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QT n. 9, 3 maggio 2008 Cover story

Sinistra bocciata. E ora?

Diciamolo, la sinistra ha perso perchè ha governato male: su fisco, economia, giustizia, istruzione, infrastrutture, ambiente, non ha saputo trasmettere alla nazione una direzione di marcia. I limiti delle capacità e della cultura di governo, l’abbandono dei luoghi di lavoro, il distacco dai ceti popolari. La lunga lista degli errori e le possibili nuove prospettive.

Francamente, non ci hanno entusiasmato i sociologismi sparsi a piene mani in questi giorni per spiegare la sconfitta del centro-sinistra e, in particolare, la vittoria della Lega. La risposta è invece, a nostro avviso, molto semplice, anzi banale: la coalizione di governo ha perso – guarda un po’ - perché ha governato male.

Delegati sindacali all’assemblea di organizzazione della Cgil.

Con una precisazione. Per "governare" non intendiamo tanto emanare leggi e provvedimenti amministrativi, ma trasmettere alla nazione una direzione di marcia, verso cui far concorrere l’attività non solo di Parlamento e ministeri, ma anche dell’insieme della nazione. Su questo il centro-sinistra ha fallito; e sarebbe bene ne prendesse atto.

Prendiamo il campo dove pure si sono registrati i risultati più positivi, dal punto di vista della pura tecnica ministeriale: il settore economico, con il rientro dal deficit e l’avvio di un serio contrasto all’evasione fiscale. Tutte cose ottime, ma non inserite in alcun discorso generale; e così, al contrario, faticosamente si rincorreva la demonizzazione delle tasse operata dagli avversari, si evidenziava la mancanza di una comune politica sulla redistribuzione, ci si accapigliava sulla spartizione, o addirittura sulla stessa esistenza, di presunti "tesoretti". Con questo, si pagava pesantemente lo scotto delle varie esigenze (di visibilità e di rispondenza ai settori elettorali di riferimento) dei tanti partitini. Ma non solo: con l’accodarsi, anche in campagna elettorale, alla corsa a promettere meno tasse, si dimostrava di non avere una idea precisa di modello di società, se improntata a forti investimenti collettivi e ad una elevata protezione sociale (in stile nord-europeo) o a preminenti investimenti privati e bassa tassazione e protezione, in stile americano.

Peggio andava su altri settori, che avrebbero dovuto essere portanti.

Il primo, la ricerca e l’istruzione. Ambito negletto, come testimonia l’intervento del docente sconfortato che riportiamo in E la scuola che fine ha fatto?. Il ministro all’Università e ricerca Fabio Mussi è stato impegnatissimo ad organizzare la dissidenza ai Ds, ma assente al ministero. E quando si sono dovuti trovare i 300 milioni per il grottesco prestito-ponte all’Alitalia, li si è prelevati dal fondo per la ricerca.

"Erano stanziati, ma non assegnati" è stata la giustificazione; ancora peggio, vuol dire che neanche si sapevano spendere gli irrisori soldi previsti. E questo, dell’istruzione e dell’innovazione, era è e sarà il vero campo su cui contrastare il declino del paese e le pretese scorciatoie nordiste. Con buona pace dei Cacciari, all’imprenditore che teme la Cina e vota Lega, non si può rispondere con il Partito del Nord, ma con una società più orientata alla cultura e al nuovo.

Il secondo ambito dove il centrosinistra neanche ha fatto finta di impegnarsi è stato quello della legalità e della giustizia. Ben noti sono stati i primi atti: Mastella ministro e l’indulto ("Ce l’aveva chiesto il Papa..." è stata la disarmante motivazione; più probabilmente, per essere sicuri che non saltassero fuori scheletri dagli armadi). Il risultato è stato abbandonare la cultura della legalità, e sostituirvi, sulla spinta del leghismo (e di acconce campagne stampa) quella della "sicurezza": infinitamente più ristretta - ai soli reati dei miserabili - e contigua alle derive dell’intolleranza.

Questo basterebbe a spiegare una sconfitta. Ma la lista non è finita.

Possiamo parlare della mancanza di una cultura dell’ambiente, in un’epoca in cui l’aria, l’acqua e le materie prime saranno beni sempre più preziosi. E così invece, da una parte si pensa di risolvere il problema dei rifiuti non con la differenziata e il riuso, ma spargendoli, surriscaldati e sminuzzati, nell’atmosfera; dall’altra si è ridotta la cultura ambientale alla politica dei no (per cui ormai si dice di no anche alle ferrovie).

