Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca
QT n. 10, ottobre 2021 Cover story

L’autunno del fugattismo

Giunta Fugatti: indubbia coerenza, disarmante debolezza, devastanti errori. Le periferie ci credono ancora?

Il Festival dell’Economia? Ma interessa solo agli intellettuali, a chi abita nella ZTL! Non importa niente ai valligiani, niente a chi abita a Gardolo! E quelli lì sono gli elettori di Fugatti, quelli che lo hanno fatto vincere”. Questo è il mantra che accoglie molti dei rilievi critici alla Giunta Fugatti: dallo sconquasso al Festival dell’Economia, alle nomine di poco competenti fedelissimi su importanti poltrone, per non parlare dei temi ambientali. L’elettorato leghista, valligiano e popolano, di certi argomenti non si cura, su altri è disinformato, disattento, Fugatti può andare avanti tranquillo.

Ma le cose stanno proprio così? Esiste davvero, ed è così profonda la divaricazione tra città e valli, tra intellettuali e ceti popolari? E la Lega, che in campagna elettorale con le periferie geografiche e sociali ha saputo rapportarsi, prestando attenzione alle istanze e coltivandone i rancori, ora arrivata al governo, queste divaricazioni, come riesce a gestirle? Intendiamoci, non parliamo di previsioni elettorali, ma del consenso in Trentino: come si conquista oggi, come lo ha conquistato la Lega, e come Fugatti lo sta amministrando.

Non ci sono più gli opinion leader di una volta

Nelle valli il consenso non dipende più da quelli che erano gli opinion leader di un tempo: il prete, il farmacista, il bibliotecario - ci dice Carlo Buzzi, docente di Sociologia e Ricerca sociale all’Università di Trento – e nemmeno tanto il sindaco, non più figura carismatica. Una volta tutta la vita si svolgeva nel paese, ora uno vive lì ma lavora altrove, e la domenica si sposta di nuovo; così il radicamento si attenua come pure il ruolo dell’opinion leader da bar, da vita di relazione di prossimità”.

Vale a dire: se il bibliotecario deplora che a Trento si mandi a quel paese il Festival dell’Economia, interessa a pochi; e poco influenza pure il farmacista che legge QT ed è scandalizzato per le porcherie attorno al Not. “Quello che oggi fa opinione, che conta veramente, è l’ambito mediatico: – prosegue Buzzi - vedi Salvini fino a poco tempo fa. Su cui Fugatti aveva saputo inserirsi reinterpretando a livello locale gli slogan nazionali. ‘Prima i trentini’, al di là del merito, aveva il grande pregio di porre il cittadino elettore al centro di un messaggio politico che era sia nazionale che locale. Era anche un messaggio di speranza nell’immediato futuro (oggi si vive sull’immediato, non si crede ai progetti per i figli, vedi pensioni a tutti e subito, e che i figli si arrangino): favorendo i trentini, si diceva, si aprono nuovi spazi”.

Geremia Gios, già preside alla facoltà di Economia e anche sindaco di Vallarsa, apre un ulteriore punto di vista: “In valle una volta contava molto l’esempio, opinion leader erano le persone coerenti, rispettate e quindi influenti. Ora invece prevale l’individualismo. Anche lo stesso tessuto delle associazioni è cambiato: avevano una certa visione ideologica che improntava le azioni; ora una visione del mondo caratterizzante non c’è, le associazioni sono solo l’ambito in cui l’individuo suona, fa teatro, sport ecc. In questo panorama caratterizzato da un accentuato individualismo, il consenso va al messaggio che lo incarna, meglio se portato da organizzazioni riconoscibili e articolate in loco, come appunto la Lega, sia pur con un appannamento negli ultimi tempi”.

L’immigrato ormai fuori moda

Individualismo e Prima i trentini. Su questo, e sull’esaurimento dello schema politico precedente (i lunghi anni di Dellai e dei suoi epigoni) ha vinto Fugatti. Il quale, una volta al governo è stato rigorosamente conseguente: ha prontamente e duramente contrastato l’accoglienza dei migranti, ha ostacolato, definanziato, chiuso tutto quanto poteva, ha perfino elevato a dieci anni di residenza i requisiti per gli alloggi Itea.

