LaVis: paga Pantalone?
Un lembo isolato di un’area artigianale trasformato in ghetto dell’Itea. Questa la speculazione edilizia ideata dal Commissario Zanoni per racimolare milioni: a carico dei cittadini.
Il buco LaVis chi lo paga? Tante e importanti sono le domande che la vicenda della Cantina LaVis (vedi “Il Commissario dal naso lungo” sull’ultimo numero di QT) pone all’attenzione: sulla democrazia economica, sui controlli contabili e di legalità, sui controllori che non controllano, sulla democrazia nelle cooperative. Ma oltre a questi, ce n’è un altro, se vogliamo terra terra: i milioni persi dalla Cantina e dal suo management sciagurato, chi li paga? I contadini, naturalmente. Naturalmente perché della coop sono soci; perché hanno avuto il torto di fidarsi; perché (in maggioranza, una consistente minoranza se n’è andata sbattendo la porta) si fidano ancora. Finora hanno perso in tre anni oltre cento euro a quintale di uva conferita; ed altri ne perderanno ancora.
Ma non basterà. Ed ecco quindi che per ripianare il buco creato da amministratori troppo protetti dal potere politico (leggi Lorenzo Dellai) - e peraltro ancora protetti, inspiegabilmente sempre ai vertici della società che hanno rovinato - lo stesso potere si dà da fare. Con quali soldi? Quelli di Pantalone, ovviamente. Ed ecco quindi che nei bilanci della Cantina il Commissario Marco Zanoni mette nella colonna degli attivi tutta una serie di “dismissioni di assets”, ossia vendite di beni; e a carico di chi? Del pubblico.
Già c’è stata la pasticciata vendita (naturalmente alla Provincia, a chi altri?), di Maso Franch, pretenzioso albergo-ristorante stellato (vedi “Quello che il Commissario non spiega” sul numero di dicembre di QT). Ora arriviamo alle dismissioni di Casa Girelli a Trento e del magazzino 5 Comuni a Lavis, per le quali il Commissario Zanoni ha già messo le poste in bilancio, rispettivamente 13,5 e 8,5 milioni.
Tranquillo, lui. Il fatto è che non sono terreni edificabili e che a Casa Girelli c’è l’omonimo impianto di imbottigliamento con 60 operai, e ai 5 Comuni il magazzino dei melicoltori della LaVis. Dove vanno a finire gli operai della Girelli? Dove mettono le mele i melicoltori della Lavis (che per di più si stanno scindendo dai viticoltori, sentono troppa puzza di bruciato)? A Zanoni non interessa, quel che conta è mettere partite nella colonna dell’attivo.
Ma oltre ai sacrosanti interessi di operai e contadini, c’è anche l’interesse generale. I Comuni possono essere così bellamente bypassati? Zanoni ha commissariato anche i Comuni di Trento e Lavis? Ma soprattutto: queste destinazioni urbanistiche che senso hanno, oltre a quello di pompare soldi nel buco LaVis? E qui si apre un altro, e grosso, problema. Perché se a Trento Casa Girelli, circondata da abitazioni, ha una naturale vocazione alla residenza, a Lavis le cose stanno diversamente.
“Si tratta di un’area in piena zona artigianale, stretta tra ferrovia e strada statale, lontana dal resto dell’abitato: che senso ha volerla trasformarla in residenziale?” afferma Daniela Filbier, consigliera comunale del Pd.
Il fatto è che la giunta comunale di Lavis, recependo i desideri del Commissario, ha già fatto le prime mosse. Giunta anomala quella lavisana, centro-destra più Patt. Che in una delibera di novembre decide di valutare le “compatibilità urbanistiche” di una trasformazione dell’area 5 Comuni a residenziale, e di richiedere “l’apporto di appropriate e specifiche competenze in campo giuridico-urbanistico”, cioè di pagare un consulente ad hoc. Oddio, non occorrerebbe un esperto per capire che in un’area artigianale, lontana dall’abitato, tra strada, ferrovia e sottopasso, è meglio non costruire case. Ma il Comune decide diversamente e affida l’incarico all’arch. Sergio Niccolini.
Niccolini, chi è costui? Probabilmente i nostri lettori non ricordano il nome, l’uomo è rimasto per molto tempo nell’ombra. Invece 15 anni fa era assessore all’urbanistica a Trento,, quando sindaco era proprio Lorenzo Dellai. “Assessore del nulla” avevamo scritto di lui a suo tempo: uno yes man del già invadente Dellai, sempre prono ai voleri del capo. Al punto che, quando Dellai flirtava con il noto speculatore Tosolini, propose di costruire il nuovo ospedale nell’area dell’ex-Carbochimica, più piccola dell’attuale Santa Chiara, stretta tra ferrovia e strada, sovrastata da un elettrodotto, inquinatissima ma... di proprietà dello speculatore. Ora a tale campione di indipendenza di giudizio tecnico si rivolge la Giunta lavisana.
