Lona-Lases: davvero si volta pagina?
Alle elezioni raggiunto il quorum. Ma contro il pressante sostegno di tutte le istituzioni alla lista che ripropone il vecchio, il 46% della popolazione segue le indicazioni del CLP
Domenica 25 febbraio la comunità di Lona-Lases, o meglio il 54,1 per cento degli aventi diritto al voto, ha deciso di fare “un passo avanti”, come affermano i commenti entusiasti di tutte le forze politiche: un passo avanti si, ma sulla vecchia strada! Il tutto in ossequio all’antico detto: “chi lascia la strada vecchia per quella nuova, sa quello che lascia ma non quello che trova” e al più pragmatico imperativo di preservare gli affari (leciti e illeciti) dei soliti noti.
Tutta la politica trentina (tranne poche eccezioni) ha tirato un sospiro di sollievo all’annuncio che l’avv. Antonio Giacomelli ce l’aveva fatta a superare il quorum, altri avversari non essendoci. Tuttavia segnalo che una ventina di elettori ha lasciato traccia del proprio entusiasmo nel recarsi al seggio, depositando nell’urna scheda bianca o nulla.
Di fatto la lista “Lona-Lases Bene Comune” ha riportato indietro il calendario al decennio1995-2005,quando la triade Mara Tondini, Piermario Fontana e Letizia Campestrini occupava ruoli chiave nell’amministrazione comunale (sindaci, vice sindaci, assessori) e il cui operato non fu certo all’insegna del bene comune. Un bene comune che la comunità aveva cercato di mettere al centro dell’attenzione proprio interrompendo, nel lontano 1985, il dominio amministrativo dei concessionari di cava.
L’amministrazione guidata da Vigilio Valentini si trovò subito a fare i conti con minacce intimidazioni scritte, telefoniche e verbali, concretizzatesi nell’aprile 1986 con l’incendio dell’automobile dell’assessore alle cave, parcheggiata davanti al municipio durante una riunione di giunta. Nessuno di questi signori sentì allora il bisogno di prendere le distanze da quei fatti e qualcuno si trovava in Consiglio comunale nella lista che si opponeva all’amministrazione Valentini. Amministrazione che, avendo sottoposto a miglior controllo le rese di cava, aveva portato ad un considerevole aumento dei canoni di concessione e lasciato un avanzo di cassa pari a 600 milioni di vecchie lire.
Poi il Comune è tornato sotto il controllo delle fazioni dei concessionari di cava, unitesi proprio all’insegna della parola d’ordine che voleva “il ritorno alla normalità” e le casse comunali si sono andate via via impoverendo, riducendo Lona-Lases alla stregua dei comuni più poveri del Trentino.
Ebbene, l’ossatura della lista che si è imposta domenica 25 nella sfida con il quorum, è costituita proprio dalle persone che nel 1995 hanno provveduto alla normalizzazione dell’unico comune della zona del porfido che aveva osato alzare la testa. Non solo: ne fanno parte ex assessori e consiglieri di maggioranza che rappresentano pressoché tutte le amministrazioni succedutesi fino al 2020.
Se questo è voltar pagina…
Singolare però è la sequenza di fatti, sicuramente del tutto casuali, che ha prodotto questo cambiamento volto alla conservazione, o forse conservazione volta al cambiamento?
Innanzitutto il reiterato rifiuto da parte dei vari prefetti succedutisi in questi anni che, a partire dalle anomale dimissioni, nel maggio 2021, dell’amministrazione in carica (senza alcuna opposizione trattandosi di lista unica), mai hanno preso in considerazione nemmeno per ipotesi di richiedere al Governo l’invio di una commissione d’accesso. Eppure era noto dall’indagine “Perfido”, magistralmente condotta dai Carabinieri del ROS, che in municipio si trattavano affari non tutti leciti, che nell’opacità avveniva il voto di scambio e l’espressione libera del voto era spesso condizionata.
In secondo luogo il fatto che vi sia un “Avviso conclusione indagini”, datato 29 marzo 2023 (abbandonato ai topi in qualche cassetto del Tribunale ?) riguardante due ex-sindaci (uno dei quali a Lona-Lases), tre carabinieri (uno di Cardeto-RC e tre che hanno prestato servizio presso la stazione di Albiano), un ex senatore, un generale e un faccendiere; avviso al quale non è fino ad ora seguita alcuna richiesta di rinvio a giudizio.