Ma è stata una vittoria di Pirro. Realizzato l’obiettivo, si è visto che non era quello il problema. Il Covid ha cambiato la gerarchia delle priorità, sanità e ripresa sono in cima all’agenda politica e ai pensieri delle persone, l’immigrato non spaventa più, la sua demonizzazione ha finito di essere una rendita politica. Persino Salvini si è messo ad annaspare come un pesce fuor d’acqua.

L’immigrazione per gli operai era il primo nemico – ci dice un sindacalista – ora è diventato un problema del tutto secondario”

Il problema non viene più sentito, se ne parla poco o niente” conferma Gios.

La realizzazione del programma anti immigrati non ha portato alcun visibile vantaggio, semmai svantaggi (perdita di lavoro per gli operatori dell’assistenza, e ora carenza di manodopera in edilizia, turismo, agricoltura)” afferma Buzzi.

Il governo dei mediocri

A questo punto, l’argomento vero su cui verte il giudizio sulla Giunta Fugatti è diventato il cambiamento rispetto ai vent’anni di dellaismo. “Voltare pagina”: dopo lo stop agli immigrati, era la seconda promessa dei leghisti. Di qui l’impegno messo nel cambiare alcune situazioni simbolo come Il Festival dell’Economia; e soprattutto nel cambiare uomini.

Solo che in questo il fugattismo ha mostrato colossali limiti: “Hanno nominato persone a loro vicine, ma inadeguate” dice Buzzi. L’elenco è lunghissimo e lo risparmiamo: ma se un Vittorio Sgarbi al Mart è stata una nomina azzardata e spiazzante eppur di peso, le altre sono risultate promozioni clientelari della mediocrità, come il senatore a fine carriera Sergio Divina, dalle ignote competenze in ambito di spettacoli, al Centro Culturale Santa Chiara, oppure quando alla Fondazione Mach, perno dell’innovazione in agricoltura, si è messo il grigio consulente aziendale Mirco Cattani (non uno scienziato o un ricercatore, ma uno che ha come massima referenza un posto di secondo piano nello sviluppo della Cantina LaVis, che sviluppata non si è proprio) e come contraccolpo, le organizzazioni dei contadini non sono entrate nel cda.

Sono le conseguenze, più accentuate del previsto, del populismo. Si mettono al governo dei mediocri, incapaci perfino di gestire i propri limiti: “E’ una giunta debole, che non ha la capacità di scegliere collaboratori che sopperiscano alle loro debolezze”.

Un debolezza che si è riversata sulla stessa struttura della Provincia. Da una parte Fugatti ha investito della massima fiducia l’ing. Raffaele De Col, cui ha intestato una serie infinita di competenze: la protezione civile, gli appalti, le vaccinazioni, la gestione della fauna; i nostri lettori conoscono i risultati disastrosi della gestione degli orsi e quelli devastanti dell’appalto del Not. Dall’altra parte Fugatti ha – giustamente - pensato di non prendere Salvini come riferimento del leghismo nazionale, ma il presidente veneto Luca Zaia. Solo che, più che un referente, Zaia appare un sovrastante. Dal Veneto è così arrivato, all’assessorato alla Sanità, Giancarlo Ruscitti, in pratica l’assessore vero, che ha relegato a un ruolo scenografico la fragile assessora Stefania Segnana: si sono visti i risultati, con l’incredibile tentativo di scippare all’Università di Trento la Scuola di Medicina per affidarla a Padova; e non vorremmo che anche l’approvazione dell’impresentabile progetto del NOT sia dovuta alla sede sociale – Rovigo – della proponente Guerrato, una spa fino a poco tempo fa in pessime acque.

L’influenza veneta non finisce qui: Zaia vuole la PiRuBi, Fugatti pure. A dire il vero, l’inutile autostrada è sempre stata nei programmi della Lega come della destra trentina. Non si capisce però l’insistenza con cui Fugatti (“Noi tiriamo dritto!” come diceva Renzi, e si è visto come è andata) ribadisce l’obiettivo, contro il parere dei territori: Rovereto e la Vallagarina hanno messo assieme tutti i Comuni della zona attorno a documenti di fuoco; Pergine, Trento e Lavis si associano; a Terragnolo, Trambileno, Vallarsa si è addirittura indetto un referendum che ha agevolmente superato il quorum e ha fatto vincere il No all’80%.

