L’Svp vince perdendo voti
Il partito etnico al minimo storico, ma riesce ad eleggere 5 candidati.
La Svp ha perso molti voti, la Svp ha vinto le elezioni. Non si tratta della solita manfrina per cui il giorno dopo (quasi) tutti si dicono contenti dei risultati. Il partito etnico, nonostante la legge elettorale cucita su sua misura, ha avuto un forte calo di consensi, scendendo al suo minimo storico assoluto. È riuscita però ad eleggere cinque candidati, due al Senato e tre alla Camera. Il sesto è sfuggito per un soffio. A votare sono andati il 62,23% degli aventi diritto, 7% in meno che nel 2018, meno della media italiana, e con molte schede bianche. Un dato preoccupante ovunque, ma tanto più in una regione in cui per garantire l’Autonomia è necessario che la cittadinanza sia partecipe. L’elettorato ha punito chi era stato coinvolto negli scandali SAD e altri e ha (avuto) un comportamento ostile verso il Presidente della Giunta provinciale; ma grazie alla scarsa partecipazione al voto e ad alcuni errori dei partiti di opposizione, le elette e gli eletti della Svp hanno ancora percentuali di voti impensabili nel resto d’Italia.
Nel collegio senatoriale di Bolzano-Bassa Atesina è stato eletto con il sostegno di Pd, Verdi e TeamK, l’ex sindaco di Bolzano Spagnolli, con parecchi voti anche di lingua tedesca, nonostante la totale assenza nel Dolomiten, che ha scritto solo dei suoi concorrenti.
In parlamento ci saranno anche due eletti di origine sudtirolese ma candidati fuori provincia, Urzì di FdI e Biancofiore ex FI. Per completare il quadro, Matteo Gazzini, leghista di Laives, subentrerà a un collega nel Parlamento europeo.
Per quanto riguarda gli altri partiti, ha fatto clamore il nuovo Vita, no-vax, con il 6%, in molti comuni fra il 10 e il 17%. I Verdi, dati un mese prima delle elezioni al 17 %, hanno ottenuto il 7,7%, con alcuni ottimi candidati, ma con un sistema di desistenza reciproca (con TeamK e Pd) che non ha dato chance ai candidati migliori e ha penalizzato il loro risultato.
Ritornano dopo anni di crisi anche i Freiheitlichen, che in passato facevano desistenza a favore della Svp. I loro colleghi viennesi hanno festeggiato la vittoria di Meloni in Italia. Qui insieme ai “patrioti” della Südtiroler Freiheit, dicono di temerla. Una situazione alquanto difficile.
Il 25 settembre ci sono state anche le elezioni in Tirolo, che hanno segnato la fine della coalizione del Partito popolare (ÖVP, calato di 10 punti) con i Verdi. Nel Landtag tirolese è stata eletta anche una nipote di Eva Klotz, con i Freiheitlichen. I “patrioti” hanno parlato di “avvenimento storico per la presenza per la prima volta dal 1920 di una sudtirolese nella Dieta Tirolese”.
E ora? Si aspettano le prime mosse del nuovo governo, non del tutto inviso alla destra Svp, e se da un lato si teme il centralismo e il nazionalismo della nuova maggioranza, dall’altro si manovra per usare le relazioni con esponenti della destra. Il parlamentare europeo Dorfmann vanta amicizia con Tajani e si dice tranquillo. Il politologo Günther Pallaver, cui è stata chiesta una previsione sulla politica del nuovo governo verso l’autonomia, ha detto che come studioso è abituato ad ascoltare tutti, ma anche a giudicare dai fatti. Tutti i partiti pensano alle provinciali del prossimo anno. Per capire la situazione, si devono guardare da vicino i risultati collegio per collegio.
Effetto scandali e litigi nella Svp.
Nel collegio nord del Senato, Meinhard Durnwalder ha avuto un drastico calo di voti, particolarmente nelle città (Vipiteno, Bressanone, Brunico e San Candido) con 12.000 voti di meno, passando dal 66,05% del 2018 al 46,11 di oggi. A Fiè allo Sciliar, comune di Arno Kompatscher, gli elettori hanno per la prima volta negato in massa il voto alla Svp rappresentata da Durnwalder nipote, per lo scandalo Sad e per l’inimicizia e la slealtà verso il loro compaesano presidente della giunta; alla Camera hanno votato, anche se con un calo notevole, Renate Gebhard (dal 65 al 57%). Durnwalder aveva concorrenti forti: Hans Heiss, a lungo consigliere provinciale dei Verdi, storico, moderato, che ha avuto il 15, 58%, ma che – qualcuno dice – con una vera coalizione avrebbe potuto essere davvero un pericolo per il candidato Svp. Tanto è vero, che mentre i vertici del partito si dicono soddisfatti, lui si aspettava un risultato migliore.
Altri concorrenti nel collegio nord erano il TeamK, con Monika Senfter, imprenditrice pusterese, Ulli Mair esponente di punta dei Freiheitlichen, e Renate Prader del Pd, presidente del consiglio comunale di Bressanone.
Nello stesso collegio diverso è stato il voto della Val Badia, che in alcuni comuni ha visto la Svp - che non ha in quest’area una sua roccaforte - superare il 50% (Corvara, Badia, San Martin de Tor, ecc.). Nella valle molti consensi sono andati come sempre alla destra italiana.
