La vacca da mungere
Nuovi documenti sulla LaVis: come la finanziaria della Curia e una oscura società americana hanno impoverito i viticoltori. Naturalmente c’è chi ci guadagna: tutti i nomi, dal vescovo a Diego Schelfi.
L’incredibile storia della Cantina LaVis viene a poco a poco disvelata, e si iniziano a comprendere i meccanismi di quello che in effetti risulta un autentico processo di spogliazione: soldi portati via ai contadini e travasati ad altri soggetti, che ora cominciano ad avere nome e cognome. Siamo infatti venuti in possesso di nuovi documenti che illuminano meglio due dei lati oscuri della vicenda, entrambi inspiegabilmente costati ai soci milioni e milioni: l’acquisto di Casa Girelli nel 2005 e la serie di finanziamenti alla società americana Fine Wine International.
Casa Girelli, dunque. Acquistata da LaVis congiuntamente con ISA spa, la potente finanziaria della Curia trentina, l’entità economica che in Trentino guadagna sempre, perché “deve” guadagnare, anche quando sbaglia. Bene, abbiamo in mano una copia dell’accordo firmato il 28 ottobre 2005 dall’allora presidente della Vinicola LaVis srl (oggi Ethica spa), Ivo Piffer, e dall’allora e attuale amministratore delegato di ISA spa, Giorgio Franceschi.
L’accordo, di cui pubblichiamo alcuni estratti significativi, prevedeva già nel 2005 che ISA avrebbe acquistato il 30% delle azioni di Casa Girelli ad un prezzo concordato di 8.000.000 di euro e che avrebbe avuto il diritto di rivendere con l’obbligo per Vinicola LaVis di riacquistare, nel 2010, le stesse azioni ad un prezzo anch’esso già concordato e calcolato applicando all’investimento un tasso di interesse del 9% annuo composto.
In contemporanea con la firma dell’accordo, già di per sé del tutto sbilanciato a favore di ISA, non contente, ISA e Vincola sottoscrivevano anche il Patto Parasociale, anch’esso firmato da Ivo Piffer e Giorgio Franceschi, che prevedeva fra l’altro la possibilità per ISA di nominare in Casa Girelli un sindaco effettivo che doveva rimanere in carica per tutta la durata dell’accordo, prevista in 5 anni.
Il combinato dei due documenti è, per LaVis, devastante: la Cantina si accolla ogni rischio, e al contempo remunera ISA al di là di ogni logica.
L’investimento di ISA infatti viene messo al sicuro da ogni rischio di impresa; al punto 2.6.1 l’accordo prevede “che qualsivoglia eventuale minusvalenza, sopravvenienza passiva ed insussistenza attiva reale e/o potenziale che dovesse emergere rispetto alla situazione economica- patrimoniale - finanziaria alla data odierna di Casa Girelli spa e delle società da essa controllate (tra cui la disastrosa Fine Wine, n.d.r.) sarà ininfluente rispetto alla determinazione del prezzo della partecipazione”.
In questo modo l’investimento di ISA e l’incasso del corrispettivo pattuito per la vendita nel 2010 della partecipazione di Casa Girelli, i 12.000.000 di euro, è garantito anche se i conti della Cantina di viale Verona dovessero peggiorare nei 5 anni successivi all’operazione del 2005.
A questo punto sorge spontanea la domanda: che senso ha, per LaVis, questo accordo? Perché imbarca la finanziaria nell’acquisto di una società vinicola? Che bisogno ha di ISA? Ha bisogno di soldi? Al 9%? Siamo matti? Nel 2005 LaVis era una cooperativa in piena espansione, sembrava solidissima, di sicuro non aveva problemi a trovare finanziamenti ai normali tassi di mercato. Anzi, i soldi in prestito li trovava dagli stessi soci, e a costi ben più favorevoli di quelli invece concordati con la potente finanziaria della Curia.
