Stelvio: un parco stravolto dalle speculazioni
Lo smembramento fra Provincia di Trento, di Bolzano e Regione Lombardia non promette niente di buono
Con gravi ritardi il Parco nazionale dello Stelvio si appresta ad approvare il Piano parco. Ma si arriverà ad una banale sommatoria della pianificazione dei tre riferimenti istituzionali: le Province autonome di Trento e Bolzano e la Regione Lombardia.
Era stato detto, a seguito dell’intesa fra Enti locali e Ministero (11 febbraio 2015) e al varo della successiva norma di attuazione (2016) che la nuova gestione dell’area protetta delegata alle realtà locali sarebbe stata finalmente efficiente. Si era detto che si sarebbe sburocratizzato l’ente: dopo 80 anni di vita, o meglio di immobilismo, la norma avrebbe contribuito allo sviluppo delle popolazioni locali, recuperando contemporaneamente paesaggio e offrendo nuove prospettive alla conservazione e all’implemento della biodiversità.
L’ambientalismo nazionale, sdegnato da questo mutamento istituzionale, affermava che la realtà era molto più semplice: in realtà si intendeva smembrare il parco nazionale in tre ambiti provinciali-regionali allo scopo di offrire ai singoli territori la possibilità di avviare speculazioni e nuovi collegamenti sciistici altrimenti improbabili. In pratica si trattava di un regalo del governo e della Commissione dei 12 alla SVP, che da sempre ha vissuto il parco come una imposizione fascista e che anche su quel territorio voleva recuperare autonomia decisionale.
I timori espressi dall’ambientalismo si stanno rivelando fondati, come dimostrano le tre leggi di applicazione della norma di attuazione, nate in tempi diversi: nel dicembre 2015 legifera la Regione Lombardia, a seguire, nel luglio 2016, il Trentino, e finalmente, nel marzo 2018, buona ultima, “l’efficiente” provincia di Bolzano.
Si tratta di leggi diversissime fra loro, che da subito rompono l’obiettivo della gestione omogenea del parco; tre leggi che daranno vita a tre regolamenti diversi. I comitati di gestione locali, specialmente per Bolzano, non saranno solo luoghi di confronto, ma dei veri e propri organi direttivi, che possono avanzare progetti di sviluppo privi di logica complessiva e che si limitano ad analisi riduttive e localistiche.
Subito il cemento e lo sci
La prima dimostrazione di questa lettura era già presente nel 2016 con il sostegno, tramite i soldi dei comuni confinanti della provincia di Bolzano, all’idea lombarda di costruire un grande tunnel stradale e ferroviario fra Bormio e la Val Venosta. Un progetto costosissimo, ma privo di ogni logica: ad oggi la Valtellina non dispone di una ferrovia e la morfologia del territorio sembra non permettere l’inserimento sostenibile di una ulteriore infrastruttura nella stretta vallata. Un’opera, sia stradale che ferroviaria, certamente fuori contesto, ma fortemente voluta da Confindustria Lombardia.
E poi arrivano i temuti nuovi collegamenti sciistici. In Lombardia si sostiene un collegamento che vanta una lunga e infruttuosa storia: collegare gli impianti di Santa Caterina Valfurva con quelli di Bormio. Sembra che l’imprenditore Giovanni Cagnoli (già coinvolto in SEAT Pagine Gialle, titolare dell’azienda di peluche Trudi e marito della titolare della Ermenegildo Zegna, Milla Zegna Baruffa) voglia riprendere il vetusto progetto che tanta animosità aveva già sollevato in Valtellina. Confronti per lo più sostenuti tra favorevoli ad attingere a fondi pubblici e contrari: ma non c’è dubbio che un simile collegamento, per sostenersi, dovrebbe ottenere sostanziosi contributi pubblici.
A Bolzano
In Provincia di Bolzano le idee sono invece più chiare. Da tempo. La giunta provinciale ha appena dato il via libera ad un nuovo collegamento sciistico presentato dalla società “Seilbahnen Sulden” che prevede il completamento del carosello Ortler Ronda, il collegamento fra Madriccio, Pulpito e Monte Orso. Si tratta di realizzare una funivia che colleghi la zona di stazione a monte dell’impianto di Monte Orso con la Punta del Coston e una pista di sci, che partirà da Monte Coston verso la pista di rientro a valle Madrischjoch II. Come sempre accade in questi casi, anche per giustificare i consistenti fondi pubblici a sostegno delle opere, si parla di mobilità alternativa e dell’avvio di un nuovo piano di mobilità per Solda, Solda senz’auto. Per mettere le mani avanti il comune di Stelvio aveva già approvato il progetto nel luglio 2016, nel gennaio 2018 era quindi stato sostenuto dall’Ufficio provinciale del Parco.
