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QT n. 9, settembre 2013 Monitor

La fabbrica delle donne

Una cattedrale del “moderno”. Regia di Micol Cossali, fotografia di Michele Cadei, musiche di Francesca Aste. Fondazione Museo storico del Trentino, 2012. Durata 54’, € 8.

La ex Manifattura Tabacchi di Rovereto

Una delle ex operaie della Manifattura Tabacchi di Rovereto dice nella sua intervista per il video “La fabbrica delle donne”: non c’è famiglia a Rovereto e dintorni che non abbia avuto qualcuno che ha lavorato in Manifattura. Da roveretano posso confermarlo. È anche il caso di mia nonna materna, che ci ha lavorato prima della Grande Guerra, l’ha abbandonata quando s’è sposata, ma poi c’è dovuta tornare perché con la morte in guerra del marito c’erano cinque figli da crescere. Un caso fra i tanti in cui “piccola” storia famigliare, grande Storia, e storia della Manifattura Tabacchi si intrecciano.

Su questo pezzo di storia del lavoro roveretano la Fondazione Museo Storico del Trentino ha prodotto questo documentario (distribuito in DVD) per la regia di Micol Cossali, figlia di uno dei fondatori di questo giornale. Un bellissimo film (anche per le musiche originali di Francesca Aste), che mette assieme le vivaci e ricche interviste di 13 ex operaie - che vanno dalla generazione degli anni ‘40 a quella dell’autunno caldo - e affascinanti riprese dell’edifico, ormai vuoto, della Manifattura. La bellezza è innanzitutto estetica, data dalla qualità delle immagini: merito quindi di una regia ispirata e della fotografia di Michele Cadei. La cinepresa, girovagando per la piazza ed i viali interni della fabbrica, passando dalla imponenza monumentale delle masse architettoniche alla ripresa minuta di qualche particolare “moderno”, mette in risalto la qualità storico-architettonica dell’edificio, che così svuotato richiama subito alla mente le piazze metafisiche di De Chirico degli anni ‘20, e le ciminiere di Sironi.

È l’immagine della forma del moderno, una lettura poetica dell’epoca dell’industria, della grande produzione concentrata, mossa un tempo da masse di lavoratori ormai scomparsi. Sequenze di immagini che parlano più di molti discorsi. Ma la vita che allora fluiva fra queste mura, e mandava avanti la produzione, la vediamo in faccia - alternata alle riprese architettoniche - nelle interviste alle 13 donne che ci hanno lavorato. La dimensione femminile del lavoro alla Manifattura è sempre stata centrale, ed infatti dà anche il titolo al video: sempre stati pochissimi gli uomini, quasi tutti capetti e impiegati, soprattutto quando la Manifattura era davvero una manifattura, il lavoro era proprio manuale, le zigherane facevano i sigari uno per uno con le loro mani, sempre immerse in acqua collosa e nelle foglie bagnate del tabacco.

La vivacità delle interviste racconta dall’interno (con l’ottica della soggettività) la storia di una grande trasformazione, che ha prima fatto pienamente maturare il “moderno”, e lo ha poi cancellato, per far scendere il silenzio fra quelle mura, ormai svuotate d’ogni funzione. Le operaie più vecchie raccontano in dialetto del “rispetto” e della rigidità in vigore quando loro scendevano da tutti i paesi della Val Lagarina a piedi, e con gli zoccoli, per raggiungere quello che era comunque un luogo di emancipazione, di massificazione della vita, di confronti e ragionamenti fra colleghe (mentre prima i rapporti erano stati quelli famigliari, l’orizzonte quello agricolo).

Quelle più giovani raccontano invece lo sgretolarsi del maschilismo vigente nella fabbrica pre autunno-caldo 1969, la loro riscossa di donne e di operaie: il loro rifiutarsi di servire ai tavoli della mensa i pochi impiegati prima di poter consumare il loro pasto, il rifiuto di andare a pulire le scale della casa del signor direttore, il loro andare per la prima volta oltre il 3° livello, al 4°, al 5°, al ruolo di conduzione-macchina, quando ormai le sigarette avevano sostituito i sigari. Nel 2000 lo stato privatizza la Manifattura, nel 2003 arriva la multinazionale American Tobacco, che cinque anni dopo la chiude. La produzione di sigarette s’è spostata altrove, chissà dove, sicuramente sempre più in paesi poveri, dove poter restaurare il “rispetto” e la rigidità. Acquisisce l’edifico la Provincia di Trento, che cerca di farvi nascere all’interno nuove realtà produttive, a tecnologia avanzata e orientate alla green-economy. Vedremo!