Eredi di schiavi ribelli
Brasile: dalle lotte degli schiavi al movimento dei Sem terra, una realtà di 600.000 famiglie di contadini poveri organizzate in migliaia di accampamenti. Da “Una Città”, mensile di Forlì.
Il sistema agrario brasiliano è stato fondato sin dall'inizio sul latifondo a monocultura, dapprima per la coltivazione dello zucchero e, a partire dall’Ottocento, per quella del caffè. In una prima fase la forza lavoro prevalente è stata la manodopera locale: gli indios delle tribù autoctone, che erano nomadi, indisciplinati, bellicosi e soprattutto diminuivano rapidamente di numero a causa delle epidemie portate dagli europei. Così i latifondisti si rivolsero al mercato degli schiavi deportati dall’Africa: una storia di sfruttamento disumano durata poco meno di quattro secoli. Le fughe dei lavoratori africani dalle piantagioni portavano alla fondazione dei quilombos, comunità di ex-schiavi che potevano sopravvivere anche per molti anni. La storia quasi centenaria del quilombo di Palmares nel nordest del paese è la più famosa, ma ve ne furono parecchie altre anche nel centro e nel sud; ancora oggi vi sono più di 1.500 comunità quilombolas eredi dei villaggi costruiti in passato dagli schiavi fuggitivi. Naturalmente fu una guerra spietata. I capitães de mata, i comandanti delle milizie incaricate della distruzione dei quilombos, ritornavano dalle loro spedizioni con migliaia di orecchie mozzate a dimostrazione di un lavoro condotto a buon fine. Chi riusciva a sfuggire ai massacri si rifugiava ancor più profondamente nella foresta e costruiva altri villaggi più piccoli e così via. Quando il lavoro schiavistico cominciò a declinare si dovette ricorrere alla manodopera dei migranti europei.
Il Brasile è stato uno degli ultimi paesi ad abolire la schiavitù, nel 1888. Ma il passaggio tra i due regimi avvenne gradualmente e per quasi quarant’anni, dal 1850 al 1888, gli immigrati dalla Svizzera e dalla Germania, formalmente liberi, lavorarono nelle piantagioni di caffè dello stato di São Paulo fianco a fianco con gli schiavi africani, con una disciplina che non faceva molte distinzioni tra i due gruppi.
Così, poco alla volta, al lavoro schiavizzato si sostituì quello salariato e i conflitti si spostarono sul terreno delle lotte sindacali. Possiamo far risalire le origini dei moderni sindacati dei contadini agli anni Trenta del secolo scorso, nello stesso periodo in cui si diffusero nel paese le formazioni politiche della sinistra, legate alla tradizione dell’umanesimo socialista e del comunismo di matrice europea. Le lotte contadine, con le prime occupazioni dei latifondi privati e del demanio e con la richiesta di una riforma agraria, cominciarono a essere intense negli anni '50 e secondo alcuni dei maggiori storici brasiliani furono queste tra i motivi che spinsero i militari al colpo di stato del 1964. Dopo la dittatura militare e col ritorno della democrazia, sono riemerse anche le lotte per la distribuzione della terra ai contadini poveri ed è in quel contesto che nacque il movimento dei contadini senza terra.
Il movimento dei Sem Terra (Mst) è nato nel 1984, pochi mesi prima della caduta della dittatura, per organizzare le lotte contadine negli stati di Santa Catarina e Paranà. Si ispirava, allo stesso tempo, alla dottrina della teologia della liberazione e ai principi del socialismo liberale. Il suo gruppo fondatore era composto da ex seminaristi e sacerdoti che avevano scelto la militanza accanto ai contadini poveri e contro la dittatura militare. Dal 1984 a oggi le occupazioni non sono mai cessate, con dei picchi nel 1996, quando si sono verificati 398 episodi, nel 1997 (463) e nel 1999 (593). Fu una riforma agraria condotta dal basso, attraverso la mobilitazione popolare, un conflitto che ha conservato le stesse caratteristiche di violenza, tanto da poter essere definito una guerra a bassa intensità.