La tabella che segue, rende l’idea della disparità di trattamento fra i soldi di serie A investiti da ISA, e i soldi di serie B prestati dai soci alla LaVis: (i dati sono tratti dai bilanci ufficiali della Cantina)
Data | prestiti dei soci | interessi pagati | tasso % |
---|---|---|---|
31/07/2006 | € 11.289.479 | € 370.313 | 3,28 |
30/06/2007 | € 11.632.578 | € 372.308 | 3,20 |
30/06/2008 | € 11.650.772 | € 407.789 | 3,50 |
30/06/2009 | € 11.610.932 | € 392.138 | 3,38 |
30/06/2010 | € 10.403.562 | € 351.631 | 3,38 |
TOTALE | € 1.894.179 |
Data | interessi pagati | tasso % | |
---|---|---|---|
02/11/2005 | € 8.000.000 | € 720.000 | 9,00 |
02/11/2006 | € 784.800 | 9,81 | |
02/11/2007 | € 855.432 | 10,69 | |
02/11/2008 | € 932.421 | 11,66 | |
02/11/2009 | € 1.016.339 | 12,70 | |
TOTALE | € 4.308.992 |
Il tasso di interesse corrisposto ad ISA è il 9% composto, che viene quindi calcolato sul capitale iniziale di euro 8.000.000 al quale ogni anno vengono sommati gli interessi maturati nell’anno precedente. I numeri parlano chiaro, il rapporto con ISA si configura come un trasferimento di soldi, dalla Cantina alla finanziaria, dai contadini al vescovo.
I soci non devono sapere
Ma questo non è tutto. ISA chiede un’ulteriore garanzia per il suo investimento, vale a dire il rilascio di un impegno da parte della LaVis sotto forma di una fideiussione, firmata il 2 novembre 2005 da Roberto Giacomoni, allora Presidente della LaVis, di euro 12.200.000, con scadenza 2 novembre 2011.
La fideiussione, come del resto l’accordo e il patto parasociale del 28 ottobre 2005, sarà tenuta nascosta fino al 2010, quando la crisi della LaVis porterà al commissariamento della Cantina. Ora, se nascondere accordo e patto, dal punto di vista legale è possibile (non certo da quello etico, e meno che mai da quello della sempre sbandierata etica cooperativa), nascondere invece una fideiussione è una grave violazione dell’art. 2424 del Codice Civile, che impone infatti l’obbligo di indicare nel bilancio “le garanzie prestate direttamente o indirettamente a favore di imprese controllate e collegate”.
Chiunque abbia letto i bilanci della LaVis, a iniziare dai soci, ma anche i fornitori, i dipendenti, gli istituti di credito, è stato ingannato, in quanto non è stato messo a conoscenza dell’esistenza di un impegno così gravoso (12.200.000 euro) per le casse della Cantina.
A questo punto è chiaro perché la fideiussione non sia stata indicata nei bilanci: darne notizia avrebbe voluto dire dover spiegare prima di tutto ai soci della Cantina l’esistenza dell’accordo e del patto parasociale, accordo che immotivatamente trasferiva ad ISA 4 milioni di euro.
Non è credibile che dell’esistenza dell’accordo e della fidejussione, oltre ad Ivo Piffer (Presidente della Vinicola), e a Giacomoni Roberto (presidente della LaVis), non fossero a conoscenza Fausto Peratoner (Direttore della Cantina) e Cesare Andermarcher, (vice direttore della LaVis). Oltre, naturalmente, a Diego Schelfi, che nel 2005 è consigliere di ISA, oltre che presidente della Federazione Trentina della Cooperazione.
Chi invece non sa e non deve sapere sono i soci della LaVis, scientemente tenuti all’oscuro di tutto, anche a costo di infrangere la legge.
Quelli che hanno incassato
Ma chi ha beneficiato dei generosi interessi pagati ad ISA? La cronaca ci ricorda che il 12 agosto del 2010 ISA esercita l’opzione prevista dall’accordo del 2005 e vende la quota del 31% di Casa Girelli, incassando oltre 12.00.000 di euro.
Pochi giorni dopo, con un tempismo, come vedremo, più che sospetto, il 1° settembre 2010 Dellai decide di commissariare la LaVis, giusto il tempo per ISA di chiudere l’affare.
