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Sulla “Scimmia nuda”

Antonio Autiero e i ricercatori del CSR

Come gruppo di ricercatori che da anni sta lavorando sui temi della filosofia della natura, del darwinismo, della teologia naturale, della bioetica e biopolitica, riteniamo di poter esprimere anche la nostra voce, nel dibattito, non sempre equilibrato, che si è acceso negli ultimi giorni intorno a "La scimmia nuda", la mostra sulle origini e l’evoluzione dell’umanità, organizzata dal Museo Tridentino di Scienze Naturali.

Non è ovviamente questa la sede più appropriata per esaminare nel dettaglio le obiezioni che sono state rivolte all’esposizione dagli esponenti dell’associazione "Libertà e persona". In questi anni il Centro per le scienze religiose dell’Istituto Trentino di Cultura – oggi Fondazione Bruno Kessler – ha posto particolare attenzione su questi temi, chiamando in vita un progetto pluriennale e pluridisciplinare che va producendo i suoi frutti, in pubblicazioni, seminari e convegni dove sono state poste a confronto tesi e opinioni anche alquanto divergenti. Ovviamente ci viene naturale rimandare a quegli scritti per un utile approfondimento. Nel complesso, comunque, la nostra impressione è che i dibattiti intorno alla teoria darwiniana dell’evoluzione siano troppo spesso penalizzati da una formidabile confusione di piani: quello scientifico, quello religioso, quello filosofico-etico e, non da ultimo, quello ideologico. Una simile confusione è spiegabile solo con la passione che muove gli interlocutori, che in molti casi lascia trasparire una sottile inquietudine. Anche in ambiti più vasti il dibattito è stato recentemente riacceso, non ultimo da prese di posizione da parte di eminenti uomini di Chiesa e rappresentanti di filosofie e di visioni della vita di segno diverso.

Ma perché mai dovremmo avere paura di Darwin o dell’evoluzionismo? Leggendo le cose che sono state scritte nei giorni scorsi sulla mostra, colpisce il tono degli interventi, quasi che dall’esposizione di un museo di storia naturale dipendesse il destino stesso della civiltà occidentale o della plausibilità della concezione cristiana della vita. La verità pura e semplice è che non è così. Ciascuno di noi vive in una società in cui coabitano idee, opinioni, credenze molto diverse. E non solo idee, ma anche istituzioni e organizzazioni che hanno obiettivi, fini e metodi di lavoro differenti. Esistono nelle nostre comunità – anche quella locale del Trentino - gruppi, partiti, movimenti in cui uno può ritrovare espressa e incarnata la propria identità e ci sono luoghi in cui queste identità devono lasciare spazio al confronto più ampio possibile. Due di questi spazi essenziali per ogni democrazia sono la sfera pubblica e la comunità scientifica. Nella prima, le persone si confrontano pacificamente e ragionevolmente sulle questioni e le decisioni che riguardano la collettività, tenendo conto della prospettiva del bene comune, al cui servizio ci si deve sentir votati. Nell’altra, gli individui o i gruppi, unicamente in ragione della loro competenza in materia, svolgono nella più ampia libertà ricerche il cui unico principio regolativo dovrebbe essere il raggiungimento della migliore conoscenza possibile della realtà. Punto. Voler fuoriuscire da questi argini espone a un deleterio rischio di ideologia.

Non c’è pericolo maggiore per una democrazia della pretesa di imporre a entrambi questi spazi di libertà la camicia di forza di una visione del mondo predefinita e dogmatizzata. Anche per questo, per vivere in una comunità fondata sui principi della responsabilità e della libertà personale, e del rigore della dialettica politica, è essenziale non farsi dominare dalla paura.

Se ci inquieta il fatto che la comunità scientifica ritiene nella sua stragrande maggioranza che l’uomo derivi dalla scimmia, abbiamo alcune alternative. La prima è dedicare la propria vita alla ricerca nella speranza di dimostrare con prove empiriche e validi argomenti che le cose stanno altrimenti, nella consapevolezza, però, che l’unico giudice abilitato a stabilire chi ha torto e chi ha ragione sarà pur sempre la comunità scientifica stessa.

La seconda opzione è trovare luoghi ed interlocutori in cui e con cui dare spazio "discorsivo" ai propri dubbi e alle proprie inquietudini, accettando allo stesso tempo che esistano persone che non li condividono e non per questo possono essere accusate di minare le basi stesse della società, della tradizione, della moralità.

C’è poi anche la via ardua, ma nobile ed imprescindibile, che consiste nel portare avanti la riflessione interminabile sul senso profondo dell’esperienza umana e di quella religiosa, anche alla luce della metamorfosi continua di concetti complessi come quelli di natura, finalità, intelligenza, trascendenza, identità, storia. A tal fine certamente non solo è insufficiente, ma perfino fuorviante fare ricorso ad un’interpretazione letterale o dogmatica dei testi sacri, ignorando peraltro che proprio la teologia e l’esegesi (studio scientifico dei testi biblici) hanno fatto passi da gigante negli ultimi decenni, proprio per restituire al testo biblico e alla sua caratteristica di "messaggio per la vita" autenticità e carica espressiva.

Inoltre, la paura è sempre una cattiva consigliera nella vita. Se vogliamo davvero discutere delle implicazioni filosofiche, teologiche ed etiche della teoria dell’evoluzione, dobbiamo prima di tutto essere disposti ad ascoltare le ragioni della scienza (e costa fatica!) e poi accettare il fatto che altri possano pensarla diversamente da noi sull’origine della vita, sulla natura della moralità, sul ruolo della ragione. Dentro e fuori dell’ambito strettamente accademico circolano ottimi argomenti pro e contro le diverse posizioni in campo. Basta avere la sensibilità, il tempo, la voglia e l’energia per andarseli a cercare. E magari anche un pizzico di fiducia e di ottimismo.

In ogni caso, dobbiamo onestamente riconoscerlo, non è sicuramente Darwin il problema principale nel nostro travagliato mondo.

Antonio Autiero e i ricercatori del Centro per le Scienze Religiose della Fondazione Bruno Kessler: Paolo Costa, Stephanie Knauss, Tristana Dini, Lucia Galvagni, Floriana Marin, Francesca Michelini, Debora Tonelli, Davide Zordan