In oltre 35 anni si è registrato un numero molto elevato di persone assassinate dalle milizie assoldate dai latifondisti, dai gruppi di pistoleros al servizio delle compagnie brasiliane o multinazionali e dalle forze armate. Complessivamente, dal 1985 al 2019 sono state assassinate 1.589 persone, con una media di 46,7 omicidi all’anno. Si tratta di uno scontro che nessun governo è mai riuscito ad attenuare.
Nascita di un villaggio
Quando un gruppo di famiglie contadine inizia un’occupazione, sorgono accampamenti provvisori, poi, se questi vengono riconosciuti dalle autorità pubbliche, queste tendopoli si trasformano in villaggi di case in mattone. Solitamente perché un terreno occupato venga riconosciuto come improduttivo e privo di una funzione sociale e venga definito terreno di riforma ci vogliono anni e ogni occupazione si trasforma così in un lungo conflitto con la controparte. Possono sorgere cause giudiziarie estenuanti della durata di decenni Ogni volta che avviene un’occupazione i contadini si espongono quindi a un lungo periodo di precarietà, in attesa di una sentenza del tribunale. Allora fondano da zero dei nuovi villaggi, piccole città agricole. Stendono un piano urbanistico, estraggono a sorte tra le famiglie i terreni dove verranno costruite le case, tracciano le strade, le piazze, individuano il luogo dove sorgerà la chiesa, la scuola, l’ambulatorio, il campo sportivo, e poi le case vengono costruite collettivamente, con l’aiuto di tecnici, architetti, geometri che si mettono gratuitamente a disposizione.
In questo modo il movimento dei Sem Terra è riuscito a insediare circa 600.000 famiglie. Il fatto è che in Brasile ci sono altri quattro milioni di famiglie di contadini poveri che aspirano a un appezzamento di terra da coltivare. Una volta “conquistato” un terreno, il movimento ne suddivide una parte tra le famiglie e un’altra viene destinata alla coltivazione con un sistema cooperativo. È a tutti gli effetti un sistema misto di impresa privata a carattere familiare e di economia mutualistica, in cui prevalgono i principi della cooperazione e della solidarietà.
La centralità della famiglia
Uno degli aspetti peculiari del movimento è la centralità della famiglia e non della persona. È la famiglia intera, la donna, l’uomo, gli anziani, i bambini: sono loro che cominciano a lavorare la terra e costruiscono la prima tenda sotto la quale vivere. Molto spesso, davanti alle colonne della polizia che avanza per attaccare gli insediamenti, si formano barriere composte dalle donne accovacciate per terra, con davanti a sé i bambini; e dopo i rastrellamenti degli uomini, sono le donne e i bambini a presidiare la sede della polizia per far rilasciare gli arrestati.
Insomma, il soggetto dell’occupazione è la famiglia e nel corso di questa mobilitazione i ruoli tradizionali dell’uomo e della donna vengono rimescolati: così si è cominciato a ridiscutere su chi dovesse fare cosa, e il vecchio modello patriarcale su cui si reggeva la famiglia contadina brasiliana tradizionale è stato messo in discussione.
All’interno del movimento si è creato sin dall’inizio un forte movimento di donne che ha rivendicato l’adozione del modello paritario, caratteristico della fase più conflittuale, anche nella gestione ordinaria degli accampamenti. Il movimento delle donne, insomma, è cresciuto all’interno stesso del movimento dei Sem Terra e fa parte della sua storia. Col tempo le donne hanno preteso la parità all’interno di tutti gli organismi direttivi, sia a livello nazionale che decentrato, nei singoli accampamenti.
