Provincia, serpeggia il malcontento
I casi Maccani e Bernardi sono punte dell'iceberg di un rapporto difficile tra la giunta e la macchina amministrativa
Incerti della nostra personale memoria abbiamo chiesto conferma ai vecchi saggi: “Ma avete mai visto una cosa del genere in Provincia?” No, ci hanno risposto. Mai vista da quando esiste la Provincia Autonoma di Trento.
Di che parliamo? Del fatto che dal mondo sempre silenzioso della “macchina Provincia” - un corpo amministrativo di varie migliaia di persone tra dirigenti, funzionari e impiegati - siano spuntati quasi in contemporanea, nelle scorse settimane, due iceberg di rivolta pubblica contro decisioni della giunta riguardo i ruoli dirigenziali della macchina stessa.
Da sempre le decisioni di ogni giunta, per quanto riguarda la gestione della macchina amministrativa, sono oggetto di commento, approvazione o scontento dentro gli uffici. Ma all’esterno filtrano solitamente solo chiacchiere e voci. Mai si erano verificati episodi di prese di posizione pubbliche contro le decisioni. Ma recentemente due specifici episodi hanno invece spinto alcuni funzionari provinciali a prendere carta e penna e contestare piazza Dante.
Il più eclatante riguarda il dirigente della Polizia Amministrativa Marzio Maccani, rimosso pochi giorni dopo il concerto di Vasco. Praticamente una vendetta di Fugatti per l’ostinata contrarietà di Maccani contro un evento che considerava pericoloso dal punto di vista della sicurezza (e il pericoloso sconfinamento del pubblico sulla ferrovia del Brennero, oltre ai commenti generali post-concerto, di fatto gli hanno dato ragione).
I colleghi, dopo la sua rimozione, hanno scritto una lettera durissima a Fugatti il cui senso è: l’hai mandato via perché ha fatto il suo dovere. Siamo “smarriti, delusi e angosciati” da questa decisione, dicono.
Il secondo episodio riguarda la nomina, un anno fa, del capo dell’Avvocatura provinciale.
La giunta aveva scelto un esterno, l’avvocato Giacomo Bernardi, ex candidato sindaco del centrodestra che aveva perso le elezioni ad Arco.
A parte la scarsa eleganza istituzionale, non ci sarebbero stati problemi, se non che per quel posto molto delicato la legge richiede una persona che abbia una specifica e consolidata esperienza in cause che riguardano la difesa della pubblica amministrazione. Peccato che Bernardi sia privo dell’esperienza necessaria.
Per quel posto c’erano altri nomi, interni alla Provincia. Che avevano la suddetta esperienza. Tra loro un’avvocata del servizio legale che ha deciso di reagire. Ha avviato una causa di lavoro proprio sulla base della mancanza delle qualifiche di Bernardi.
Era apparentemente una “causa persa”: una materia complessa, portata davanti ad un giudice che sarebbe dovuto entrare in decisioni “politiche”, cosa che rende sempre molto cauti i magistrati. La causa sembrava più che altro un modo per segnalare che la competenza non è un orpello inutile. Invece, poiché a volte c’è un giudice a Berlino, il tribunale del lavoro ha dato ragione all’avvocata: Bernardi non ha le qualifiche necessarie, la nomina è annullata.
Da notare che questa vittoria non cambia di una virgola la posizione personale dell’avvocata, perché annullare la nomina di Bernardi non porta a sostituzioni automatiche con chiunque altro. La giunta dovrà - quando si deciderà a dare esecuzione alla sentenza, cosa sulla quale sta trascinando i piedi - ripartire da capo e trovare un nuovo avvocato provinciale che, premesso che abbia le competenze, può essere chiunque. Ed è facile profetizzare che non sarà l’avvocata che ha iniziato la causa.
Perché abbiamo parlato più sopra di iceberg di rivolta? Perché ci pare che questi due episodi inauditi siano la parte emersa del rombo sordo che da tempo sale dagli uffici provinciali. Molti, a mezza voce e senza entrare in grandi dettagli, parlano di malcontento, di una macchina che pare inceppata e di ordini incomprensibili, di moltiplicazione degli uffici e delle poltroncine dove far sedere gli amici degli amici. E di uno stile di rapporto tra giunta e uffici che è improntato al comandare più che al governare. (La vicenda Maccani ci pare esemplare, da questo punto di vista).
Per questo ci spingiamo ad ipotizzare che il rapporto di fiducia indispensabile tra decisori politici e funzionari amministrativi sia compromesso.
Anche se probabilmente le cose non sono andate bene fin dall’inizio. Subito dopo le elezioni del 2018 avevamo raccolto qualche commento volante sul fatto che la “nuova giunta” sembrava diffidente nei confronti dei funzionari. Allora ci pareva solo una fase di adattamento. L’avevamo catalogata come transizione.
Ma avremmo dovuto far caso a quante volte la giunta Fugatti ha scelto professionisti esterni all’amministrazione per i ruoli dirigenziali. Così, sul momento, ce ne vengono in mente alcuni: oltre all’avvocato Bernardi, c’è l’avvocato Antonio Tita, messo a capo dell’Agenzia degli appalti, e il dottor Giancarlo Ruscitti a capo della sanità. Ma ce ne sono altri ancora.
Alla diffidenza iniziale della giunta Fugatti si è aggiunto probabilmente anche il fatto che essa era composta quasi solo da persone che non sapevano esattamente come funzionava la macchina provinciale. Non c’è colpa in questo. Ma dopo quattro anni al potere dovrebbero aver imparato. Purtroppo gli iceberg che navigano nel mare provinciale dicono di no.