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QT n. 11, novembre 2019 L’editoriale

Se questo è il cambiamento…

Il solito giochetto delle buone intenzioni e delle cattive pratiche, si invoca il rinnovamento e poi si nominano i soliti

Mirko Bisesti

Il Forum per la cultura voluto dall’assessore Mirko Bisesti ha presentato un primo documento. La commissione di esperti presieduta dal giornalista Pietrangelo Buttafuoco ha tratteggiato del sistema culturale trentino un quadro a luci ed ombre, sostanzialmente condivisibile. In estrema sintesi, il sistema è attraversato da rischi di frammentazione, ospita produzioni altrui di valore, ma le proprie produzioni le sa proporre poco al di fuori dei confini provinciali, ed è diretto da una generazione di protagonisti ormai invecchiata, che di fatto funge da tappo ai giovani.

Diciamo subito che i timori sugli esiti di questo Forum, criticato per la connotazione di destra dei suoi componenti, risultano alla luce dei fatti infondati. Queste prime conclusioni sono tutt’altro che eversive, anzi fin troppo condivisibili, per arrivare ad esse non occorrevano esperti, veri o presunti, nazionali. Il tema che ci preme è un altro: di queste indicazioni, cosa se ne fa la Giunta, che se ne fa Bisesti? Servono ad indicare un orizzonte, oppure a tenere una presentazione di fronte alla stampa e poi far dormire i documenti in un cassetto?

Infatti l’operato effettivo della Giunta Fugatti va in direzione opposta. Quando si tratta di procedere a nomine negli enti culturali, parole come nuovi orizzonti, apertura all’esterno e soprattutto rinnovamento generazionale, diventano fastidiosi inciampi.

Il caso forse più clamoroso è quello della proposta, da parte di Bisesti, di Sergio Divina alla presidenza del Centro Santa Chiara. L’ex senatore non ha alcuna competenza in merito (il Santa Chiara gestisce gli spettacoli dal vivo, e Divina nel campo non ha alcun curriculum; né, a quanto ci risulta, nessuno lo ha mai visto a teatro) e di certo non è un giovane (65 anni). Sessantenne è anche Franco Panizza, ex senatore anch’egli, proposto come segretario alla presidenza del Mart, cioè a lavorare con Vittorio Sgarbi.

Altra nomina, peraltro, di cui non ci sentiamo di contestare l’età (67 anni) né la provenienza politica (parlamentare, anche se deputato invece di senatore), ma la competenza specifica (è un critico d’arte classica, quella moderna e contemporanea non la mastica proprio e si vede: al Mart continua a proporre mostre su Caravaggio o Canova, peraltro da lui già allestite altrove) e il consustanziale aggressivo egocentrismo che lo porta a litigare furiosamente con tutti. Altro che sinergie e progetti comuni!

Insomma, quando si tratta di passare dalle linee teoriche alla prassi, Bisesti e Fugatti abbandonano i bei propositi e mettono la cultura in mano a personale politico a loro contiguo, inadeguato e decotto. C’è stato chi ha attribuito tali esiti all’esiguità della classe dirigente leghista, per cui gli attuali governanti si trovano costretti a raschiare il fondo del barile. Per noi il discorso è molto più radicale. Chi ha detto che per dirigere un ente culturale occorra la tessera del partito al governo? Non si potrebbe nominare qualche quarantenne che abbia speso la giovinezza e il suo management nella cultura invece che nella politica?

E questo delle nomine nella cultura è solo un esempio, più chiaro di altri in quanto più facilmente sotto gli occhi del pubblico. Il fatto è che i nostri leghisti sembrano sommare, oltre ai propri imperdonabili difetti (la semina dell’odio xenofobo) anche quelli del peggior doroteismo degli scorsi decenni, ulteriormente amplificati dalla minor dimestichezza nella gestione del potere.

I leghisti sono stati votati perché su tutta una serie di pratiche voltassero decisamente pagina. Invece la stanno riscrivendo uguale, ma del tutto sgrammaticata e in pessima calligrafia.