Il sogno di Coopeagro
Maragogì, Nordest del Brasile: una cooperativa di Sem-Terra cerca di uscire dal dominio del latifondo.
Per gli autisti che guidano sul tratto costiero tra Recife e Maceiò, nordest del Brasile, conoscere la strada vuol dire soprattutto sapere dove sono le buche più grosse, quelle che ti sfasciano la macchina. E’ uno di loro che ci accompagna, in un’ora e mezza, alla nostra destinazione finale, Maragogì, piccolo centro sul litorale nord dell’Alagoas, dove saremo per due mesi ospiti di una missione particolare.
Grande poco più di una regione italiana, con circa tre milioni di abitanti dei quali un terzo nella capitale Maceiò, l’Alagoas ha un primato negativo tra gli stati del Brasile: la più alta disuguaglianza nella distribuzione del reddito, e un tasso di analfabetismo che nelle zone rurali supera il 50%. Eppure, affacciato com’è su un mare color turchese protetto dalla barriera corallina, un paesaggio non cementificato e un entroterra a vocazione agraria, non mancherebbe di possibilità di sviluppo.
Come per gran parte del Paese sudamericano, anche qui la madre dei problemi è il latifondo, male atavico. Non solo perché concentra in poche mani la ricchezza, ma perché impedisce il sorgere di una sapienza contadina e di uno spirito imprenditoriale diffuso. Il resto lo fa la monocoltura della canna da zucchero, con tutto quello che significa in termini di lavoro intermittente e impoverimento del terreno.
Negli ultimi due decenni, in coincidenza con il ritorno alla democrazia, e sulla spinta delle lotte del movimento dei Sem Terra ("Senza Terra"), sono stati attuati dei tentativi di riforma agraria, cominciando ad espropriare e ridistribuire parti di territorio abbandonate all’incuria. Una riforma che rimane mutila, non solo per la lentezza del recupero di terre, ma soprattutto perché non è accompagnata da quelle cose senza le quali un ex tagliatore di canna non si trasforma in contadino: le conoscenze del mestiere, i mezzi, il credito, le strade, i canali di vendita. E la capacità di collaborare.
E’ in questo contesto che, una decina di anni fa, nasce l’idea e il sogno di Coopeagro, un nome che è già un programma: cooperativa dei piccoli agricoltori organizzati. La sua sede, un bianco capannone su uno sfondo di palme da cocco, è il primo edificio di Maragogì che incontriamo, e questa sua posizione, a metà tra area rurale e abitato, traduce anche visivamente la sua vocazione economica, il fatto di essere cerniera tra i prodotti degli agricoltori e la domanda della popolazione urbana e di un certo flusso turistico attratto dalla bellezza di queste spiagge.
Miriam Zendron, missionaria trentina originaria di Valda, e le sue consorelle dell’ordine del Sacro Cuore, che operano qui da undici anni in sostegno dei Sem Terra, sono all’origine di questo progetto che ha l’ambizione di proporre una risposta non assistenziale ai loro problemi, e ancora oggi lo accompagnano con molta cura. Le risorse raccolte attraverso il lavoro di "Semear a vida", l’associazione trentina partner del progetto, e il contributo sostanziale della Provincia di Trento a partire dal 2001, hanno reso possibile la formazione e l’assistenza agricola ai 104 soci (si tratta di meno del 10% delle famiglie giunte nell’area dal 1997), la costruzione di pozzi e bacini artificiali per l’acqua piovana (l’estate è stagione senza piogge), il microcredito, e soprattutto quello che è oggi il cuore dell’attività economica della cooperativa, la fabbrica di trasformazione della frutta in polpa congelata, piuttosto richiesta dal mercato brasiliano.
Le fasi di fondazione e primo rodaggio possono dirsi concluse, ma importanti sono i nodi ancora da sciogliere per raggiungere una produttività soddisfacente e l’equilibrio economico della cooperativa: da un lato l’aumento della varietà colturale, il costo dei fertilizzanti, l’avvio delle colture orticole; dall’altro i problemi del ciclo produttivo (la discontinuità, gli standard di qualità, la difficile manutenzione delle macchine) e della commercializzazione, la necessità di abbattere i costi dell’energia.
Alla cooperativa lavorano oggi undici persone. Accanto a loro, tra volontari e semplici ospiti volenterosi, a un certo punto siamo in cinque. Lorenzo è qui da un anno, segue la gestione amministrativa e i rapporti con clienti e fornitori. Giorgio, inviato dalla Cooperazione trentina, rimane quattro mesi e ridisegna il sistema contabile (è un ex direttore di cassa rurale). Gloria, Romana e il sottoscritto collaborano in quello che sanno fare, corsi di musica, grafica, trasporti, falegnameria o quello che in qualche misura qui tutti fanno quando è necessario: sbucciare la frutta.
La sera alloggiamo in una casa delle suore in cima alla collina, un posto davanti al mare, pieno di bambini che giocano sulla terra battuta tra cani e galline.