa, e solo la loro solidarietà ha impedito che sortissero singole gravi conseguenze. L’impresa sospetta di inquinare sembra invece tranquilla: ad oggi non è ancora dato sapere cosa sia stato scoperto in quel terreno dagli ispettori dell’Appa. Contro questo andazzo, anzi specificamente contro questo comportamento dell’Appa, in tutte le aziende metalmeccaniche del Trentino si è tenuto lunedì 3 novembre uno sciopero di un’ora. Insomma: la salute pubblica viene tutelata più dai lavoratori (con conseguenti rischi e costi personali) che non dall’ente pubblico formalmente a ciò preposto. Una vergogna.

Roncegno

Dopo il prologo in rotaliana scoppia a dicembre l’inchiesta sugli scarichi abusivi presso l’ex cava di Monte Zaccon di Marter, nel comune di Roncegno, adibita ufficialmente a deposito di materiale inerte. Secondo la procura in discarica sarebbero finite 123 mila tonnellate di rifiuti pericolosi, anche cancerogeni, provenienti da numerose industrie del nord Italia (acciaierie e cartiere soprattutto) e da siti di bonifica di terreni inquinati (come ad esempio il terreno Star Oil, ex deposito petrolifero della Esso, di Trento nord).

L’indagine dei magistrati parte su segnalazione di alcuni cittadini di Roncegno, insospettiti dall’insolito traffico di camion in direzione della discarica e soprattutto dal terribile odore proveniente dall’ex cava. La procura, dopo 11 mesi di indagini supportate dai forestali di Vicenza e non da quelli trentini tenuti in disparte, chiede l’arresto di otto persone, tra cui il titolare della cava e dell’azienda "Ripristini Valsugana" Simone Gosetti. Assieme a Gosetti finiscono indagati anche i responsabili di un laboratorio d’analisi bresciano che forniva falsi certificati di conformità dei rifiuti depositati nell’ex cava.

L’inchiesta fa scricchiolare la sedia del dirigente del Servizio Politiche di Gestione Rifiuti della Provincia, Giovanni Gardelli, intercettato dagli inquirenti in numerose telefonate con Gosetti che gli avrebbe chiesto una sorta di trattamento di favore nei controlli, evitando di inviare a Marter "un talebano", cioè un ispettore troppo scrupoloso. Anche in questo caso l’Appa sale sul banco degli imputati perché, pur avendo mandato i suoi ispettori a Roncegno e pur avendo riscontrato una situazione anomala, non ha più monitorato la situazione.

Sardagna e gli altri

Il "caso Marter" è solo la punta dell’iceberg di un’indagine che sconvolge il Trentino e che, magicamente, mette in luce altri casi potenzialmente analoghi. Diversi operai della discarica di Sardagna nel comune di Trento hanno denunciato al sindacato i loro timori rispetto ai forti odori di idrocarburi provenienti dai cumuli di rifiuti presenti in discarica. Il sospetto è che anche qui tra quegli inerti ci siano i depositi provenienti dai terreni inquinati dell’ex Star Oil (idrocarburi, appunto, e metalli pesanti).

Sono tornate d’attualità, nel frattempo, anche altre due questioni ambientali scottanti, quali la discarica di Tenno nell’Alto Garda (oggetto delle attenzioni di un inspiegabile numero di camion coperti che depositano quotidianamente non meglio precisati rifiuti) e l’acciaieria di Borgo Valsugana, sospettata di emettere sostanze velenose, in barba ai controlli provinciali.

Gli intrecci

Una domanda a questo punto è doverosa: siamo di fronte a singoli casi indipendenti l’uno dall’altro o è possibile tracciare un filo rosso comune tra questi episodi? Alcuni elementi gettano una luce sinistra sul rapporto, mai facile, tra industria, potere politico e benessere collettivo. Ad esempio, è singolare che uno degli arrestati nella vicenda di Marter, con l’accusa di falsificazione di documenti, sia Christian Frelich, responsabile sicurezza delle Acciaierie Venete spa, ovvero dell’azienda proprietaria di Europa Steel, la protagonista della prima vicenda raccontata.

È altrettanto singolare che Simone Gosetti, oltre a gestire la discarica di Roncegno, sia anche titolare della discarica di Sardagna e che in entrambe probabilmente siano stati depositati i terreni impregnati di idrocarburi provenienti da Trento nord dell’ex Star Oil.

Rimane, infine, da capire cosa abbia effettivamente fatto, o non fatto, l’ente deputato alla protezione dell’ambiente, cioè l’Appa. Il direttore Fabio Berlanda assicura che l’Agenzia ha sempre svolto il suo dovere, anche se l’impressione è che lo abbia svolto all’acqua di rose, senza la dovuta attenzione. E che adesso la bomba le stia scoppiando in mano. D’altra parte un’Appa diligente ai dettami di piazza Dante era proprio quello che volevano Dellai e l’ex assessore all’ambiente Gilmozzi. Assessore che non è mai intervenuto a garantire una copertura di personale adeguata, tanto che ora come ora l’Appa conta soltanto nove ispettori (di cui uno part-time) per il controllo di acqua, aria e suolo su tutto il territorio provinciale. Non ha ragione di lamentarsi, allora, Dellai quando qualcuno provocatoriamente propone l’esternalizzazione dell’Appa, togliendola al controllo della Provincia, che forse è venuta meno al suo dovere di tutela del territorio e dei suo abitanti, a vantaggio degli interessi privati di alcuni industriali.

Il tema non è affatto secondario, tra l’altro, se lo inseriamo in quello più ampio delle politiche economico-ambientali della nuova legislatura. In questo fosco orizzonte di traffici illeciti, ad esempio, la futura presenza dell’inceneritore di Trento rischia di diventare un invito a nozze per gli appetiti di meschini imprenditori alla prese con rifiuti scomodi e dall’elevato costo di smaltimento.

Chi vigilerà sulla nostra salute? Chi controllerà il controllore?