Menù
Home
QT
Questotrentino
Mensile di informazione e approfondimento
Utente
Cerca
QT n. 6, giugno 2014 Servizi

Stelvio: una resa incondizionata alla SVP

Dopo molti tentativi si è riusciti a spaccare il parco in tre pezzi. Le responsabilità e le conseguenze.

Lo ripeteva in modo ossessivo Alfons Benedikter. Fin dal 1951, quando lo Stato chiedeva che nel cuore delle Alpi venisse istituito il più grande parco nazionale d’Europa, lo Stelvio-Adamello-Brenta. E poi nel 1974, quando il suo partito cercava di imporre lo smembramento del parco nazionale: il parco dello Stelvio deve saltare. Ne era convinto: prima dei diritti della natura vengono quelli dell’uomo che vi abita. E lo Stelvio è un parco fascista, in Sudtirolo ogni competenza di gestione affidata allo Stato italiano deve essere superata. Il suo obiettivo è rimasto nel cuore della SVP per 63 anni, e finalmente è stato realizzato. Dal 7 maggio 2014 il parco dello Stelvio ha perso ogni possibilità di essere gestito con una regia unitaria: si trova smembrato in tre ambiti, due di profilo provinciale (Trento e Bolzano), e uno regionale, il settore lombardo. Lo ha deciso la commissione dei 12 a Roma approvando una norma misera nel contenuto e nel profilo culturale.

Nell’ultimo decennio sono stati numerosi i tentativi per far fallire il parco. Ci provò nel 2006 l’onorevole Bressa (PD), sempre succube alla SVP. Nel 2010, in presenza delle difficoltà di Berlusconi nel garantire la tenuta del suo governo, la SVP contrabbandava l’astensione sul voto di fiducia (14 dicembre 2010) con l’imposizione di una norma di attuazione che prevedeva lo smembramento del parco. Norma subito approvata dalla Commissione dei 12, allora presieduta da Mario Malossini. Ma l’azione dell’ambientalismo trentino e delle associazioni nazionali riuscì a fare in modo che il presidente della Repubblica Napolitano non firmasse il susseguente decreto del Consiglio dei Ministri perché nella trattativa non vi era stato il coinvolgimento della Regione Lombardia e perché si violava la legge quadro dei parchi nazionali, la 394/1991.

Nel frattempo scadevano tutti gli organi di gestione dei tre settori del parco, compreso il comitato di gestione nazionale. Rimaneva in carica solo il presidente, il discusso e debole maestro di sci Ferruccio Tomasi, che scadrà fra due mesi e quindi ha di fatto svolto le funzioni di commissario senza possederne il titolo. Un vuoto di potere voluto dalla SVP, teso a dimostrare che del parco (e dei parchi nazionali tutti) allo Stato non interessa nulla, e a diffondere nelle popolazioni locali avversione e ostilità verso un ente descritto come impositore di vincoli e ostacolo ad ogni sviluppo.

Dopo tanti tentativi fallimentari la SVP ha giocato in modo più astuto. In occasione delle elezioni nazionali del febbraio 2013 ha stretto un patto d’acciaio col PD, nazionale e regionale, che prevedeva esplicitamente lo smembramento del parco. In effetti il governo Letta ha inserito nella legge di stabilità del 27 dicembre 2013 un comma che prevedeva esplicitamente il passaggio delle funzioni statali di gestione del parco alle due Province autonome e alla Regione Lombardia, ottenendo il consenso in Parlamento.

A questo punto la strada per una nuova norma di attuazione, questa volta legittimata dalla legge dello Stato, era spianata. E infatti il 7 maggio la commissione dei 12 presieduta da Lorenzo Dellai ha di fatto inferto la prima picconata al parco dello Stelvio. Ora si è in attesa del parere dei ministeri interessati, poi la norma ripasserà in Commissione dei 12 per gli ultimi aggiornamenti e infine il Consiglio dei Ministri ne decreterà il valore di legge di profilo costituzionale, nel rispetto dello Statuto di Autonomia della Regione Trentino Alto Adige.

