Il contratto stracciato
L’Associazione Artigiani disdetta il contratto dei metalmeccanici. Un precedente che può essere micidiale. E subito i sindacati si dividono.
La vicenda è quella di cui sui giornali avrete letto come di una bega tutta interna alla CGIL, tra i duri e puri della Fiom che “ne fanno una battaglia ideologica folle per quanto legittima” e il segretario della CGIL Franco Ianeselli che vorrebbe ricucire gli strappi, trattare e giungere ad un accordo.
Ma quali strappi, e quale accordo?
In realtà la vicenda è molto più grave: intacca uno dei principi fondamentali nei rapporti di lavoro, il contratto collettivo di lavoro, la sua validità. Anzi, è uno dei principi della società civile, la validità dei contratti tra due parti: se tu firmi, poi devi onorarlo, non è che puoi fare il furbo.
Vediamo i fatti. Dopo mesi di trattative tra i sindacati metalmeccanici e l’Associazione degli Artigiani, il 20 settembre del 2016 Fim, Fiom e Uilm esultano: in un comunicato congiunto annunciano una intesa (definita storica) con cui “si ampliano i diritti e si incrementano i salari” di oltre 4.000 lavoratori metalmeccanici dell’artigianato. Gaudium magnum: l’accordo era atteso da anni e sembra accontentare tutti; si incassano pubblici complimenti e congratulazioni
Ma arriva, inaspettato, uno “schiaffo in faccia”. Dopo pochi giorni l’Associazione Artigiani disdice unilateralmente il contratto. Cosa vuol dire “disdire”? È una cosa prevista dal codice civile? A noi non risulta. E neanche ai sindacati, che unitariamente lo definiscono “un atto intollerabile e di inaudita gravità”. Proviamo a chiedere a Marco Segatta, Presidente dell’Associazione Artigiani:
“All’epoca non ero io il presidente (era Roberto De Laurentis, n.d.r.). Comunque fu disdettato perché i nostri rappresentati lo ritenevano non sostenibile. In seguito, con la mia presidenza è stata fatta la discussione su come modificarlo”.
Scusi, ribadiamo il concetto: se i contratti, una volta firmati, possono essere messi in discussione, non ha più senso farli. E questo non solo a livello sindacale…
“Sarà stato fatto un errore. E infatti il nuovo contratto, prima della firma, l’abbiamo sottoposto ai nostri organi competenti”.
Quello che Segatta non dice è che nel settore artigiano i rapporti sindacali sono molto particolari. Si tratta di piccole aziende, in cui spesso il titolare lavora fianco a fianco con i dipendenti. E li controlla. Fare sindacato in queste realtà è difficile. Ed è ancor più difficile dar vita ad una causa quando il tuo datore di lavoro non rispetta un contratto.
Probabilmente l’Associazione Artigiani contava su questo. Sta di fatto che i sindacati si guardano bene dall’adire le vie legali. E iniziano a trattare per arrivare a una revisione del contratto: per smussare gli spigoli, con l’obiettivo di arrivare a salvarne la sostanza riformulando alcuni aspetti sgraditi a tanti piccoli imprenditori.
Le trattative però vanno per le lunghe. Dapprima c’è il rinnovo delle cariche all’Associazione, con De Laurentis che si trova a fine mandato; poi subentra Segatta, che deve guardarsi attorno per capire come andare avanti; poi ci sono le ferie…
“Quando è arrivata la disdetta io me la ero presa, su Facebook, avevo dato del quaquaraqua al presidente De Laurentis, che difatti mi aveva denunciato – afferma Ianeselli, segretario generale della Cgil - Bisognava tenere la posizione, aprire i contenziosi legali. Invece le categorie, compresa la Fiom della Cgil, avevano deciso di mettere la sordina alle polemiche, sedersi a un tavolo e trattare. Una trattativa che però è andata avanti per mesi e mesi…”.