Faccio un esempio: gli accampamenti sono organizzati per piccoli nuclei di dieci famiglie che formano ciascuno un coordinamento il quale deve essere formato per statuto da un uomo e da una donna. I piccoli coordinamenti di zona, poi, eleggono un organismo di secondo livello, il coordinamento di accampamento, che a sua volta prevede una presenza paritaria di uomini e donne. E così di seguito, sino agli organismi di direzione del movimento a livello nazionale. Nel modello tradizionale le donne non godevano del diritto alla proprietà della terra; era sempre il marito a trattare con le istituzioni, le banche, i venditori, gli acquirenti, i commercianti. La donna era relegata in casa, a governare la cucina, accudire i bambini, curare il piccolo orto domestico. Tutto questo nei villaggi dei Sem terra sta cambiando in modo visibile. Le donne hanno trasformato il lavoro dell’orto in un’opportunità di emancipazione perché hanno cominciato a coltivarlo con criteri agro-ecologici e a fornire i mercati locali di piccole quantità di prodotti a prezzi vantaggiosi. Nello stesso tempo hanno costituito cooperative di fitofarmaci o di prodotti dolciari di pregio con l’aiuto di università o istituti che hanno messo a disposizione i corsi di formazione necessari.
Da Lula a Bolsonaro, a Lula
Gli anni della presidenza di Bolsonaro hanno rappresentato un grande passo indietro per il movimento Sem Terra. Ora si spera di nuovo in Lula, che però, come presidente, è stato una cocente delusione. Il movimento Sem Terra, che pure lo aveva sostenuto con tutte le sue energie, è rimasto profondamente deluso dalla politica agraria da lui condotta a partire dal 2003, anno del suo insediamento. Ci si aspettava, tenendo conto delle promesse fatte, che affrontasse il problema della riforma agraria e riuscisse a insediare stabilmente sulla terra un numero molto più elevato di contadini.
Durante il governo Lula, secondo i dati governativi, hanno beneficiato della distribuzione della terra 614.000 famiglie, mentre secondo i dati del movimento dei Sem Terra se ne sarebbero insediate circa la metà: 362.086. Questa situazione è peggiorata durante il governo successivo, quello di Dilma Rousseff, quando le politiche di insediamento dei contadini sono state quasi abbandonate. Poi la svolta indotta da Bolsonaro, ben peggiore. Bolsonaro ha cominciato ad attaccare direttamente i Sem Terra, dando vita a sgomberi degli accampamenti molto più frequenti che in passato, e ha cercato di chiudere le scuole nazionali del movimento sostenendo che queste fossero scuole di indottrinamento dei bambini.
Alla luce di tutto ciò, ovviamente il giudizio su Lula è stato un po’ rivisto. Ero in Brasile nel giorno in cui Lula è stato liberato dagli arresti domiciliari e ho potuto vedere come le bandiere dei Sem Terra davanti a casa sua fossero molto più numerose di quelle del Partito dei lavoratori (PT). Nelle elezioni del prossimo ottobre, Sem Terra ha dichiarato che sosterrà la candidatura di Lula con tutte le forze.
Ma ben difficilmente anche un nuovo governo Lula riuscirà a fare una riforma agraria, perché le forze che sostengono la borghesia agraria e le multinazionali agroalimentari, minerarie e del legno, sono troppo forti per permetterlo. Ciò che ci si può aspettare da Lula è una minore pressione nei confronti dell’Mst, una relativa tolleranza nei confronti degli insediamenti già formati e, forse, una repressione più blanda nei confronti di quelli che si andranno a formare. Non molto di più.
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Aldo Marchetti è docente di Sociologia del lavoro nelle Università di Brescia e Milano. Ha condotto ricerche sul lavoro operaio, sui bambini di strada e sulla condizione femminile in alcuni paesi dell’Africa e dell’Asia. Tra i suoi lavori, “Il movimento brasiliano Sem terra”, “Fabbriche aperte. L’esperienza delle imprese recuperate dei lavoratori in Argentina”, “La rappresentanza del lavoro marginale. Precariato, sindacato e organizzazione sociale a Milano e a Buenos Aires”.