ISA non è obbligata a vendere secondo l’accordo, ma può vendere ed ovviamente vende ed incassa. Con grande beneficio del suo bilancio, che altrimenti sarebbe piatto: Il 31 dicembre 2010 infatti ISA chiude il bilancio dell’esercizio con un utile netto di euro 4.333.790, dovuto quasi interamente ai soldi (4.092.773) graziosamente versati dagli ignari contadini della LaVis.
Vediamo allora chi è stato beneficiato da questo bell’affare: il dividendo assegnato ai soci di ISA, è di 0,048 euro per ogni azione, e di seguito l’elenco dei 14 soci che da soli hanno incassato oltre 3 milioni di euro spolpando la LaVis:
intestatario azioni ISA | num. Azioni | dividendo |
---|---|---|
Arcidiocesi Trento | 15.151.039 | 727.250 |
Fraternitas Tridentina | 13.006.834 | 624.328 |
Fondazione Caritro | 7.355.372 | 353.058 |
Ass. Trentina Ass. Clero | 6.547.099 | 314.261 |
Capitolo Cattedrale Di Trento | 5.714.285 | 274.286 |
Compagnia Investimento E Sviluppo Spa | 2.415.095 | 115.925 |
Banca Di Trento E Bolzano | 2.358.490 | 113.208 |
Societa' Cattolica Di Assicurazione | 2.358.490 | 113.208 |
Seminario Minore Arcivescovile | 2.353.802 | 112.982 |
Itas Holding Srl | 2.297.903 | 110.299 |
Seac Leasing Spa | 1.848.960 | 88.750 |
Opera Per L'educazione Cristiana | 1.585.451 | 76.102 |
La Scuola Spa | 1.585.314 | 76.095 |
Seminario Maggiore Arcivescovile | 1.473.872 | 70.746 |
Non è finita. Perché, con una quota minore ma non trascurabile, di 107.142 azioni, chi troviamo? Troviamo lui, Diego Schelfi, che personalmente si intasca 5.143 euro!
Proprio lui, che dovrebbe tutelare la trasparenza, gli interessi dei soci, la correttezza delle revisioni contabili! Lui che dovrebbe tenere cara come la pupilla dei propri occhi l’autonomia del mondo cooperativo dai condizionamenti esterni, a cominciare da quelli di voraci finanziarie! Lui, che in nome di questi principi si appresta - naturalmente “con sofferenza” - a farsi votare per un quarto mandato alla presidenza di un movimento di cui, alla prova dei fatti - cioè, dei soldi - si vede quanto gli interessi. Intendiamoci, a scanso di equivoci e di possibili vittimismi: i 5.000 euro finitigli in saccoccia sono l’accusa di gran lunga minore che rivolgiamo al presidente della Federazione. La colpa vera, strategica, è l’aver instaurato con i poteri forti e in particolare con la finanziaria della Curia, di cui Schelfi è stato anche presidente, un anomalo rapporto in cui le cooperative rivestono un degradante ruolo subalterno, ancillare, quando non di autentiche vacche da mungere.
L’1% birichino
Come abbiamo detto, ISA chiede che i conti di Casa Girelli vengano “tenuti sotto controllo” da un sindaco da lei indicato, e in tale ruolo il 5 maggio 2006 viene nominato il dott. Gian Paolo Bortolotti, tutt’altro che uno sconosciuto nel mondo ISA e Coop.
Non sfugga al lettore un altro dettaglio: ISA non farà mai alcun cenno nei suoi bilanci all’esistenza dell’accordo, né del patto parasociale, né (contravvenendo anche lei l’art. 2424 del codice civile) della fidejussione di 12.200.000 euro a suo favore; ed il perché a questo punto è chiaro: della spogliazione dei contadini nessuno deve sapere.
Dunque, veniamo ai bilanci di Casa Girelli, nell’era della gestione della Triade alla guida del gruppo LaVis (Roberto Giacomoni, Fausto Peratoner, e Cesare Andermarcher) che si trasferisce con le proprie “competenze manageriali” in viale Verona, e inizia con impegno e determinazione a lavorare alla rovina di Casa Girelli, con operazioni in perdita plurimilionaria, come quelle con ISA e Fine Wine, trasformando a tutti gli effetti Casa Girelli nella bad company (la cattiva società, in cui scaricare le perdite) del gruppo LaVis.
