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QT n. 11, 1 giugno 2007 Scheda

Gli invisibili del Mart

“Ciò che più ci fa male è sapere che il nostro lavoro non è tenuto in nessun conto. Quando il personale dipendente riceve i premi di produttività, noi non esistiamo. Quando scattano gli aumenti, noi non esistiamo. Quando si aprono dei concorsi, la nostra anzianità di servizio non fa punteggio e ancora una volta non esistiamo. Siamo invisibili".

L'assessore alla cultura e vicepresidente della giunta Provinciale, Margherita Cogo (Ds).

Era il 9 marzo quando i lavoratori co.co.co del Mart inviarono una lettera aperta a l’Adige, da cui abbiamo estratto queste righe. Le più accorate. Perché i lavoratori invisibili, consapevoli della loro situazione, guardavano al futuro con incertezza e timore, nonostante le tante promesse del mondo politico. Promesse di regolarizzazione, di miglioramento delle proprie condizioni contrattuali, promesse che per loro rappresentavano la concreta possibilità di riprendere forma, di uscire dalla nebbia dei fantasmi. Confidavano nell’agognato contratto a tempo indeterminato, oppure almeno nel miglioramento del contratto di collaborazione con la concessione dei buoni pasto, delle ferie, dei diritti sindacali e del prolungamento a due anni del contratto stesso. Mica la luna…

A distanza di qualche mese cosa è cambiato per i precari del Mart? Ad oggi sono 34, rappresentano un terzo dei lavoratori del prestigioso museo (gli altri sono lavoratori a tempo indeterminato o dipendenti di cooperative) e delle promesse dell’assessore Cogo non sanno più che farsene, dato che le parole non hanno mai avuto seguito nei fatti. Franco Ianeselli, della segreteria CGIL, ci informa che le due vie perseguite dal sindacato si sono impantanate nelle aule della giunta provinciale.

Il blocco del turn over dei dipendenti pubblici e degli enti funzionali (come il Mart o il Museo tridentino di scienze naturali) stabilito dalla Provincia di fatto impedisce la trasformazione dei contratti di collaborazione in incarichi a tempo indeterminato. Ma nemmeno il protocollo d’intesa per migliorare il contratto in atto si sblocca e non certo per i tentennamenti del sindacato. Presidente Dellai e vicepresidente Cogo, infatti, continuano a glissare sulla questione. "I politici rispondono, - ribadisce Ianeselli - ma non fanno altro. Assicurano che interverranno, ma alla fine non passano mai dalle parole ai fatti. La responsabilità di questa situazione è soltanto loro".

Eppure per il cosiddetto fiore all’occhiello della cultura trentina gli invisibili sono necessari. Chi accompagnerebbe i visitatori nelle sale, chi promuoverebbe fuori regione le iniziative del museo, chi gestirebbe le collezioni, chi seguirebbe la pubblicazione dei cataloghi, chi terrebbe aperti gli archivi se loro, gli invisibili, fossero davvero tali anche agli occhi del pubblico e non solo a quelli dei nostri amministratori? Questione di sguardi, forse.

Del tutto strabici quelli del mondo politico, forse troppo impegnato a guardare in basso verso le magnadore, o così in alto da volare oltre la realtà quotidiana. Che non è certo quella di un’oasi paradisiaca per molti giovani diplomati o laureati. Nel caso del Mart ci troviamo di fronte a ragazze il cui contratto (rigorosamente annuale) è stato rinnovato quattro, sei, perfino otto volte. Si provi ad immaginare cosa può significare, a trent’anni, vivere più volte l’ansia del rinnovo, dominati dal timore che il contratto non ci sia più. "Se tu hai una situazione precaria sei ‘oggettivamente’ ricattabile, - rincara Ianeselli - perché sei portato ad accettare tutto purché alla fine ci sia il rinnovo del contratto per un altro anno. Se una ragazza restasse incinta poco prima della scadenza della collaborazione, che tutele avrebbe per il suo posto di lavoro?". Forse la vicepresidente Cogo potrebbe aiutarci a trovare la risposta. E magari anche i family boys.

Chissà se ci si rende conto che tale situazione non coinvolge soltanto i 30 del Mart, ma coinvolge ad esempio i lavoratori del Museo di scienze o i ricercatori dell’Itc o quelli della "fu" Create-Net, ora risucchiata dall’Irst, forse per nascondere sotto il tappeto una condotta che ha sollevato non poche perplessità.

Nel frattempo a parecchi lavoratori a progetto è stato dato il benservito. Pace a loro.

Una generazione di giovani, di certo non privi dei requisiti per svolgere il loro lavoro, galleggia così quotidianamente alla ricerca di prospettive meno incerte e magari di un semplice buono pasto. Nell’ente pubblico o negli enti funzionali i dirigenti sono consapevoli della situazione e solidarizzano con i lavoratori. Ma fino a che punto le loro parole possono effettivamente contribuire al miglioramento della situazione dei collaboratori precari? Immaginiamo la direttrice del Mart pressare come Gattuso la vicepresidente Cogo o il presidente Dellai affinché diano una svolta decisiva alla precarietà. O no? E’ vero, ci sono i mega-eventi con i pernottamenti lussuosi da curare. Senza dimenticare le sacerdotesse del Mart (si veda Le sacerdotesse del Museo).

A loro la direttrice deve ancora trovare un uomo. Questione di sguardi, si diceva.