Il Commissario dal naso lungo
Cantina LaVis: bilancio votato al buio, milioni scomparsi. Bugie, omissioni, soldi spariti all’estero: ormai è scandalo.
È stata tutta un sospiro di sollievo, quando non un tripudio, l’accoglienza decretata dalla stampa locale all’approvazione del bilancio della Cantina LaVis: con corrispondenze tese a ridicolizzare le pretese di alcuni soci di poter vedere - ohibò - i bilanci, prima di approvarli. In realtà alla LaVis si stanno consumando strappi formali e sostanziali alle regole, della cui inaudita gravità gli autori, probabilmente convinti dell’impunità, non si rendono nemmeno conto.
Il punto base è il cardine della cooperazione: la coop non è fatta per gli amministratori, ma per i soci, la cui assemblea è sovrana. Momento cruciale è l’approvazione del bilancio, attraverso il quale si verifica l’operato dell’amministrazione e lo si approva o meno. Solo che, per approvare qualcosa, bisogna conoscerlo, e difatti giustamente il codice civile prescrive come i documenti, spesso complessi, debbano essere a disposizione dei soci almeno 15 giorni prima.
Cosa succede invece alla LaVis? Quando un socio va alla cantina a chiedere, il 14 dicembre (quindici giorni prima dell’assemblea prevista per il 29) il bilancio, gli si dice di attendere, non è ancora pronto; anche il 15 non è pronto; solo il 16 gli viene consegnato, e siamo già oltre i quindici giorni, ma pazienza, il punto è che il bilancio non è completo, manca la revisione contabile e tutta la parte - come vedremo più delicata - sulle società collegate; solo il 22 la documentazione è pronta, e la revisione contabile solo il 28, tempi non certo agevoli per compulsare un mare di carte e migliaia di numeri. L’assemblea dovrebbe essere rinviata, secondo ragionevolezza come pure secondo le norme del codice civile. Ma il Commissario Marco Zanoni, che pure è Direttore della Camera di Commercio e certe cose le dovrebbe sapere, se ne frega. Anzi, il 27 emette un comunicato: “A partire dal 15° giorno antecedente la data di convocazione erano disponibili, così come previsto dal codice civile, i documenti prescritti”. Cioè, il socio che protesta è un bugiardo, e questa linea la porta in assemblea: “C’è qualcun altro che lamenta di non aver potuto visionare i documenti?” chiede demagogico.
In realtà il Commissario, nonché Direttore della Camera di Commercio, mente sapendo di mentire. Perché oltre al socio in questione (l’ing. Nicola Salvati), c’è stato anche un professionista, in rappresentanza di altri soci, a sentirsi dire che i documenti non erano pronti. Ma soprattutto a lamentarsi del mancato deposito sono gli stessi revisori della Federazione delle Cooperative: nella loro relazione, il 12 dicembre lamentano come “la cooperativa, nonostante il sollecito formalmente inviato in data 1° dicembre, non ci ha ancora consegnato il bilancio. Alla data odierna, che è quella prevista per il deposito della relazione di revisione, non disponiamo dell’oggetto ufficiale della revisione” e quindi “non siamo in grado di esprimere il giudizio sul bilancio della società LaVis”.
Non solo: il 27 dicembre i revisori finalmente inviano la loro relazione, sottolineando che “in data 21 dicembre la cooperativa LaVis ci ha reso disponibile la documentazione necessaria”. In altre parole, Zanoni mente: il 15 dicembre i documenti non erano pronti non solo per i soci, ma nemmeno per i revisori.
Il fatto è grave. Un Commissario è un pubblico ufficiale, quando emette comunicati nell’esercizio delle sue funzioni è chiamato a risponderne, le bugie potrebbero essere valutate come falso in atto pubblico. Il Direttore della Camera di Commercio queste cose non le sa? Crede di potersela cavare chiedendo a una platea di contadini intimoriti, che si aspettano che li tiri fuori dalle grane, se “qualcun altro non ha avuto i documenti” ? Commissario, sveglia, gli stessi revisori non hanno avuto i suoi documenti!
Ma la gravità del fatto non riguarda solo la figura del Direttore della Camera di Commercio. Investe in pieno anche la Federazione delle Cooperative. Sì, perché all’assemblea presenzia anche, in rappresentanza del presidente Diego Schelfi, il suo vice, Silvano Rauzi, boss degli allevatori da un numero di mandati che non si ricorda neanche lui (il rinnovamento alla Cooperazione è una barzelletta, per Rauzi si sono fatte millanta deroghe). Ora, la potestà dei soci è uno dei punti base e al contempo più dolenti del movimento cooperativo, sul quale da diversi anni si discute: il socio che non conta, le coop in mano ai manager, le assemblee che devono essere sovrane, la necessità di diffondere informazione e cultura, tutti temi di cui ad ogni congresso ci si riempie la bocca.
Di più: l’approvazione del bilancio è l’atto che tappa la bocca ai soci. “I bilanci li hanno approvati, cosa vogliono ora?” è la frase fatidica con cui vengono liquidati i soci di una cooperativa in crisi. E ora anzi la cooperazione si sta dando da fare per rafforzare gli effetti delle approvazioni: un socio, approvato un investimento, non potrà uscire dalla cooperativa fino a che l’investimento non è ammortizzato.
