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QT n. 22, 22 dicembre 2006 L’editoriale

Paese “frammentato”e politici quaquaraquà

Dalla giustizia alla Finanziaria: come il centrosinistra ha perso se stesso e il contatto con il paese. Eppure...

Mi aveva molto stupito uno degli avventori del bar che frequento: uno dei non pochi personaggi bercianti, sempre irritati con il mondo, dai rancorosi sentimenti leghisti, “Beh, adesso speriamo in questo governo. Vedremo...”. Mi ero voltato stupefatto, per vedere se fosse proprio lui: sì, non mi ero sbagliato, l’apertura di credito era proprio sua.

Era maggio. Sono passati pochi mesi e quella fiducia, quel credito, è svanito. Come mai?

“L’Italia rancorosa” ci viene ampiamente descritta in queste settimane dai sociologi, “divisa e frammentata... attenta solo al proprio particolare”. Forse è vero. Ma ne siamo poi sicuri? (Nel microcosmo di QT diremmo il contrario: al nostro appello per la sopravvivenza e il rilancio del giornale, stanno rispondendo in tanti; e con una generosità francamente inaspettata e financo commovente).

Insomma, non è che si confonde la causa con l’effetto? Che la società si disperde perché chi la guida sembra andare avanti a caso? Si frammenta, segue il proprio tornaconto perchè i comandanti per primi paiono anteporre a tutto il proprio personalissimo interesse? Abbiamo appena rimosso chi si faceva le leggi ad personam, per cadere in mano delle leggi ad partitum?

Darò i due esempi più clamorosi di questa deriva. Il primo è la questione giustizia. E’ stato Gustavo Zagrebelskj, già presidente della Consulta a rivelare: “Mi sono accorto che qualcosa non funzionava – ha scritto –. Una decisione evidentemente presa a freddo: la legalità non interessa, andava bene in campagna elettorale, ottimo argomento su cui Berlusconi era fragile, una volta al comando lasciamo perdere.

Di qui la decisione di lasciare il ministero a Mastella, noto boss della clientela. Non siamo verginelle: capiamo che per vincere, una coalizione deve aggregare cani e porci; ma ad essi poi si danno ossa e ghiande; e a Mastella un bel ministero dove assumere qualche migliaio di forestali e rendere grassa Ceppaloni. Non la Giustizia, se si ritiene la criminalità il problema principe del Sud, e la legalità una delle priorità per tutto il paese.

E poi venne l’indulto.

Ci meravigliamo se, a quel punto, la magistratura ha iniziato a sbandare? Se è passata dal “resistere, resistere, resistere” alle sentenze accomodanti, emesse tenendo conto innanzitutto della carriera?

Il secondo esempio riguarda la metodologia con cui si prendono le decisioni dolorose per una parte della società. Il caso emblematico è stato il decreto Bersani: basta con i privilegi medioevali, di tassisti, farmacisti, ordini professionali ecc. Il governo tocca il massimo della popolarità. Poi i tassisti scioperano con modalità eversive, gli ordini strepitano, ecc: e il governo fa marcia indietro. Tutti capiscono che chi comanda non ha le idee chiare; e che chi protesta ha sempre ragione. E l’interesse generale esiste solo per i gonzi.

Così per i successivi provvedimenti: grandi roboanti annunci; proteste; “aggiustamenti”, cioè marcia indietro. Ma allora non siete seri: per favore, prima di presentarci qualcosa, documentatevi.

Così si è arrivati alla Finanziaria. Al caos comunicativo e al tracollo del consenso. L’avventore di cui parlavo in apertura non frequenta più il mio bar: ma non importa, posso facilmente immaginare il tenore dei suoi commenti.

Però qui (e siamo già molto avanti) penso si possano arrestare le critiche. Perchè è indubbiamente vero quello che, in una conferenza stampa di questi giorni, sostenevano i nostri senatori Tonini e Molinari. Il disegno complessivo della Finanziaria è condivisibile e coraggioso. Si è puntato su tre obiettivi: risanare i conti disastrati, rilanciare l’economia, ottenere una maggiore equità sociale. Obiettivi importanti e non proprio compatibili; e questa volta si è mantenuta la barra ferma. Anche se solo nel perseguire il disegno generale; perchè nel particolare (“nei dettagli” specifica Tonini) si è visto di tutto e di più.

E allora, tutto questo basta?

Per far superare all’Italia le attuali difficoltà economico-finanziarie, probabilmente sì. Per far recuperare fiducia nel governo, sicuramente no. Perchè l’italiano medio arrivi a pensare che sia logico perseguire gli interessi generali, dovranno arrivare ben altri esempi. E soprattutto altre politiche. Che riescano ad indicare una visione complessiva, in cui chi comanda ci crede davvero.

Detestiamo l’uomo forte; ma per favore, risparmiateci il politico quaquaraquà.

Il che comporta un mutamento non da poco. Il leader vittorioso, la sua squadra, devono governare secondo un programma, una visione. Se questi si rivelano sbagliati, impraticabili, non si devono cambiare gli obiettivi, devono andarsene i governanti. Solo così si avrà la coerenza di governo.

E’ troppo? No; è quello che succede nelle altre democrazie.