Nel 2005 il bilancio di Casa Girelli chiude ancora con un utile, di 606.840 euro, nonostante la presenza della Triade, che difatti esordisce aumentandosi i compensi, che passano da 294.381 euro (gestione ante LaVis) a 666.355. Si inizia subito con il mettere in conto a Casa Girelli i compensi esagerati degli amministratori della LaVis, cosa già contestata dell’Agenzia delle entrate.
E qui scatta un’altra macroscopica stranezza: secondo il famigerato accordo, se l’utile del 2005 di Casa Girelli risulta inferiore a 700.000 euro, ISA riceve gratis un altro 1% delle azioni della società. Che senso ha una clausola del genere? Nessuno, se non dare alla finanziaria altri soldi. E così infatti il bilancio 2005 di Casa Girelli si ferma giustappunto a 606.840 euro, e ISA si ritrova ad averne acquistato il 30% nel 2005, ma di venderne nel 2010 non il 30% ma il 31%.
Il bello è che nessuno se ne accorge: i contadini non hanno accesso ai documenti, ma i revisori (che dovrebbero curare i loro interessi) sì, eppure il fatto che nel bilancio al 31/12/05 ISA iscriva fra le quote delle società partecipate il 30% di Casa Girelli e al 31/12/06 la quota diventi il 31%, come per magia e senza alcuna giustificazione, non scompone nessuno: né i revisori della Federazione delle Cooperative, né quelli dell’Ufficio Cooperazione della Provincia, ma neppure il collegio sindacale di ISA, guidato dalla dott.ssa Marilena Segnana, e nemmeno i revisori della Pricewaterhouse Cooper (gli stessi ai quali Dellai assegna la verifica dei conti del gruppo LaVis post-commissariamento), né si accorgono o fanno domande i consiglieri di ISA. Tutti zitti. Alcuni per convenienza, altri - molto probabilmente - perché i bilanci che firmano e dovrebbero controllare, neanche li leggono. (Poi, per favore, non diamo degli “ignoranti” e “sprovveduti” ai contadini della LaVis, che non avrebbero saputo leggere le carte. A loro l’accesso ai documenti era precluso; al contrario di chi doveva, istituzionalmente, proteggerne gli interessi).
Il grande buco americano
A questo punto introduciamo sulla scena la società americana controllata da Casa Girelli spa (e quindi da LaVis), la ben nota Fine Wine International.
FWI - afferma il bilancio 2010 di Casa Girelli - “è il distributore esclusivo dei prodotti di Casa Girelli e del gruppo LaVis sul mercato americano”. La società è controllata al 95% da Casa Girelli, e con il passare di Casa Girelli sotto LaVis si verifica un fenomeno dapprima strano, poi sbalorditivo se non inquietante: quando Casa Girelli era indipendente, di proprietà dei fratelli Girelli, FWI, pur senza brillare, fa la sua parte chiudendo più o meno in pareggio; quando invece passa sotto LaVis, accumula solo perdite. In America vengono spediti milioni di bottiglie, ma indietro soldi non ne tornano più. Lo si vede dal grafico: nel 2005, anno del passaggio di Casa Girelli a LaVis le perdite iniziano, ancora ridotte; poi aumentano, anno dopo anno.
Come mai? FWI non è più capace di vendere? E perché LaVis continua a mandare milioni e milioni di bottiglie, che non vengono mai, per cinque anni, pagate?
Insomma, dal momento che le bottiglie sono soldi, dove vanno a finire questi soldi?
Non sappiamo rispondere. Non vorremmo, per avere una risposta a questa domanda, dover aspettare un intervento della magistratura, che attraverso rogatorie internazionali può accedere ai documenti americani. Possiamo però spulciare tra i documenti italiani. Dove salta fuori tutta una serie di stranezze.
Nel 2008 FWI viene ceduta per il 76%. A chi? Nella nota integrativa del bilancio 2008 nulla viene scritto in proposito. Com’è possibile? Come si può cedere il controllo di una società nei confronti della quale si vantano notevolissimi crediti senza nulla ricevere e senza dare alcuna spiegazione?