Casuale è anche senz’altro quanto accaduto in questi giorni, dal rinvio di un mese (dal 20 febbraio al 20 marzo) della prima udienza del processo a Innocenzio Macheda, ritenuto il dominus del locale di ‘ndrangheta insediato a Lona-Lases e Albiano, almeno secondo la pubblica accusa; così come la diffusione della notizia relativa all’archiviazione dell’esposto relativo all’area artigianale Dossi-Grotta, passata alla stampa due giorni prima delle elezioni (con l’evidente scopo di screditare il C.L.P), dopo mesi dall’udienza avvenuta il 12 dicembre 2023.
Archiviazione sulla quale ci sarebbe molto da ridire in quanto, nonostante i rilievi puntuali e precisi fatti nell’opposizione all’archiviazione da parte del C.L.P. (con il prezioso l’ausilio dell’avv. Bonifacio Giudiceandrea), non si è ritenuto di effettuare alcun approfondimento d’indagine. Eppure sarebbe emerso che quanto certificato dall’arch. Polla e dalla dott.ssa Morandini a maggio 2021, ossia l’assenza di acqua potabile, di servizi igienici e sistema di raccolta dei reflui industriali, corrispondeva a verità. A differenza di quanto scritto negli atti d’indagine, condotta dai CC di Albiano, che pur confermando la presenza, solo in un cantiere, di due bagni chimici, attestano trattarsi di bagni, le baracche o i container posti all’interno dei piazzali, nonostante le loro porte di accesso fossero “chiuse a chiave e quindi inaccessibili dall’esterno”. Essi scrivono di aver avuto “l’impressione a prima vista di un bagno di tipologia ‘chimico da cantiere’” in quanto tali baracche erano dotate di “una finestra di medie dimensioni” e inoltre “nella parte sottostante al box, per quanto è stato possibile vedere, si sono notati alcuni tubi che con probabilità facevano da collegamento con la vasca di raccolta dei liquidi reflui”. Impressioni, probabilità, non un documento attestante l’eventuale svuotamento di tali probabili vasche richiesto alle ditte!
Ma c’è di più: sia il PM nel richiedere l’archiviazione, che il Giudice nel concederla, fanno riferimento ad una attestazione dello UOPSAL (Unità operativa prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro) che, a seguito di ben 6 ispezioni in altrettante ditte operanti su quell’area, non avrebbe riscontrato alcuna carenza in merito al servizio di acqua potabile; ebbene, tra le 6 ditte indicate solo 2 si trovano in realtà in quell’area (una delle quali pare nemmeno operativa alla data dell’ispezione), mentre delle altre 4, due si trovano addirittura ad Albiano, una a Trento e solo un’altra a Lona-Lases, ma in località Pianacci. Eppure bastava leggere la tabella allegata alla relazione per rendersene conto!
Il paese dei citrulli
L’impressione che si ricava da tutto ciò è di trovarsi dentro la fiaba di Pinocchio quando, finito il burattino dietro le sbarre per aver denunciato di essere stato derubato, capisce che per essere rimesso in libertà deve smettere di protestarsi innocente, o peggio vittima, per dichiararsi invece reo confesso. Ma qui non siamo dentro una storia di Collodi; se così fosse, vedremmo aggirarsi molti nasi smisuratamente lunghi!
Qui abbiamo visto in azione il Potere, quello con P maiuscola appunto, quello formato da interessi economici forti e ben radicati (che non hanno esitato a dar vita a cointeressenze con soggetti legati ad organizzazioni mafiose), da una politica compiacente che da essi trae legittimazione, da istituzioni preoccupate più a non mettere a repentaglio gli equilibri di potere esistenti che non a presidiare la legalità fondata sui valori costituzionali. Non hanno certo brillato nemmeno le organizzazioni sindacali, la cui ragion d’essere è purtroppo molto lontana dalla tutela dei diritti dei lavoratori rappresentati e, infine, le associazioni che si definiscono “antimafia sociale”, rimaste incredibilmente mute in questi ultimi mesi.
Ma nonostante ciò, nessuno può cancellare ciò che è avvenuto in questi decenni: la predazione di una risorsa della collettività da parte di pochi, la devastazione ambientale e il feroce sfruttamento dei lavoratori (testimoniato quest’ultimo da due sentenze passate in giudicato). Vale a dire la sistematica violazione dell’articolo 41 della Costituzione che, pur garantendo la libera iniziativa economica privata, stabilisce che essa “non può svolgersi in contrasto con la utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. Qui sono condensate le ragioni dell’iniziativa e dell’esistenza del Coordinamento Lavoro Porfido che, non essendo stato il risultato elettorale un plebiscito in favore della lista guidata da un perfetto sconosciuto come l’avv. Giacomelli (ma composta dai soliti noti), rende legittimo e possibile il proseguimento della nostra azione.