Agostino Catalano, segretario provinciale di Rifondazione Comunista, e candidato al Senato per la Sinistra Arcobaleno.

Possiamo parlare di clamorose incapacità gestionali. Sul caso Alitalia, con una vendita trascinata, tra aste deserte e condizioni velleitarie, per un anno e mezzo, e affossata, prima ancora dell’irresponsabile intervento di Berlusconi, da grottesche pretese dei sindacati (che fanno dire: se questi sono gli esiti della concertazione, è meglio vi occupiate solo di vertenze; quando invece la concertazione e i rapporti con il mondo sindacale sono stati uno dei capisaldi della politica di centrosinistra).

E infine, il caso dell’immondizia, gravissimo non solo in sé, ma per l’evidenziata incapacità della sinistra di gestire anche se stessa: Bassolino inamovibile è diventato l’emblema della casta; e D’Alema, che stoltamente sperava che proprio i voti – clientelari - del governatore potessero conservare alla sinistra la Campania, è l’emblema di una politica miope giustamente fallita.

Con tutto questo, occorrono altre spiegazioni all’esito del voto? Potremmo aggiungere che i lati inaccettabili dello schieramento opposto, a iniziare dal conflitto di interessi di Silvio Berlusconi, non sono più elettoralmente spendibili, dopo essere stati accettati dallo stesso centro-sinistra, che, al governo per due volte, mai ha preso sul serio il problema, e anzi, ancora per due volte, ha affidato al Cavaliere il ruolo di padre costituente.

Ma non è su questo che intendiamo insistere.

Qui invece intendiamo ragionare sui limiti della cultura di governo. E ci occupiamo, in questo nostro servizio, della cultura della sinistra-sinistra, quella che dalle elezioni è stata spazzata via dal Parlamento, e che quindi più urgente si ritrova la necessità di rivedere se stessa.

Di questo parliamo con Agostino Catalano, segretario di Rifondazione Comunista e candidato al Senato per la sinistra Arcobaleno, Luigi Casanova, ambientalista, anch’egli candidato per la Sinistra Arcobaleno, Franco Ianeselli, della segreteria della Cgil, e Walter Micheli, socialista, figura storica della sinistra trentina, già vicepresidente della Giunta provinciale.

Sul tema della capacità di governo della sinistra interviene Ianeselli: "Io non butterei per niente via una serie di risultati del governo Prodi, soprattutto in tema di lavoro: 200.000 edili strappati al lavoro nero, congedi parentali ai lavoratori a progetto, intervento sull’età pensionabile, provvedimenti sui lavoratori precari... Solo che tutto questo non è risultato come parte di un progetto per la società, è stato un riformismo senza popolo, di cui si sono percepiti solo i costi. Sono stati stabilizzati 20.000 lavoratori dei call center, e i precari della pubblica amministrazione, ma nessuno lo sa, solo i singoli interessati. Perchè? Perchè in un governo in cui tutti giocavano contro tutti, qualunque decisione era difficilissima; e poi, una volta presa, subito sminuita e contestata".

Un analogo argomento lo porta Catalano: "La legge sull’immigrazione è risultata una buona sintesi tra le esigenze e la cultura rappresentati dal ministro della solidarietà sociale Paolo Ferrero e dal ministro degli interni Giuliano Amato; solo che dei risultati si è trasmesso molto poco alla popolazione". Diciamo pure che non si è trasmesso nulla. E questo non è governare.

E’ stata solo una questione dei troppi partitini? Della spasmodica ricerca di visibilità per cui si crea casino per avere un passaggio in più in Tv? Anche, e difatti l’elettorato ha bastonato con implacabile durezza chi riproponeva una qualche forma di frammentazione. Ma non solo.

Luigi Casanova, ambientalista, candidato al Senato per la Sinistra Arcobaleno.

"Da tempo avevo la percezione, acuitasi in questa ultima campagna elettorale, della distanza della sinistra dalla popolazione: troppi ideologismi, declamazioni di grandi valori astratti ma scarsa concretezza. – afferma Casanova – Oramai anche il linguaggio è scarsamente comprensibile".