I contenuti della norma.

Roma, 7 maggio: la seduta della Commissione dei 12 alla presenza degli ambientalisti trentini (SAT, Italia Nostra, Mountain Wilderness, Cipra Italia, LIPU, WWF)

Le sole associazioni ambientaliste trentine, affiancate dalla SAT, si sono trovate a ostacolare la cancellazione del più esteso parco nazionale delle Alpi. Nel profilo istituzionale c’è stato l’impegno dei Verdi-Grùne altoatesini e del Movimento 5 Stelle a Trento e Roma. Si è trattato di un lavoro impegnativo: risultava infatti impossibile avere notizie sulla proposta di norma, perché i contenuti erano secretati tra SVP-PD e uscivano solo dei frammenti di informazione. Grazie alla loro tenacia le associazioni sono però riuscite ad avere una audizione in Commissione dei 12 (è la prima volta nella storia dell’autonomia regionale), ma i risultati ottenuti sono stati comunque deboli. Questo nonostante che una mozione approvata all’unanimità dal Consiglio Regionale della Lombardia sostenesse alcune delle richieste base dell’ambientalismo, locale e nazionale: “...sostenere nelle sedi opportune l’importanza di una pianificazione unitaria e del ruolo del Comitato di coordinamento con compiti di indirizzo e pianificazione, oltre che del mantenimento della presenza della governance aperta agli amministratori locali, alle associazioni e alla loro funzione di garanzia e partecipazione, come previsto dalla legge quadro 394/1991 sulla aree protette”.

Le associazioni ambientaliste avevano ravvisato anche altre criticità. L’assenza di un preventivo confronto con tutti gli interlocutori interessati, la soppressione dell’attuale Consorzio senza una chiara definizione dei nuovi enti gestore in armonia con l’attuale legislazione nazionale (L. 394/1991). Ma anche una totale assenza di definizione dei futuri organi di gestione e di controllo, la mancata previsione di un presidente e di una direzione scientifica autorevole e unitaria, l’assenza di criteri di competenza e professionalità per la designazione dei membri del Comitato di coordinamento... E così via, fino all’ incredibile: nessuna indicazione nel merito del Piano di parco. Gli ambientalisti poi avevano avanzato un’articolata serie di proposte, una sola delle quali è stata recepita: l’inserimento di un rappresentante delle associazioni nel Comitato di Coordinamento.

Tre strutture: ognuna per conto proprio

Così come concepita e scritta, la norma non avvia un serio progetto di riforma dell’attuale assetto istituzionale, giuridico, organizzativo e funzionale del Parco, ma ne conferma di fatto la liquidazione. Dalle ceneri del Parco Nazionale nasceranno due parchi naturali provinciali e un parco regionale, con autonome strutture di gestione, una pianificazione separata, normative distinte e con un Comitato di coordinamento di natura ibrida e politica, privo di competenze qualificate e quindi incapace di svolgere con autorevolezza i compiti di “coordinamento e di indirizzo”.

Si è nella totale assenza di riferimenti alla giurisdizione europea in materia di aree protette: anzitutto verso la Convenzione delle Alpi e in secondo luogo con la disciplina europea relativa alla Rete ecologica natura 2000.

Non si citano nemmeno riferimenti alla possibilità di costruire una “rete di riserve” con i parchi confinanti (italiani, austriaci e svizzeri) in una prospettiva europea, recuperando i contenuti del protocollo sulla conservazione del paesaggio e le aree protette della Convenzione delle Alpi. E si chiude con la sconfortante e offensiva conferma della deresponsabilizzazione finanziaria della Regione Lombardia nella futura gestione dell’area protetta, compito che viene assunto in modo totale dalle due Province autonome (si tratta di circa 10 milioni di euro l’anno).