Sta di fatto che, quando si è iniziato a parlare di aspettare le ferie, alla Fiom hanno cominciato a sentire puzza di bruciato. Il risultato infatti è arrivato di lì a breve: a settembre ecco un nuovo contratto, sottoscritto senz’altro da Fim-Cisl e da Uilm-Uil che evidentemente avevano avviato una trattativa per conto loro. E il contratto risulta nettamente peggiorativo.
Punti critici | Contratto disdettato (del settembre 2016) | Contratto Cisl-Uil (dell’agosto 2017) |
---|---|---|
Malattia | Retribuiti tutti i giorni di malattia | Per malattie inferiori a 7 giorni sono pagati 3 giorni al massimo, e per un solo evento morboso in un anno |
Flessibilità di orario | 50 ore annuali in più, da recuperare con altrettante in meno, e pagate con maggiorazione del 25% | La maggiorazione è del 20% |
Orario multiperiodale | Non è previsto (si applica la flessibilità) | L’orario contrattuale di 40 ore settimanali può essere realizzato come media nell’arco dell’anno (in pratica, aboliti i vincoli della flessibilità) |
Permessi retribuiti | 16 ore annue | 8 ore annue + altre 8 nel caso (improbabile) venga attivata la flessibilità |
Premio di risultato | Da 50 a 90 euro lordi mensili, a seconda della redditività del comparto artigiano | Non è previsto |
Indennità contrattuale | Non è prevista | Da 23,5 a 40 euro lordi mensili, ma solo per chi (pochissimi) ha un salario ai minimi contrattuali |
Una tantum | Non è prevista, si chiedono i premi dovuti dal settembre 2016, circa 600 euro | 200 euro da conteggiare nella retribuzione dell’ottobre 2017. Ai lavoratori non iscritti a Fim-Cisl e a Uilm-Uil dei 200 euro sono trattenuti 10, da versare a Fim-Cisl e a Uilm-Uil |
Nella tabella sintetizziamo, con qualche brutalità (i contratti sono appositamente scritti con mille contorsioni sindacal-burocratesi, difficilmente comprensibili ai non addetti ai lavori) le differenze tra i due testi.
Come si vede, praticamente in tutte le voci c’è un peggioramento. In genere modesto, anche se costante. Tranne sulla voce “flessibilità”: mentre il contratto del 2016 prevedeva in un anno 50 ore “flessibili”, cioè da spostare dai periodi di poco lavoro a quelli di lavoro intenso, il nuovo contratto non pone alcun limite, le 40 ore settimanali possono essere distribuite praticamente a piacere nell’arco dell’anno. In buona sostanza le norme possono essere interpretate come la fine dell’orario di lavoro.
Anche sui soldi c’è un arretramento: si abolisce il premio di risultato (50-90 euro mensili) e si introduce un’identità contrattuale di cui non potrà beneficiare nessuno o quasi; al posto dei 600 euro di arretrati perché il contratto non è stato applicato dal settembre 2016 si introduce una “una tantum” di soli 200 euro.
Insomma, gli operai artigiani ci perdono di brutto.
C’è però chi ci guadagna, oltre agli imprenditori. E qui non si può non essere cattivelli. A guadagnarci sono Fim e Uilm, i sottoscrittori del contratto. Che infatti vengono a incassare 10 euro trattenuti ad ogni lavoratore, anche a quelli non iscritti (e sono la grande maggioranza).
“L’istituto delle quote contratto non è un precedente inaudito, ci sono categorie che hanno firmato contratti che lo prevedono, la ratio è che il non iscritto si sobbarca un onere per sostenere il sindacato che ha portato a termine il contratto” - ci dice un ecumenico Ianeselli.
Ma qui siamo davanti a un prelievo obbligatorio!