Non resta che il TAR...
L’osservatorio delle associazioni ambientaliste nazionali del Parco dello Stelvio (che comprende anche il CAI e il TCI) ha presentato contro la delibera provinciale un ricorso al TAR oltre ad un ricorso in autotutela al Presidente della Repubblica. Le motivazioni a sostegno delle due iniziative sono di carattere formale e sostanziale.
Le linee guida nazionali, approvate anche da Bolzano, hanno individuato e limitato le zone sciabili nei demani già esistenti, demani che non risultano allargabili perché, fino ad approvazione del Piano parco nazionale, le linee guida sono vincolanti. Questo è un primo profilo di illegittimità. Vi sono poi altri limiti formali da valutare. C’è inoltre l’approfondita analisi dell’Agenzia Provinciale per la Protezione dell’Ambiente (APPA), che descrive i danni che l’impianto arreca alla biodiversità e all’habitat della pernice bianca, e ad una morena glaciale che risulterà distrutta. In pratica, a quote tanto elevate un insieme ambientale e paesaggistico subisce modifiche irreversibili.
Certo è che la giunta provinciale di Bolzano confonde sistematicamente il concetto di sostenibilità con quello della valutazione tecnico/amministrativa. Nella decisione provinciale non si fa alcun riferimento ai contenuti della Convenzione delle Alpi: il procedimento si è svolto tutto e unicamente sulla base della normativa della Provincia di Bolzano e precisamente della legge 14/2010 e del decreto del Presidente della Provincia 3/2012. La normativa europea di Natura 2000 e la legge nazionale dei parchi nemmeno sono state prese in considerazione. Non andava infatti sottovalutato che nelle immediate vicinanze del potenziamento dell’area sciabile sono presenti due siti Natura 2000, il Chavaltschalm e l’Ortles-Madriccio. L’APPA riteneva che, qualora si procedesse, il progetto dovrebbe comprendere opportune opere di compensazione paesaggistica e naturalistiche, nemmeno citate nella delibera di approvazione.
Certo, ricorrere al TAR in Provincia di Bolzano come a Trento è rischioso: le due autonomie hanno affidato ai giudici da loro nominati un eccesso discrezionale. Un’eventuale sconfitta del ricorso avrebbe ripercussioni negative sull’immagine dell’ambientalismo, che per l’ennesima volta verrebbe identificato nel partito del no, senza che si valuti la sostanza della protesta. C’è anche da dire che a livello di base, in val Venosta, non si muove foglia, e non essendoci un movimento locale che sostenga l’opposizione al potenziamento dell’area sciabile, non rimane altro da fare che ricorrere a strumenti giudiziari.
Questo carosello è uno dei veri motivi per cui la SVP ha fortemente voluto lo smembramento del Parco dello Stelvio. La storia della gestione in autonomia del parco inizia dunque proprio male.
Le potenzialità
Eppure anche lo smembramento avrebbe potuto avere risvolti positivi: in presenza di buona fede, ovviamente. Per la prima volta le istituzioni, garantite da una gestione che vede la Provincia autonoma protagonista e i comuni coinvolti, hanno la possibilità di promuovere una diffusa accettazione del parco da parte delle popolazioni residenti. Si avrebbe la possibilità di unificare le diverse percezioni sociali e culturali in un nuovo concetto di gestione sostenibile del territorio, in grado di coniugare ecologia, economia e sviluppo sociale, portando il parco a perdere ogni connotazione burocratica o peggio nazionalistica, per investire invece in un’area in cui la natura gode del massimo livello di tutela consentito dalla legislazione provinciale, italiana ed europea. Un’area in cui le tutele dell’ambiente e del paesaggio e l’alta qualità ecologica non sono un ostacolo, ma una garanzia per chi ci vive, un investimento in benessere nel lungo periodo e la possibilità di creare occasioni originali di sviluppo.
Ma la discussione tenutasi in Consiglio provinciale di Bolzano nella valutazione della legge provinciale è stata deludente: il notevole sforzo di mediazione portato avanti dai Verdi ha ottenuto limitate aperture.
Su tutto l’insieme del confronto sul futuro del Parco nazionale dello Stelvio emerge infine una preoccupazione ancora più profonda: l’assenza del Ministero nel far rispettare le linee guida e i valori essenziali di un parco nazionale. E siamo solo agli inizi: fra qualche mese, forse anche solo fra qualche giorno, vista la ormai imminente scadenza elettorale, nelle due Province autonome si ritornerà a parlare di modifiche, in senso peggiorativo, delle aree di tutela integrale e della possibile riduzione dell’areale del Parco nazionale.