Ben tre membri della attuale Commissione dei 12 nel 2011 ricoprivano incarichi strategici nella Giunta Provinciale di Trento. Si tratta dell’ex presidente Lorenzo Dellai, del suo vice Alessandro Pacher e di Franco Panizza. Questi, sollecitati dal lavoro della Cabina di regia delle aree protette, riguardo il Parco Nazionale dello Stelvio avevano recepito un documento che chiedeva:

- di garantire il massimo livello possibile di partecipazione e di coinvolgimento della società civile;

- l’avvio della istituzione di un parco transnazionale aperto con una dimensione sovranazionale in una logica di rete;

- l’investimento in una dimensione culturale; - una direzione scientifica unitaria e autorevole; - un piano parco unitario.

Nessuna di tali indicazioni è stata accolta; gli stessi personaggi che allora le sostenevano hanno deciso l’esatto opposto. Così hanno distrutto il parco nazionale, si sono inchinati alle imposizioni della SVP, divenendo i promotori della demolizione, anche culturale, delle aree protette. È stata insomma la vittoria di una politica sempre più misera e priva di valori.

Parole chiave:

Articoli attinenti

In altri numeri:
Lo smembramento
Stelvio: un parco in stand-by
Lo Stelvio a un passo dallo smembramento
Caterina Rosa Marino
L’ Italia demolisce i parchi nazionali
Parco dello Stelvio: fine dell’agonia
Parchi nazionali: aziende economiche e basta?
Stelvio: un parco stravolto dalle speculazioni

Commenti (2)

Cos'è un parco nazionale? Luigi Casanova

Il lettore probabilmente non conosce cosa prevedano gli organismi internazionali nella gestione dei PARCHI NAZIONALI. Nessuno toglie autonomie agli enti locali, ma i parchi rispondono a priorità consolidate da 150 ANNI nel diritto internazionale ed in altre normative europee. L'accordo PD SVP, accordo preeletorale, prevedeva quanto accaduto, cioè lo sfacscio di un parco nazionale mentre nel resto d'Europa e nel mondo si lavora per costruire parchi transnazionali. Ovviamente se non si vuole comprendere quanto accaduto ognuno è libero di pensaare diversamente. Guarda caso nessun politico ha contradetto, in assemblee pubbliche ed istituzionali, quanto portato avanti dagli ambientalisti: lo hanno fatto solo in riunioni rimaste segretate. Luigi Casanova

stelvio franz mittagessen

nell'articolo di Luigi Casanova, ben si riporta il riferimento alla L. 394/91, ma si omettono il protocollo di Shenken e di Maastricht ai quali l'Italia ha sottofirmato. Ora, per la legge delega (DPR 616), lo Stato delega alle Regioni la competenza gestionale dell'area nella cui regione l'area protetta ricade, e le regioni (per subdelega ai comuni) delegano ai rispettivi comuni la competenza gestionale dell'area che ricade nei rispettivi ambiti comunali. Non mi è chiara la critica di responsabilità che si muove al Pd ed al SVP: se le direttive dello Stato (con gli impegni assunti internazionalmente) vengono attese secondo le linee guida statali, non vedo nessun allarmismo. Se invece, di fatto avviene uno smembramento con conseguenti iniziative autonome, scollegate e non conformi, allora sono anch'io del parere che un allarmismo di fondo sia giusto averlo. terza ipotesi: non ho capito un gran chè, ed allora mi scuso a priori.
Scrivi un commento

L'indirizzo e-mail non sarà pubblicato. Gli utenti registrati non devono inserire altre verifiche e possono modificare il proprio commento dopo averlo inserito.

Riporta il codice di 5 lettere minuscole scritto nell'immagine. Puoi generare un nuovo codice cliccando qui .

Attenzione: Questotrentino si riserva la facoltà di cancellare commenti inopportuni.