Le formiche della Madonna
Ogni anno, a nugoli, volano nuzialmente all’altare di un santuario vicino a Bologna. Poi tutti i maschi e molte femmine muoiono. Gli umani vengono a incartocciarne i cadaveri, buoni – si dice - per i reumatismi. Da “Una Città”, mensile di Forlì.
“A gara volano ai piedi della Vergine e quante ad essa volano altrettante cadono vittime”. Così si legge, in latino, sotto l’immagine della Madonna nel Santuario di S. Maria di Zena, noto, almeno dal Quattrocento, come chiesa di “Sancta Maria de Monte Formicarum”. Qui infatti, a circa 700 metri di altezza, a 30 km da Bologna, ogni anno, nella prima metà di settembre, milioni di formiche arrivano in volo per i loro riti nuziali. Alla fine tutti i maschi e parte delle femmine muoiono, cadendo a mucchi sul santuario. Le femmine sopravvissute fondano invece nuove colonie.
Già luogo di culto pagano, questo monte solitario fra le valli dello Zena e dell’Idice ha subito meno di altri l’invasione del cemento. Le ultime case si incontrano un paio di chilometri più in basso: pochi edifici rimessi a nuovo bordano la strada e l’antica locanda.
Seduto a godersi il sole dell’estate avanzata c’è Rino. I suoi 79 anni li ha vissuti qui, tranne quando, durante la guerra, tutto il paese fu trasferito a Firenze. C’era il fronte, e anche il santuario venne distrutto dai bombardamenti. Da che lui si ricorda, le formiche sono sempre arrivate, a nugoli, per diversi giorni di seguito, a settembre.
“Durante la notte - racconta - quando la temperatura si abbassa si fermano, per poi ripartire la mattina. Una volta le ho viste: si erano fermate su quell’albero laggiù e a un certo punto si è alzata come una nuvola di fumo. Erano loro: il sole sulle ali e la gran moltitudine facevano sembrare che l’albero fosse avvolto di fuoco e di fumo”.
Arrivano in quantità enormi: l’anno che rifecero la chiesa, dopo la guerra, era proprio la stagione delle formiche: quando andarono per saldare le grondaie le trovarono piene. Il geometra Gaetano Marchetti, che vado a trovare nella sua villetta, ha progettato e diretto i lavori di ricostruzione del santuario, e racconta di un curioso ritrovamento, che confermerebbe l’ipotesi del monte come luogo di culti pagani.
“Durante gli scavi per la ricostruzione trovammo la parte inferiore di una statuetta di cotto; credendo si trattasse di una Madonna, la mettemmo in disparte senza attribuirle importanza. Qualche tempo dopo però la vide un archeologo, che disse trattarsi di una “tanagra”, cioè una statuetta di uno stile particolare usato nell’omonima località greca fra il IV e il III secolo a.C. e giunta qui attraverso gli etruschi. Non si riuscì però ad accertarlo con sicurezza perché qualche giorno dopo la statuetta sparì, probabilmente rubata”.
Del passaggio delle formiche si trova notizia anche in “Le chiese parrocchiali della Diocesi di Bologna”, dove il dott. S. Muzzi scriveva circa cento anni fa: “E noi che scriviamo, essendoci recati colassù il giorno appunto della Natività di M. V., vedemmo il recinto della Chiesa annuvolata da miriadi e miriadi degli alati insetti, che d’ogn’intorno si spandevano, e che posando dappertutto pel sacro edifizio e pe’ luoghi adiacenti, morivano a migliaia e migliaia, sugli scalini del tempio, sui gradini degli altari, sulle cornici architettoniche, e qua e colà pel pavimento, venendo raccolte per divozione, e tenute in serbo, e benedette dal degno Arciprete il quale ne fa dispensa a que’ fedeli che traggono colassù a visitar la casa del Signore e dell’eccelsa sua Madre”.
Ancora oggi le parrocchiane le raccolgono sulle scale, sul sagrato, fin dentro la chiesa e ne fanno piccoli cartocci con carta colorata che nei giorni della festa ho visto distribuire dai giovani boy scout arrivati con la processione.
È vero che fanno bene per i reumatismi, il mal di denti e le emicranie? “Mah - risponde scettico Rino - si danno per ricordo, per devozione... Però si dice che l’acido formico che contengono faccia bene ai reumatismi”.
Volano all’altare della Vergine, recita l’iscrizione, e chissà per quanto tempo questo fenomeno così spettacolare ha suscitato congetture e fantasie. Oggi Rino può ben dire che “non c’è niente di miracoloso, è il loro destino finire lassù”, ma per quanto tempo non è stato così? Mi mostra un opuscoletto che è andato a prendere in casa. “Sarà del ’30-35 – dice - si vede dal prezzo”. Una lira per le “Note storiche sul Santuario”.
Vi si legge fra l’altro che il fenomeno, pur noto da tempo immemorabile ai contadini del posto, suscitò fino a non molto tempo fa lo scetticismo degli scienziati. Finché si decisero ad andare a vedere e dovettero ricredersi davanti ai loro cappelli ricolmi di formiche morte. Poi nel 1882 Carlo Emery, entomologo, allora professore di Zoologia all’Università di Bologna, stabilì che si trattava della specie Myrmica Scabrinodis.
Nel suo “La vita delle formiche”, Emery scrive che al momento delle migrazioni nuziali alcune specie di formiche “formano nuvole intorno agli alti alberi, alle torri, ai campanili, alle cime dei monti; cadono piogge di formiche alate rosse e nere. Nell’Appennino bolognese havvi un Monte detto delle Formiche; riferiscono che alla sagra che ha luogo nel monte, alla festa della Madonna, in principio di settembre, le formiche si addensano a nubi intorno alla chiesa, e vanno a perire sull’altare; mi sono procacciato uno di questi involti e ho riconosciuto che si tratta appunto di Mirmica rossa”.
