LaVis: condanna (definitiva) e rinascita (provvisoria)
A fine febbraio è stata depositata la sentenza con cuila Cassazioneha definitivamente condannato la triade responsabile del tracollo della Cantina LaVis: il presidente Roberto Giacomoni, il direttore Fausto Peratoner, il vice Cesare Andermarcher. Dei tanti pasticci nella conduzione dei tre della Cantina, quello fatale è stato proprio il più eclatante, l’accordo scellerato con ISA, congiuntamente alla quale nel 2005 veniva acquistata Casa Girelli. La finanziaria vescovile acquistava il 30% di Girelli con un esborso di 8 milioni, ma un patto parasociale prevedeva che dopo 5 anni ISA potesse rivendere la sua partecipazione (salita nel frattempo al 31%, senza altri esborsi ma per via di un’ulteriore gabola che qui non stiamo a illustrare) ad un prezzo stratosferico, 12,2 milioni: a un interesse composto del 9% poi definito usuraio dalla Guardia di Finanza.
Quello che ha inguaiato la triade non è però stato il merito dell’operazione suicida, ma averla nascosta, o meglio non avere menzionato nei libri sociali la fideiussione di 12 milioni che la finanziaria aveva preteso a garanzia.
Da qui il reato di ostacolo agli organi di vigilanza (che non erano stati messi in grado di valutare correttamente i bilanci) e la condanna a otto mesi di reclusione, ora confermata in via definitiva dalla Cassazione.
Questo atto certifica la correttezza delle nostre inchieste, che in questi anni avevano fatto risalire la drammatica situazione della Cantina non a difficoltà di mercato, ma alla malagestio del suo management, troppo supportato dalla politica (Dellai), di cui il rapporto con ISA era il caso più eclatante (“Come al medioevo: soldi dai contadini al vescovo” titolavamo).
All’era della Triade era poi seguita quella del commissario Marco Zanoni (voluto anch’egli da Dellai), che da una parte si guardava bene dal tirare fuori gli scheletri dall’armadio, dall’altra dava il via a una gestione autoritaria che faceva fuggire i soci e peggiorava i già precari conti. Sull’orlo del baratro è arrivato il nuovo commissario Andrea Girardi, uomo di fiducia questa volta di Rossi.
Come stanno andando le cose con lui? Girardi, dismesse le arie burbanzose di Zanoni, è riuscito a svelenire il clima attorno alla Cantina. La quale, oltre ai colossali buchi nei propri conti, scontava una serie di diffidenze ed ostilità: tra i contadini, ferocemente divisi tra i fedelissimi della Cantina e quelli che con Peratoner prima e Zanoni poi avevano bruscamente rotto; nell’opinione pubblica, stanca di vedere continui favori (ultimi, gli 8 milioni stanziati da Rossi) a una realtà economica troppo favorita e in crisi perenne; nel mondo vitivinicolo, che a torto o a ragione lamenta una concorrenza sleale di LaVis attraverso vendite sottocosto; nella stessa cooperazione, attaccata da Zanoni perchéla Vigilanzacooperativa osava mettere in discussione i suoi bilanci.
Girardi ha tentato di voltar pagina. Ma non è facile. Anzitutto ci attendiamo segnali di inversione sul fronte giudiziario rispetto all’era Zanoni, che non sono venuti. Sul fronte economico ha ripetutamente annunciato un accordo con le banche creditrici, che è stato sottoscritto solo a fine febbraio, mesi dopo i primi annunci, a indicare la perplessità degli istituti di credito di fronte a bilanci chela Vigilanzacontinua a valutare severamente.
In compenso sulla stampa sono apparsi annunci di straordinari boom di vendite nel mese di gennaio, dovuti al lavoro del nuovo management testé assunto.
Auguri.