A Merano e Venosta la partecipazione è stata la più bassa, a Glorenza hanno votato metà degli aventi diritto. Per il Senato ha avuto facile vittoria la senatrice uscente (e rientrante) Julia Unterberger, certamente una delle più preparate politiche che la Svp mette in campo. Osteggiata dai conservatori del partito per le sue posizioni sui diritti civili e l’uguaglianza, in valle la dovuto affrontare anche l’amarezza dei venostani per l’esclusione del loro compaesano Albrecht Plangger dalla candidatura. Anche Unterberger ha perso molto rispetto al 2018. Tutto continuerà come prima: i conservatori nel partito la criticheranno e lei cerca intanto di riformare il gruppo delle Autonomie al Senato, coinvolgendo anche l’eletto non Svp, che però prende tempo.
Bolzano-Bassa Atesina era l’unico collegio contendibile, quello in cui si concentra la maggior parte della popolazione di lingua italiana. Negli accordi fra stato e provincia per rivedere i collegi dopo la riduzione del numero degli eletti, era stato concordato un numero alto di rappresentanti, per permettere anche a un candidato di lingua italiana di provare a entrare in parlamento. La Svp, che per diverse legislature aveva appoggiato candidati italiani scelti dal Pd e catapultati da altre regioni, ha pagato lo scotto della scontentezza dei suoi elettori. Come d’altronde l’hanno pagato i sudtirolesi di lingua italiana che non sono stati rappresentati degnamente per molti anni. Questa volta, la Svp non ha fatto accordi né desistenza verso il centro sinistra, ma ha scelto un proprio candidato, il sindaco di Cortina all’Adige (appoggiato dall’area conservatrice antiKompatscher).
Gigi Spagnolli, candidato del Pd insieme a Verdi e TeamK, ha sconfitto sia il candidato leghista Bosatra, commissario del partito, sia quello Svp. La candidatura della Svp aveva provocato una forte polemica anche nel gruppo di lingua tedesca. Alcuni l’hanno visto come un tradimento degli accordi sull’autonomia, ma in realtà non esiste un obbligo. Si tratta tuttavia di una questione di buone relazioni fra i gruppi linguistici. Il partito etnico ha voluto riproporre la sua posizione “blockfrei”, cioè fuori dagli schieramenti. Dopo decenni in cui l’Autonomia ha fatto passi avanti da gigante grazie al centro sinistra, il partito etnico pare non capire che le minoranze non hanno mai avuto vantaggi dai governi di destra (né tanto meno di estrema destra). Lo slogan elettorale della Svp “Team Autonomia”, con la foto dei suoi candidati e candidate, non ha aiutato. Nel collegio plurilingue è stato interpretato come una forma di arroganza, come se per la Svp l’Autonomia non sia di tutti gli abitanti del Sudtirolo ma di un partito solo. Spagnolli, eletto nonostante la Svp, dice ora che il Sudtirolo non può più essere governato da via Brennero (sede della Svp) e vorrebbe che la coalizione che l’ha eletto si presentasse unita anche alle provinciali del prossimo anno. “Meloni può ringraziare la Svp”, che oggi si preoccupa giustamente per il futuro dell’autonomia. È il commento di Diego Nicolini del M5S, partito assai strapazzato dai media locali che antepongono sempre al nome l’aggettivo populista.
Il giornale principale di lingua tedesca, anzi, il suo direttore, nonché co-proprietario, ha scritto prima e dopo le elezioni dei fondi a difesa della “nuova” Meloni. Ma la realtà è – come ha detto l’ex vicepresidente del partito Zeller – che se la Svp si fosse alleata oltre che con il Patt anche con il centro sinistra, oggi ci sarebbero meno elette ed eletti della destra e qualcuno in più favorevole all’Autonomia siederebbe in parlamento.
In queste elezioni si sono misurati diversi partiti che animeranno le elezioni provinciali del prossimo anno. TeamK è dimezzato rispetto al suo esordio, ma ha ripreso fiato. I Freiheitlichen hanno raggiunto in alcuni centri fra il 15 e il 24%. Attribuiscono la sconfitta della Svp nel collegio sud alla loro mancata desistenza.
I Verdi hanno fatto una scelta difficile, appoggiando Spagnolli, grande fautore della speculazione che nel capoluogo sta – lentamente – costruendo un enorme centro commerciale e abitazioni di lusso, mentre mancano quelle normali. Una parte degli elettori ha faticato o rinunciato a seguire questa indicazione.
La sorpresa è il partito no-vax, Vita, presentato in tutta Italia. La leader Renate Holzeisen confida in una forte crescita non solo qui ma anche nel resto d’Italia.
Il vice presidente della giunta provinciale Giuliano Vettorato, nonostante le gravi perdite di voti del suo partito, rassicura che nel programma della Lega si prevede la tutela delle Autonomie speciali e l’autonomia per Veneto e Lombardia. Forza Italia è quasi sparita dal collegio Bolzano Bassa Atesina dove era più forte: è oggi al 2,43 %. I voti sono andati a FdI come ovunque.
I cinque eletti Svp rappresenteranno l’Autonomia a Roma - sono i primi commenti del partito. In Senato tuttavia, i due eletti Meinhard Durnwalder e Julia Unterberger, se vogliono ridare vita al gruppo delle Autonomie, hanno bisogno almeno di due altri eletti in regioni con autonomia speciale. Spagnolli dovrebbe avere l’autorizzazione del suo partito e forse degli altri che l’hanno sostenuto e così anche il trentino Patton. Karl Zeller critica il suo partito per la scelta di non presentarsi insieme al centro sinistra: “Se non fossimo andati da soli, - ha detto al Tageszeitung, - al posto di Biancofiore sarebbe stata mandata in parlamento una persona favorevole all’autonomia e forse anche un paio di Fratelli di meno”.