Secondo il Commissario Zanoni e il Sindaco Pellegrini, la disgraziata area 5 Comuni potrebbe essere acquistata dall’Itea. Della serie: è un’area sfigata, ci mettiamo i non abbienti. “Sarebbe una pessima soluzione - commenta Filbier - Diventerebbe un ghetto. Le persone, le classi sociali, devi mescolarle, non isolarle, recintando i poveri in un’area lontana e senza servizi. Con tutto il rispetto per i problemi della LaVis, non si può pensare di scaricarli sull’insieme dei cittadini; e per di più senza risolvere granché; rispetto ai debiti della Cantina otto milioni sarebbero una cifra secondaria”. Che l’Itea poi sia entusiasta di una soluzione del genere, è tutto da vedere. In ogni caso non pagherebbe gli 8,5 milioni di cui fantastica Zanoni.
A noi il caso ricorda il complesso Itea in viale Trento a Rovereto, subito denominato “il mostro” per l’incredibile volumetria, concessa per salvare i proprietari del terreno, la SAV (Società Agricoltori Vallagarina): un autentico obbrobrio urbanistico da tutti disconosciuto. Il caso 5 Comuni ne sembra la fotocopia, con due varianti peggiorative: mentre il “mostro” roveretano è inserito in una parte della città molto ben servita, 5 Comuni è in una zona negletta, senza nemmeno autobus o marciapiede; l’operazione roveretana fu decisiva per salvare la SAV, con la LaVis sarebbe una goccia nel mare.
Insomma, i maneggi della politica per rimediare al buco LaVis appioppandolo al contribuente, rischiano di fare solo altri danni.
Ne vedremo ancora delle belle.
“Intollerabile offensività”
Rilevo con la presente che in data 22 dicembre 2011 sulla rivista Questotrentino che Lei dirige è apparso un articolo dal titolo “LaVis: quello che il Commissario non spiega” nel quale si accusano pesantemente gli uffici provinciali preposti alla vigilanza sulle società cooperative; in particolare, nell’articolo non si dà conto in alcuna misura di quali siano effettivamente il ruolo, i poteri e le competenze di tali uffici, sicché l’accusa di latitanza che ad essi viene rivolta risulta del tutto pretestuosa, oltre che, nei fatti, infondata.
La Provincia Autonoma di Trento, per il tramite dell’Ufficio competente, svolge nei confronti del Commissario nominato dalla Giunta provinciale gli specifici compiti che la legge provinciale 5/2008 le assegna; nello specifico, la struttura provinciale è preposta ad autorizzare preventivamente il compimento di operazioni di straordinaria amministrazione e comunque di particolare importanza (situazione che è avvenuta più volte dalla data di nomina del Commissario.
A fronte di numerose segnalazioni, invero generiche, pervenute nelle ultime settimane da parte di un professionista, incaricato da un socio uscente, la struttura provinciale ha provveduto a richiedere alla Federazione Trentina delle Cooperative (Divisione vigilanza), nello spirito di collaborazione sancito dalla stessa legge regionale n. 5/2008, elementi informativi riguardo a specifiche questioni di natura gestionale e contabile.
La struttura provinciale ha inoltre invitato il Commissario al deposito dei bilanci e della relativa documentazione, affinché la Divisione vigilanza, in qualità di autorità di revisore contabile, potesse emettere un giudizio completo. Giova ribadire che finora, in merito alla situazione contabile, sono state sollevate esclusivamente censure generiche, perché formulate senza indicare specifici fatti e precise irregolarità presuntamente commesse dal Commissario; pertanto, a fronte di una relazione di certificazione redatta dal revisore contabile in data 27 dicembre u.s., gli uffici provinciali non dispongono ad oggi di elementi oggettivi sulla scorta dei quali poter fondatamente dubitare della correttezza dell’operato del Commissario. Tanto preciso al fine di garantire, nel rispetto della Legge, la massima trasparenza.
Da ultimo preme allo Scrivente, con riferimento alle espressioni usate nell’articolo in esame, l’intollerabile offensività di esse rispetto alla professionalità e alla stessa dignità delle persone che prestano servizio presso gli uffici provinciali preposti alla vigilanza sugli enti cooperativi.
La Provincia si riserva comunque ogni valutazione in merito asll’opportunità di adire le vie legali.
Lorenzo Dellai
Sogni d’oro, Presidente
È singolare questa lettera di Lorenzo Dellai. Il Presidente non lascia che a risponderci sia un dirigente, scende in campo in prima persona per difendere l’onorabilità degli uffici provinciali, e minaccia di “adire le vie legali”: ma lo fa con argomentazioni esili fino all’inconsistenza. Di fronte alle nostre accuse di latitanza della Pat nella sua funzione di controllo della LaVis, precipitata in un buco di 80 milioni, commissariata da un anno e mezzo, Dellai sposa la linea dell’assessore Mellarini: stiamo aspettando i bilanci. Cioè abbiamo dormito: dormito prima, negli anni in cui si accumulavano perdite, dormito dopo, quando emerso il disastro non abbiamo saputo individuare le responsabilità, e continuiamo a dormire ora, quando - per dirne una - a fronte di perdite milionarie che continuano ancora con strampalate società estere “attendiamo risposte dalla cooperativa” (parole testuali di Mellarini, peraltro confermate dal senso di questa lettera).
Ci sarebbe poi il capitolo dei diritti dei soci ad essere informati, elementare nella democrazia economica, aspetto fondante nella cooperazione: ma su questo il Presidente non fiata.
E. P.