Cultura e istruzione secondo la Lega
Intervista al nuovo assessore Mirko Bisesti, leghista duro e puro eppur disponibile
Mirko Bisesti, segretario trentino della Lega, è ritenuto un salviniano duro e puro. Iscritto a Trento in Studi Internazionali, a Bruxelles effettuò uno stage proprio presso il futuro super ministro all’Interno allora poco assiduo parlamentare europeo. Sempre a Bruxelles proseguì come assistente parlamentare di Lorenzo Fontana, attuale cattolicissimo ministro della Famiglia (tradizionale). Come si vede, un percorso formativo - peraltro implementato dalla laurea con tesi sui sistemi formativi europei e le politiche dell’Istruzione dell’UE - presso gli esponenti del leghismo più ortodosso. Ora, a 29 anni, nella Giunta Fugatti è assessore all’Istruzione, Università e Cultura.
Educato, disponibile, tutt’altro che arrogante, Bisesti si è però subito fatto notare per alcuni interventi molto netti, in linea con l’ortodossia leghista più dura. Con lui, dopo aver premesso il nostro reciso dissenso dalle posizioni della sua Giunta sul tema immigrazione, parliamo dei temi specifici al suo assessorato.
Mentre lo stiamo intervistando, il tema del giorno è l’assetto dei musei provinciali (Muse, Mart, Usi e Costumi, Buonconsiglio), una telenovela che dura dalla passata legislatura, con un susseguirsi di proposte contrastanti su accorpamenti, centralizzazione dei servizi, provincializzazione dei dipendenti, ecc, infine sfociate in una legge di riforma
“Abbiamo stilato un protocollo con i sindacati per il passaggio formale dei dipendenti alla Provincia, che però rimarranno ai musei (come già oggi succede al Castello del Buonconsiglio, e la cosa funziona ndr). La riforma complessiva, invece, non convince, vedremo nel 2019 di elaborare una nuova proposta”.
Comunque a noi il tema di fondo sembra un altro: il rapporto tra attività di esposizione e di ricerca. Le grandi esposizioni servono ad attirare grandi numeri di visitatori, con il relativo indotto turistico; la ricerca invece serve ad ampliare le conoscenze. Quali delle due attività devono avere la priorità? Ad esempio, il Mart...
“Il Mart ha bisogno di essere rilanciato, ma in un contesto complessivo in una città come Rovereto. Deve assolutamente essere molto più integrato con la propria città, essere meglio accettato. Non deve essere un corpo a sé stante. La presidente e il direttore stanno puntando a un rilancio in quest’ottic”..
È un museo, una costruzione grande, molto grande, pensata per un’istituzione che abbia una proiezione come minimo nazionale...
“...una proiezione internazionale. Il che si può raggiungere all’interno di un sistema complessivo dei nostri musei, che, messi in rete, si supportano reciprocamente. Il fatto è che il Mart oggi è considerato meglio dai critici che dai cittadini”.
E quanto ritiene che serva il lavoro di ricerca?
“Serve sempre, un esempio ce lo fornisce il Muse. Serve a promuovere, vedi il numero di visitatori, come pure il fatto che vengono a studiare il modello da Turchia e India e ci chiedono di replicarlo. Inoltre la ricerca ti fa crescere le professionalità interne, hai una filiera di sapere interna”.
Appunto. Ma sul Mart non ci sarà da investire di più nella ricerca? Se hai prestigio, gli altri musei ti prestano volentieri le loro opere per le tue mostre. Il progetto originario prevedeva l’acquisizione di lettere, documenti sull’arte contemporanea, in maniera da formare un archivio su cui – si diceva – sarebbero arrivati frotte di studiosi a fare ricerca. Ora le acquisizioni sono state fatte, dubito che siano state catalogate, studiosi non se ne vedono, l’archivio risulta chiuso. E non è stato nemmeno fatto, per quanto per anni promesso, il catalogo delle opere di Depero, che porterebbe a una valorizzazione del patrimonio del Museo e del Comune.
“Tutti parlano sempre dell’importanza della ricerca. L’aspetto ora prioritario era la connessione con Rovereto. Attuali sono altri problemi, più terra terra. A iniziare dal saper lanciare la caffetteria, per troppo tempo chiusa, o contenere le onerose spese di riscaldamento”.
Parliamo dell’associazionismo culturale, un aspetto caratteristico del Trentino, con un proliferare di cultura diffusa. Qui è tradizionale l’alternativa: tanti contributi a pioggia, per sostenere l’associazionismo minuto, o contributi più robusti alle iniziative di maggior peso?
“La premessa è che stiamo parlando di qualcosa che caratterizza in positivo il Trentino. Vedi anche come la recente tragedia del disastro boschivo abbia evidenziato quanto sia prezioso il nostro volontariato. E anche il volontariato culturale, senza favorire i clienti, va sostenuto, sono oggettivamente un valore aggiunto”.