Cosa hanno da dire i controllori? Il collegio sindacale della LaVis, i revisori della Federazione di Schelfi, i revisori dell’Ufficio cooperazione della Provincia: di fronte a questi soldi che svaniscono in America, e di fronte poi alla società che svanisce anch’essa, che dicono? Nulla. Silenzio completo. A questo punto forse è il caso di ipotizzare l’addebito di omesso controllo.
La storia non finisce, e riesce ancora a sbalordire. Al 30 giugno 2010, infatti, FWI bella bella torna ad essere di nuovo al 95% di proprietà di Casa Girelli, anche se nei documenti ufficiali non viene data nessuna informazione in merito al “presunto” riacquisto (da chi? Per quanto?)
Il bello è che nel frattempo, nei due anni tra la vendita (2008) e il riacquisto (2010), LaVis ha continuato imperterrita a mandare container di vino in America e la FWI ha continuato a non dare indietro né euro né dollari. E così, quando LaVis riacquista FWI, ha nei suoi confronti crediti per oltre sette milioni.
Sette milioni non sono noccioline. La Triade a capo di LaVis risponde con una mera operazione di cosmesi finanziaria: dei sette milioni di crediti ne considera sei come inesigibili, li registra come perdita e vi rinunzia definitivamente. La perdita va a gravare sul bilancio di Casa Girelli che, già appesantito dalla gestione della Triade (a iniziare dai propri compensi), registra il peggior risultato della sua storia: una perdita di 8.167.419 euro.
I soldi ad ISA, assolutamente
E qui torniamo ad ISA. Cui, in base al famigerato accordo del 2005, LaVis dovrebbe vendere il 31% di Casa Girelli per dodici milioni. Ci sarebbe - dovrebbe esserci - un ostacolo: dopo la cura della Triade, dopo le perdite americane, Casa Girelli è stata spolpata. Secondo la relazione allegata al bilancio 30/06/10 della LaVis al punto 3) il patrimonio netto di Casa Girelli è pari ad euro 5.888.000, e quindi il 31% di ISA vale 1.825.000 e non i 12.104.000 sottoscritti dalla Cantina.
Perché mai LaVis dovrebbe pagare quella cifra spropositata? Che non ha senso economico, che non ha senso etico, ed è frutto solo di un accordo scellerato?
Siamo al 12 agosto 2010, la Cantina versa in pessime acque, venti giorni dopo verrà commissariata. Perché mai dovrebbe riconoscere un tale accordo?
Anche perché a fare troppo i furbi ci si imbroglia da soli. Il rapporto LaVis-Isa è garantito dalla famosa fideiussione: ma dal momento che il suo firmatario (il presidente della LaVis Giacomoni) si è ben guardato dal farla approvare, non dal Cda, men che meno dall’Assemblea, la fideiussione assolutamente non vincola la Cantina, bensì personalmente il solo Giacomoni.
Questo è un punto centrale: il patto leonino Isa-Lavis è così vergognoso da essere stato tenuto talmente nascosto al punto dal non avere più forza vincolante, non solo dal punto di vista etico, ma neanche da quello giuridico.
Ma ecco che diverse mani scendono dal cielo ad aiutare Isa: i revisori di Schelfi non fanno presente la cosa; quelli della Pat nemmeno; Isa esce con i soldi da Casa Girelli il 12 agosto, giusto giusto, guarda la combinazione, prima che - il 1° settembre - Dellai certifichi la crisi verticale della LaVis (attribuita in buona parte a Casa Girelli) e provveda a commissariarla; il commissario Marco Zanoni riconosce come valido l’accordo con Isa, fa il pesce in barile sulla validità della fideiussione, e anzi, dal momento che non può pagare i 12 milioni “negozia” una dilazione dei pagamenti, peraltro riconoscendo solerte ulteriori interessi ad Isa (anche se, stavolta del 0.9%).
E così i contadini vengono spogliati.
Ma la cosa è troppo grossa. Su vari fronti ci si sta muovendo per impedire che i Peratoner e gli Zanoni, e dietro loro gli Schelfi, i Dellai, i finanzieri del vescovo e gli oscuri maneggioni americani abbiano partita vinta.
Non l’avranno facile.