Il primo e ultimo amore
Non c’è dunque più alcun mistero, si tratta di uno dei fenomeni più noti della vita delle formiche. I maschi di alcune specie, infatti, quando raggiungono la maturità sessuale, volano in sciami talora enormi al di sopra di zone ben determinate. Lì, in genere, vengono raggiunti dalle femmine. In quel momento inizia una gigantesca competizione, perché non tutti i maschi riusciranno ad accoppiarsi, nonostante le femmine lo facciano con diversi di loro; è la prima e quasi sempre l’ultima volta che questo avviene nella loro vita, così debbono riempire di sperma un apposito ricettacolo che nel corso del tempo servirà a fecondare milioni di uova. Esaurita la loro funzione, che nelle formiche, come in altri insetti sociali, è unicamente riproduttiva, i maschi muoiono, cadendo al suolo a mucchi.
Non ancora del tutto chiaro è invece perché queste formiche hanno scelto la sciamatura come sistema riproduttivo. Qualcuno dice che serve a favorire l’incrocio fra ceppi genetici differenti, cosa che non succederebbe se la fecondazione avvenisse dentro il nido. Altri, riferendosi alla regolarità con cui le sciamature avvengono, sostengono che questo limita la possibilità di incroci fra specie diverse, con la conseguente nascita di ibridi. Ancora, la sciamatura è considerata un ottimo sistema per mantenere entro limiti accettabili la densità della popolazione dei singoli nidi e di un determinato territorio, attraverso la diffusione - ovviamente più rapida in volo che a terra - nei territori vicini.
C’è poi un altro interrogativo: perché vanno a finire proprio su quel monte che da oltre 500 anni ne ha preso il nome? Infatti, ai monti vicini non vanno. “Nessuno le vede perché non c’è un santuario”, replicano gli scettici. C’è poi il fatto - aggiunge qualcuno che la sa più lunga - che le formiche, durante il volo nuziale, prediligono zone sopraelevate e la Myrmica in particolare ama volare verso superfici piatte o verso un edificio verticale. Per esempio, il terrazzo che c’era prima sul santuario, ora il piazzale antistante e le pareti della chiesa. Altri però insistono nel dire che vengono anche da molto lontano, c’è chi afferma addirittura di averle viste attraversare la via Emilia e dirigersi qui...
Da quanto tempo il monte è diventato delle formiche? La memoria risale, come abbiamo visto, fino al 1400, ma è probabile che questo fenomeno si ripeta da sempre. Anche se il loro tempo marcia in modo diverso dal nostro, il che può far ritenere che l’idea che ci siamo fatti della loro fedeltà ai luoghi di riproduzione non sia del tutto esatta o, per lo meno, che sia a misura dei nostri orologi. La ragione è semplice: le nostre origini non risalgono a più di un milione di anni fa, ma è un batter di ciglia rispetto ai 40 milioni di anni di permanenza su questa Terra delle formiche, sostanzialmente con le stesse caratteristiche fisiologiche e comportamentali di quelle attuali. Ciò ha portato a concludere che questi insetti, pur avendo costituito società fra le più complesse, sono prive della facoltà di progredire: ripetono all’infinito se stesse.
Sarà per la folla, i canti, la banda e il suono delle campane manovrate a mano da quattro uomini, ma nei giorni della festa, di formiche non ne ho viste. Ma anche dopo la grande sciamatura, la presenza delle formiche, qui sul loro monte, si noterà appena. Concluso il volo nuziale, i maschi moriranno e con loro anche molte femmine. Solo poche infatti riescono a fondare nuove colonie. Essere sopravvissute al volo nuziale, essere state fecondate e sfuggite ai predatori, non è sufficiente a garantire la fondazione del nido. Mentre nei giorni dopo la festa le donne incartocceranno formiche morte e le sopravvissute dovranno affrontare altri problemi.
Se la formica fecondata, potenziale regina di un nuovo formicaio, capita in una zona dove ci sono già altre colonie, può succedere che venga scacciata o uccisa. Non tutte le formiche difendono un proprio territorio (un’area che può andare da pochi metri a qualche decina), ma la Myrmica é una di quelle che lo fa. Si tratta di scontri che possono durare anche ore, durante le quali le formiche si capovolgono, si mordono, si tirano reciprocamente: ma alla fine solo una minima parte rimane ferita o uccisa. Ma la Myrmica Scabrinodis conquista gradualmente i nidi altrui, per esempio quello delle cugine Myrmica Ruginodis. Li assedia invadendo gradualmente camera dopo camera, fino a provocare l’evacuazione totale delle avversarie. Oppure, essendo più resistente al freddo, si impossessa del nido quando le altre, se la temperatura si abbassa, se ne allontanano temporaneamente.
Primavera verrà
Sul piazzale antistante il santuario ora è difficile anche solo immaginare questi conflitti. Finita la sciamatura e formate le nuove colonie, in autunno, a chi salirà il monte, magari per cogliere castagne, capiterà di intravvedere ancora qualche formica aggirarsi fra le foglie cadute e l’erba gialla: il loro inverno sarà già cominciato. Sarà già stata scavata la camera più profonda del formicaio, dove si sarà raccolta una grossa palla di formiche in attesa della buona stagione. Solo le “messaggere”, più resistenti al freddo, andranno su e giù per tutto l’inverno per avvertire le altre quando verrà il momento di uscire. Solo allora la vita del formicaio riprenderà il suo ritmo, fino alla nuova sciamatura.