“Su questo aspetto ci sono contratti scritti in maniera ambigua. Io penso che, se si istituisce la quota contratto, dovrebbe essere prevista per il lavoratore la possibilità di dire di no. Nel contratto degli artigiani di Fim-Uilm di cui parliamo, il punto controverso è l’obbligatorietà del prelievo, senza prevedere il consenso, per di più in presenza di una firma non unitaria”.
Due contratti
La situazione è confusa. Teoricamente ci sono due contratti in vigore, quello del 2016 per gli iscritti della Fiom e quello nuovo del 2017 per gli iscritti Fim-Cisl e Uilm-Uil e, a rimorchio, per tutti gli altri. Di fatto l’unico contratto applicato è il secondo. La Fiom si appresta ad aprire il fronte legale. Peraltro non molto supportata dalla Cgil, che sulla stampa ha preso vistose distanze dalla sua organizzazione di categoria, la Fiom appunto.
“Il nuovo contratto non va demonizzato. Va rivisto – ci dice Ianeselli - Teniamo presente che aprire ora una mobilitazione, in un settore frammentato come l’artigianato, è difficile; anche perché i lavoratori hanno intascato più soldi, meno di quelli previsti dal contratto disdettato, ma comunque li hanno intascati. In quanto alle azioni legali, possono essere fatte e vinte, ma dopo anni (su questo gli avvocati di QT non concordano, in un anno o poco più, se si vince si prendono i soldi ndr) e riguarderanno il singolo artigiano che avrà fatto causa. Credo che sia meglio puntare a un accordo per tutti i 4.500 dipendenti”.
Quindi voi siete contrari a queste azioni legali?
“L’iscritto Cgil può rivendicare il contratto del 2016, la possibilità di cause legali vincenti c’è, e c’è il nostro sostegno. Noi pensiamo però che accanto alla pressione sul piano legale, si debba arrivare a un contratto per tutti i 4500 lavoratori, non solo per quelli che fanno la causa. Il fatto è che finora, in Trentino, contratti separati non ne avevamo visti. È meglio proseguire con relazioni sindacali che trovino le loro conclusioni ai tavoli di trattativa e non nelle aule di tribunale. Con senso di responsabilità da parte di tutti, anche degli Artigiani, che mi risulta si rendano conto dell’insostenibilità della situazione”.
Appunto gli Artigiani. Che dicono?
“Non penso proprio che il nuovo contratto si possa definire peggiorativo – ci risponde il presidente Segatta - Ci sono dei punti che sono stati rivisti, riformulati, declinati in altra maniera, più gestibile. Per la Fiom sarà pure un risultato peggiorativo, però con gli altri sindacati l’accordo lo abbiamo raggiunto”.
E non avere il consenso una parte significativa del mondo sindacale, non è un problema?
“Precisiamo: sono stati loro che si sono alzati dal tavolo. Poi io trovo auspicabile riuscire a parlare con tutto il sindacato e da parte nostra c’è l’apertura a trovarci tutti assieme. Su edilizia e porfido siamo riusciti a portare a casa un contratto condiviso da tutti; siamo aperti anche con i metalmeccanici a riprendere il discorso”.
Chiacchiere? Forse (sul contratto del porfido abbiamo profonde riserve e ne parleremo). Di sicuro il fronte sindacale si è indebolito, e di molto. Ed accettando il principio che un contratto lo si può impunemente stracciare, si è messo a rischio il senso stesso della sua esistenza. Non è una buona notizia.
Anche perché le categorie frantumate sono sempre più ampie, continuamente coprono nuovi lavori. Lavori che saranno lasciati in balia di una precarietà sempre più esasperata, se passa la prassi per cui in questi ambiti contratti collettivi e sindacato contano poco o nulla.
Per questo noi ci sentiamo in dovere di spezzare una lancia in favore della Fiom, pur vituperata dagli altri media. E purtroppo ci vediamo costretti, ancora una volta, ad auspicare che sia l’intervento della magistratura a garantire un quoziente più elevato di civiltà.