Ma a Fugatti, chi glielo fa fare?

I sindaci esasperati

L’arrancare della Giunta viene ormai percepito anche nelle valli. Fugatti, che evidentemente non difetta in coerenza, ha varato le bozze di una riforma sanitaria con un’impostazione conseguente alle promesse elettorali, e quindi fortemente valligiana, con la previsione di un sistema imperniato su ben 6 ospedali periferici nella localizzazione, ma iperspecializzati e “d’eccellenza” nella funzione. Un progetto che non ha incantato nessuno, subito bollato come velleitario.

Anche i sindaci si lamentano. A una recente riunione, era tutto un recriminare sulle inadeguatezze della Giunta, e a cascata, su quelle della struttura provinciale. La quale, indebolita da Dellai che governava con stile imperiale e metteva nell’angolo chi lo contraddiceva, si è via via riempita di yes man, mentre i capaci se ne andavano, e le menti brillanti neanche pensavano di entrarci. A questo punto, una giunta inadeguata che guida (o meglio, dovrebbe guidare) una struttura debole, non va da nessuna parte.

Così si arranca. Innanzitutto quando si dovrebbero prendere decisioni storiche, come sulla proprietà dell’Autobrennero o su quella delle centrali idroelettriche; come pure su quella delle centraline, basilari per la gestione del territorio e le finanze dei Comuni i quali, esasperati, hanno ufficialmente inviato, come Consiglio delle Autonomie, una mozione di fuoco contro la legge della Giunta: “Faremo tutto quello che è necessario”, compresi ricorsi a livello europeo per scongiurare la privatizzazione. Non solo. Tutto va malamente anche nelle decisioni da normale amministrazione, del tipo – dicono i sindaci - le autorizzazioni per un marciapiede. Del che fortemente dubitiamo, ma la lamentela è comunque indicativa del livello di sfiducia.

L’idillio con gli operai

Eclatante poi, il caso degli operai. Che dovunque, valli e città, avevano votato, in grande maggioranza, Lega, per disillusione verso la sinistra, da tempo ormai rivolta altrove. Mentre i leghisti, con i loro gazebo, sembravano vicini, partecipi.

Arrivati al governo, la musica è cambiata. La pretesa della destra di rappresentare le imprese anche nelle loro istanze più becere, e al contempo le maestranze, si è rivelata illusoria. Un esempio, il caso Sicor, un’azienda metalmeccanica di Rovereto che aveva unilateralmente disdetto il contratto aziendale e poi era uscita da quello nazionale. Gli operai si sono visti riconoscere i diritti dalla magistratura, che ha condannato l'azienda per comportamento antisindacale, ma solo tardivamente sono stati appoggiati dal governo provinciale, che per diversi mesi ha traccheggiato evitando di assumere posizioni nette. “Forse è stata inesperienza, forse un pregiudizio ideologico a favore dell’azienda, sta di fatto che la fiducia nella Lega è bruscamente svanita” ci dice un sindacalista.

Tutto questo come influisce sul sentire profondo della popolazione? In città, all’Università, nella scuola, lo sappiamo, la Giunta ha indici di gradimento sottozero. Ma nelle periferie?

Ad esempio nei Comuni del Leno, che a valanga hanno votato contro la PiRuBi? “I leghisti locali tali rimangono – ci dice Gios - Fugatti ne è uscito indebolito, ma di poco, anche perchè l’alternativa non c’è”.

E tra gli operai? “L’idillio con la Lega è finito – ci risponde il sindacalista – Né lo ha ravvivato, nell’ampia porzione di operai No-Vax, i distinguo salviniani sul Green Pass, per loro troppo ambigui. Però sia chiaro, elettoralmente non ne beneficerà la sinistra: i voti leghisti in parte rimarranno tali, in parte andranno a Fratelli d’Italia, in parte nel non voto”.

Qui però stiamo andando su un altro argomento; le previsioni elettorali e la credibilità della sinistra, troppo pallida alternativa a un Fugatti che non convince più.

Accontentiamoci di concludere che l’autunno del fugattismo è reale; anche se non fa intravedere quali saranno i colori della prossima stagione.