Ma questo dovrebbe comportare maggior consapevolezza, maggior conoscenza. E invece, quando un Commissario non fa neanche vedere i bilanci ai soci, che fa la Cooperazione? Sta con il Commissario. Silvano Rauzi all’assemblea della LaVis, pur avendo i suoi stessi revisori che si lamentano per la mancata messa a disposizione dei documenti, esprime pieno sostegno a Zanoni.
È cooperazione questa? No, è una casta omertosa. Che incistatasi ai vertici, protegge anzitutto se stessa.
I conti che non tornano
Ma oltre alla democrazia, mancata nei suoi presupposti di base, in gioco ci sono anche i conti e la stessa credibilità del bilancio. Che, non più occultato, rivela vistose, inaspettate magagne.
Sono infatti proprio i revisori della Federazione che, pur giunti in possesso dei documenti solo pochi giorni prima, subito ravvisano delle vistose anomalie. Soprattutto una: i rapporti tra LaVis e la sua controllata Ethica spa. LaVis deteneva dei crediti nei confronti di Ethica e, presumibilmente per alleviarne il non florido bilancio, rinuncia a tre milioni di crediti, aumentando quindi il valore di Ethica ma, denunciano i revisori, si dimentica di contabilizzarli “nel conto economico del bilancio della LaVis quali costi di esercizio”. Insomma il Commissario, nonché Direttore della Camera di Commercio, effettua tra le sue società una partita di giro di tre milioni, e ne segna la posta in entrata, non quella in uscita: e così, miracolosamente, il bilancio della LaVis acquista tre milioni in più.
I revisori hanno molto da ridire anche sulla partecipazione di Ethica in Casa Girelli, “iscritta a bilancio per 26.987.595 euro” quando “il patrimonio netto risulta essere pari a 5.991.098 euro”, e paventano che le perdite subite abbiano, contrariamente a quanto scrive la LaVis, natura permanente, e avanzano dubbi che le operazioni immobiliari su Casa Girelli (peraltro molto strombazzate sulla stampa) riescano ad avere gli effetti salvifici preannunciati.
Infine il giudizio sull’attività industriale della Cantina: che, pur in linguaggio molto diplomatico, è impietoso: “Le azioni intraprese dal Commissario [sono] ad oggi solo in parte realizzate”. In particolare, oltre alle dismissioni, in massima parte solo annunciate, non è stata attuata la “ridefinizione della struttura di governo del gruppo”, oggi troppo complessa ed onerosa (leggi: troppi dirigenti), né la “ridefinizione della struttura gestionale”, oggi poco razionale (leggi: troppi impiegati con confusioni di compiti), né lo “sviluppo di adeguate azioni commerciali” (leggi: le entrate sono scarse). Insomma il gruppo LaVis spende troppo, è male organizzato, vende poco. Altro che “risanamento avviato” come titola giuliva la stampa.
La parte oscura
Fin qui i revisori. Ma oltre a loro, altri professionisti si sono messi a compulsare i documenti della LaVis, una volta che sono stati benignamente resi pubblici. I soci infatti non sono tutti rassegnati a farsi spennare, e alcuni si sono rivolti ad avvocati e commercialisti. Che hanno iniziato a scavare, in Italia e all’estero. Sì, all’estero, perché la parte misteriosa delle perdite della Cantina riguarda le controllate estere.
È qui che i revisori non sembrano essersi addentrati, nella catena di società controllate che finiscono all’estero, perdendo fior di milioni. Dunque, la catena è la seguente: LaVis controlla al 100% Ethica, che controlla con ISA (la finanziaria del vescovo, del cui trattamento privilegiato fino allo scandalo abbiamo già scritto, vedi “Al contadino non far spere” del marzo 2011) Casa Girelli, che a sua volta controlla F&F Fine Wine International. Ed è F&F, società statunitense di commercializzazione vino in teoria, di accumulo perdite in pratica, il buco nero.
Dalla ricostruzione dei commercialisti sulla documentazione disponibile, affiorano (e qui riportiamo dati esposti in una interrogazione in Consiglio provinciale da parte di Bruno Firmani di Italia dei Valori, dati tranquillamente ignorati dalla stampa, dal Commissario, dalla Federazione delle Cooperative, dagli uffici di controllo della Provincia) su Fine Wine i seguenti elementi:
- nel 2007 risulterebbe controllata al 95% da Casa Girelli Spa;
- nel 2008 risulterebbe ceduta la quota del 76% e risulterebbe titolare Casa Girelli Spa del 19%;
- nel 2009 nulla si dice nella relazione di bilancio;
- nel 2010 risulterebbe controllata al 95% da Casa Girelli Spa senza che venga chiarito quando siano state acquisite le quote a seguito delle cessioni del 2008;
- nel 2011 risulterebbe controllata al 100% da Casa Girelli Spa.