Concorda Micheli, che anzi calca ancora la mano: "Il risultato elettorale è stato talmente radicale, durissimo, che sarebbe assai limitativo imputarlo a un’esperienza di governo di due anni. Il problema è del modo di essere della sinistra. Come dice Vittorio Foa, ‘le parole sono usurate, c’è bisogno di esempi’ c’è bisogno di una sinistra vicina al popolo. Mentre invece nel vivere dei gruppi dirigenti si è consumato un distacco, e poi ci si è fatti convincere dal berlusconismo che per fare politica basti la TV."

E vengono subito in mente, anche troppo facilmente, il cashmere di Bertinotti, o la barca a vela di D’Alema, o i lussuosi viaggi internazionali in grandi hotel di qualche nostro assessore; ma più in generale una politica che cambia lo status delle persone, e il loro modo di porsi e di pensare. Mentre, di converso, non può essere un caso che i leghisti, che popolani erano e tali sono rimasti (Bossi in canottiera da camionista e Fugatti in maglione da mercatino), abbiano oggi soppiantato la sinistra in tanto elettorato popolare.

Franco Ianeselli, della segreteria della Cgil.

"Il fatto è che abbiamo abbandonato i luoghi di lavoro, e lì è subentrata la Lega" – ammette Catalano.

Qui viene chiamato in causa il sindacato. "Chiariamo: – precisa Ianeselli che, ricordiamolo, è della Cgil – il sindacato rischia di essere rappresentativo solo nelle grosse realtà operaie, meno tra gli impiegati e tra i dipendenti di imprese artigiane. Però anche nelle grandi fabbriche metalmeccaniche, con cinquecento o più operai, il problema è se il sindacato è un agente contrattuale o anche culturale; cioè se in assemblea si discute solo di contratti o anche di immigrati. Diciamolo francamente: per motivi di tempo, ma anche di opportunità, molto spesso il sindacalista evita discorsi su temi generali, come appunto l’immigrazione, su cui incontrerebbe dissensi".

"Questo è un compito che potrebbero svolgere, più che i sindacalisti a tempo pieno, i delegati sindacali: hanno il tempo, le occasioni– interviene Casanova, a suo tempo anch’egli sindacalista presso la Cgil – Il punto è che i delegati devono essere formati, coinvolti nell’elaborare una cultura politica, oltre che contrattuale".

Walter Micheli, già vicepresidente (per il Psi) della Giunta provinciale.

"Il punto è proprio questo– concorda Ianeselli – Fermo restando che il sindacato non può fare la parte dei partiti, tuttavia il nostro compito dovrebbe essere mettere assieme la tutela sul posto di lavoro con la cultura della solidarietà sociale".

"Questo arretramento sociale viene anche dall’aver buttato alle spalle il Novecento, con la storia, le tradizioni, le tragedie, ma anche le grandezze del movimento operaio. Si è sposata una leggerezza – che vuol dire mancanza di storia e volatilità di pensiero – che poi evapora– sostiene Micheli, e la polemica, in questa intervista tenuta prima del voto di Roma, è evidentemente con Veltroni, ma certo non solo con lui – In realtà, nella società, anche in quella trentina, c’è, permane, una vitalità democratica che chiede solo di trovare interlocutori credibili".

Oltre al radicamento sociale, gli eventi hanno messo drammaticamente in luce anche un’inadeguatezza tecnica, o forse sarebbe meglio dire, una mancanza di prospettiva. Non solo sui temi di lungo periodo già citati dell’istruzione o della giustizia, ma persino su quello della TV e del conflitto di interessi, che coinvolgono anche il tornaconto spicciolo della propria parte, il centro-sinistra si è dimostrato imbelle, incapace perfino di tutelarsi: "E’ stata la difficoltà ad affrontare temi complessi, su cui convergono forti spinte; e allora si tralasciano, per inseguire il problema del giorno" – afferma Micheli.

Il discorso poi si sposta sui prossimi appuntamenti, le elezioni provinciali di ottobre. In un altro articolo (a pag. 6) parliamo di come vi si sta avvicinando quella parte del centro-sinistra che teoricamente dovrebbe riferirsi al Partito Democratico. Sul fronte di chi intende rimanere a sinistra del Pd, Casanova e Catalano si mostrano ottimisti: secondo loro si può riprendere su altre basi, anche se appena sconfitto, il progetto dell’unificazione delle culture ex-comunista e ambientalista, e tessere un nuovo, proficuo rapporto con i comitati e movimenti di protesta. Non siamo molto convinti.

Riprenderemo il tema prossimamente.