E i progetti di qualità? Come sii sostengono e come si distinguono?
“La distinzione la fornisce il budget. I nostri elettori si aspettano un cambiamento, nei temi trattati e in chi li affronta: quindi dal Festival dell’Economia in giù, oltre a portare cultura al territorio, dovremo portare modifiche sane e necessarie”.
In concreto cosa vuol dire?
“Avere una pluralità di voci e di opinioni. Non da stato sovietico, ma non è stato dato spazio a chi non era allineato a una certa visione; è il momento di darglielo, perché solo dal confronto critico - ed educato - possono nascere elementi di crescita”.
Insomma al Festival dell’Economia, avremo anche Bagnai (economista euroscettico, senatore leghista, attualmente presidente della Commissione finanze, ndr) e Borghi (anch’egli economista euroscettico, deputato leghista, ndr), basta invece con Prodi e Piketty (studioso delle concentrazioni della ricchezza e disuguaglianze di reddito, ndr)?
“Bagnai e Borghi sono dell’oggi, Prodi del passato, Piketty va benissimo”.
Veniamo agli spettacoli, con un Trentino in cui c’è un panorama molto ampio e variegato, con diverse organizzazioni strutturate, primo il Centro Santa Chiara, molte realtà indipendenti come i tanti teatrini e scuole di teatro, e ancora i festival di rilevanza nazionale. In questa situazione, l’ente pubblico che funzione ha?
“Di stimolo e indirizzo, anche reciproco. Il pubblico è il finanziatore; e va bene, non è vero che di cultura non si mangia. Poi il Trentino sconta difficoltà, a cominciare dai numeri ridotti che può mettere in gioco. Per questo bisogna puntare sulla qualità e sulla caratterizzazione. Io affermo che è mancata una cultura trentina, caratterizzatasi in quanto tale, e diversa da quella sudtirolese. Dovremo lavorare per farla emergere”.
La scuola. Dellai aveva introdotto l’abolizione degli esami a settembre attraverso i debiti formativi e relativi recuperi. Insomma, una scuola più facile. Che ne pensa?
“L’ho vissuta in prima persona, perché quando fu introdotta la riforma ero alle superiori. Non ho visto e non ci vedo una criticità”.
Una volta a scuola c’erano i presidi, che avevano autorevolezza e autonomia. Ora sono dirigenti, cioè dirigenti provinciali, dipendenti direttamente dal potere politico, anche perché, nella bulimia da potere dellaiano, era stato abolito l’ente intermedio, la Sovrintendenza, che fungeva da cuscinetto rispetto alla politica. Voi cosa fate?
“Il ripristino della Sovrintendenza l’abbiamo inserita nel programma, è una richiesta che da tempo avanzava, a gran voce, il mondo della scuola. Su questo sta lavorando il dipartimento Istruzione, ipotizzando alcune opzioni sulle competenze e ripartizioni di compiti e poteri”.
Cosa pensa se i presidi dicono di pensare in modo diverso dall’assessore, come nel caso dei crocifissi a scuola?
“Il mio sul crocifisso era un invito, non una circolare. Quelle sono decisioni in cui c’è un’autonomia della scuola, che è un mondo a parte, all’interno del quale saranno anche i genitori a dire la loro”.
I presidi di un tempo, almeno quelli più carismatici, vedi Definis al Prati o Sevignani al Galilei, davano un’impronta alla loro scuola. Oggi, forse per evitare questo, c’è un turn over molto frequente dei presidi.
“Il turn over non deve essere troppo frequente, d’altra parte la presidenza non deve essere una carica a vita. L’impronta deve dipendere dalla qualità del lavoro effettuato”.
L’Università. Il presidente Daniele Finocchiaro (dirigente d’azienda, ultima la Novartis che fa farmaci; ha fama di efficace tagliatore di teste, peraltro salvando l’azienda, ndr) è stato nominato nell’ultima settimana della legislatura di Ugo Rossi. Lo tenete o revocate?
“L’arroganza di questo metodo - una nomina in piena campagna elettoral -, è stata giudicato dagli elettori. A prescindere dal metodo della sua nomina, noi con il presidente dell’Università avremo un dialogo”.
Il rettore lamenta l’assenza di spazi per l’università, a partire dalla carenza di aule studio...
“Mi sono attivato con tre scuole, per avere nuove aule”.
Forse c’è qualcuno che punta a ben altre soluzioni. Per essere chiari, cosa pensa di un’espansione dell’Ateneo alle Albere?
“Ci vuole un piano di sviluppo, per l’università e la città”.
Noi confidiamo che in questo sviluppo non ci sia l’acquisto a usi universitari di un quartiere di lusso.