Un va e vieni di quote, anche in piena epoca commissariale, di cui non sembra esserci piena contezza nella documentazione ufficiale. In parallelo c’è anche un va e vieni di milioni, anzi solo un va, nel senso che è F&F che ingoia dollari. E precisamente, vendite verso gli Stati Uniti d’America da parte di Casa Girelli, come salvo errori risulta dai relativi bilanci:
- 2007: 2.041.766
- 2008: 4.371.366
- 2009: 3.691.100
- 2010: 3.620.861
- per un totale di 13.725.093.
Dal canto suo F&F dichiara al bilancio 31.12.08 acquisti per dollari 1.369.754, valore decisamente differente dalle dichiarazioni di vendita effettuate da Casa Girelli; non solo, nello stesso bilancio F&F avrebbe ricevuto da parte di Casa Girelli, per fornitura di prodotti e per aumento di capitale o copertura perdite, circa 8.000.000 di euro, somma che non risulterebbe esposta nel bilancio di Casa Girelli.
Oltre al buco nero F&F, sembra ce ne sia un altro: l’acquisizione di una partecipazione per circa 2.300.000 euro della società svizzera United Wineries International Sa fin dall’anno 2010, con sempre Fausto Peratoner tra gli amministratori. La documentazione in proposito sembra molto incompleta, nulla risulta nella nota integrativa di bilancio, nella relazione del Commissario né in quella dei revisori, così rendendo impossibile sapere se gli organi di controllo hanno potuto verificare la regolarità delle operazioni.
Qualcuno ha controllato qualcosa?
E qui sorgono altri dubbi. Il Commissario, nonché - ricordiamolo sempre - Direttore della Camera di Commercio, queste cose le ha verificate? Che conclusioni ne ha tratto? Perché, teniamolo presente, in questo vortice di denaro defluito all’estero si potrebbe anche ipotizzare l’esportazione illecita di capitale. E i revisori, non si sono accorti di nulla?
Per quanto riguarda la Provincia, che dovrebbe essere l’istanza di controllo finale delle cooperative, esemplare è stata la risposta, di alcune settimane fa, dell’assessore Tiziano Mellarini: “Sulle faccende americane aspettiamo risposte dalla società”. Questa è l’attività di controllo! Dopo un anno e mezzo di commissariamento, Mellarini aspetta pazientemente delle risposte!
Il bello è che, intervenuto nell’assemblea del 29 dicembre, Mellarini, nello slancio di un entusiastico sostegno a Zanoni, si contraddice: “Tutti i provvedimenti del Commissario sono stati presi in riservato accordo con l’assessorato. Anzi, l’ing. Zanoni, è stato fin troppo assiduo nel coinvolgerci!”. Allora, assessore, il Commissario, in queste sue assidue frequentazioni, i dati sulla F&F glieli ha forniti oppure no? Lei o qualcuno dei suoi controllori, glieli ha mai chiesti? Come mai, da chi dovreste controllare, che vedete con “fin troppa” frequenza, ancora “aspettate risposte” su soldi che paiono svaniti nel nulla?
Il grave sospetto è che tutti coprano tutti. Controllori e controllati. Amministratori rovinosi e commissari decisionisti.
Non è certo un caso che Fausto Peratoner, deus ex machina della LaVis, nel consiglio di amministrazione di Ethica, di Casa Girelli, di Fine Wine, di United Wineries, pieno responsabile del tracollo, sia stato da Zanoni mantenuto, con amplissime deleghe, ai vertici della cantina.
E tutto questo mentre i contadini pagano. Per la vendemmia 2009 si sono visti retribuire 25 euro a quintale contro i circa 100 delle altre cantine, nel 2010 62 euro contro 90, nel 2011 si parla di 70 euro, contro gli ipotizzati 90-100 degli altri.
Un fiume di soldi, che dai contadini va... a chi?
“Fuorviante” sarà lei!
Nella parte finale dell’articolo paragoniamo le retribuzioni delle uve pagate dalla LaVis con i valori medi di mercato. Questi ultimi, non conoscendo nel dettaglio le quantità delle singole uve, sono approssimativi: al Commissario Zanoni i soci avevano esplicitamente richiesto di paragonare i prezzi della LaVis con quelli medi di mercato, per avere chiaro quanto stavano perdendo, e lui si è ben guardato dal rispondere. Anzi nella relazione al bilancio teorizza l’inutilità di tali dati: “l’invalsa consuetudine di individuare un valore medio può sicuramente essere considerata come fuorviante”. Il fatto è che la Camera di Commercio spende fior di quattrini (pubblici) nello studiare il mercato, raccogliere dati, e infine pubblicare quei valori medi che il suo Direttore, assunte le vesti di Commissario, ritiene “fuorvianti” e di cui depreca “l’invalsa consuetudine” a individuare.
Su questo, la Camera di Commercio, ha niente da dire? Il suo Presidente Adriano Dalpez? Può impunemente un Direttore rinnegare con tanta superficialità il lavoro pluridecennale di tanti addetti, i cui risultati invece ci risultano essere apprezzati dagli operatori? Ma questo ing. Marco Zanoni, non è che sia lui “fuorviante”?