La lavagna e la scuola che vorremmo
Le grandi potenzialità didattiche delle LIM, le lavagne interattive multimediali, e gli ostacoli che ne impediscono un utilizzo efficace. Ministero e assessorato investono sull'hardware/software più costoso e non sulla possibile rivoluzione didattica.
Anche in tempi non sospetti, ovvero senza grandi crisi in corso, il settore della scuola è stato tradizionalmente uno dei più tartassati e saccheggiati da governi in continua e compulsiva ricerca di fondi. Niente di nuovo: spesso le grandi riforme scolastiche promesse o paventate si sono ridotte a ridimensionamenti del budget.
Sono esistite ed esistono, tuttavia, alcune parole magiche capaci di far rientrare l’emergenza e investire un po’ di soldi in progetti innovativi (almeno sulla carta). Le tre “i” di berlusconiana memoria (inglese, internet, impresa) sono clamorosamente uscite di scena, ma hanno comunque lasciato spazio ad altri mantra di sicura efficacia. Legati talvolta a progetti sfarzosi quanto a breve gittata.
Purtroppo non ci è dato di sapere se queste elementari riflessioni fossero state almeno in parte prese in considerazione dall’allora ministro Maria Stella Gelmini quando, nel 2008, il suo dicastero stanziò 20 milioni di euro per dotare le scuole secondarie di primo grado di 10.000 lavagne interattive multimediali (LIM, una superficie interattiva su cui è possibile scrivere, disegnare, allegare immagini, visualizzare testi, riprodurre video o animazioni), con l’intento di permettere alle scuole di “sviluppare contenuti didattici digitali, fruirne in rete e utilizzare strumenti di collaborazione come blog, wiki e videoconferenze”.
All’avvio dell’anno scolastico 2011/2012, peraltro, i milioni di euro erano già diventati 80, per un totale di 25.800 lavagne installate, con un’ulteriore previsione di spesa di 20 milioni (per altre 9.000 lavagne e la relativa formazione degli insegnanti). Cifre decisamente non trascurabili.
Come si potrà capire, le LIM acquistate dal ministero hanno dunque avuto, ed hanno tuttora, un impatto economico sensibile. Per di più, su un conto già salato pesa l’aggravante che le LIM commerciali sono generalmente fornite con software proprietario: in molti casi esistono licenze molto restrittive sui software installati o acquistabili, e anche i materiali prodotti sono utilizzabili quasi esclusivamente con i software e l’hardware (le LIM, appunto) che li hanno generati. Tutto questo nonostante le indicazioni del Ministero, secondo cui le dotazioni tecnologiche dovrebbero essere “interoperabili”, ossia “realizzare sistemi che, anche se non omogenei, possono interagire e comunicare tra loro, scambiarsi o riutilizzare informazioni”; e nonostante la spinta del Ministero stesso verso software “liberamente utilizzabile [...] per consentire la fruizione dei file creati con l’applicativo a tutti gli utenti anche in contesti in cui la LIM non è presente”.
Sulle LIM ha più di una cosa da dire Pietro Pilolli, informatico di natali torinesi e trentino di adozione. Pilolli è membro, insieme agli insegnanti e formatori Massimo Bosetti e Matteo Ruffoni, del LiTsA, il Laboratorio per l’Innovazione Tecnologica a Supporto dell’Apprendimento, nato nel 2011 presso l’Università di Trento e coordinato dal professor Marco Ronchetti del DISI (Department of Information Engineering and Computer Science).
L’esperienza del LiTsA ha dato vita a WiildOs, “un sistema operativo modulare, semplice, completo, libero, open source e gratuito” totalmente indipendente dall’hardware, e dunque utilizzabile su tutte le LIM. WiildOs, insomma, è un sistema operativo completo in grado di “liberare” le lavagne interattive multimediali. Non solo. Grazie ad un’idea del programmatore statunitense Johnny Lee Chung, il gruppo di lavoro del LiTsA è riuscito ad allestire una LIM con uno wiimote, ossia con il controller della Wii (la famosa console Nintendo), una penna ad infrarossi (fabbricabile “in casa”) ed un connettore bluetooth per il computer. WiildOs infatti opera su lavagna ottica, non resistiva, cioè che usa sistemi ottici e non fisici; può incontrare - è vero - problemi di ombre e simili, ma ha costi economici e ambientali inferiori di un ordine di grandezza rispetto alle LIM.
Pilolli ha poi avuto l’idea brillante di creare Ardesia, il primo software, funzionante su Linux Ubuntu (e implementato in WiildOs), che permette di scrivere, sottolineare ed annotare con inchiostro digitale sul desktop del computer.
Una vera rivoluzione, libera ed economica. L’open source, peraltro, propone un modello di mercato sostenibile; promuoverlo seriamente significherebbe anche creare posti di lavoro sul territorio, specialmente laddove le risorse sono già presenti “in casa” (vedi TrentoRise: http://www.trentorise.eu), anziché finanziare con esborsi continui e consistenti le case produttrici.
Ma perché il Ministero non ha fatto neppure un pensierino a tutto ciò? Senza voler tirare in ballo torbide questioni commerciali (sebbene venga naturale), va almeno rilevata una carenza di sensibilità tecnica. “È paradossale che assessorati e Ministero non abbiano personale competente che si occupi di mediare tra scuola e ambiente commerciale per definire cosa occorre a livello tecnologico”, dice Pilolli. In effetti, il problema sembra proprio partire da qui: “La questione è che la tecnologia non viene richiesta dalla scuola: è il mercato che preme sulla scuola, attraverso un apparato commerciale che spinge su oggetti (come i tablet) che docenti e ragazzi possiedono già. La scuola va al traino. La necessità di rinnovamento non c’è: c’è solo un adeguamento forzato al mondo che cambia. La LIM è un caso a sé, perché non è un oggetto di consumo in senso stretto; ma probabilmente è stata pensata proprio come cavallo di Troia per iniziare il rinnovamento”.
Lo strumento c’è, manca il resto
La Provincia di Trento, e in particolare l’Assessorato all’Istruzione, hanno comunque mostrato una certa virtuosa attenzione - della quale va loro reso merito - al tema. È di luglio dell’anno scorso la legge provinciale riguardante la promozione della società dell’informazione e dell’amministrazione digitale e la diffusione del software libero, che prevede l’adozione da parte della Provincia di “programmi basati su licenze di software libero e a codice sorgente aperto”. Mentre l’assessora Marta Dalmaso, in una circolare datata 23 ottobre 2012, ha fatto riferimento proprio alla legge appena citata per promuovere la diffusione del sistema operativo WiildOs (inviato su supporto DVD allegato alla circolare stessa).
Per il momento, tuttavia, la lavagna interattiva multimediale rimane, anche in Trentino, uno strumento costoso e sottoutilizzato, ossia impiegato per riproporre la classica lezione frontale, oppure per fungere da semplice proiettore. È questo, probabilmente, l’aspetto più problematico della faccenda.
Di per sé, infatti, la LIM non espande le potenzialità di ciò che può essere fatto a livello didattico. E non consente, ad esempio, l’interattività. “La LIM da sola è molto poco, in verità. - sostiene ancora Pilolli - Può aprire dei mondi: ma questi mondi devono, appunto, essere aperti”.
“La lavagna digitale potenzia e amplifica le possibilità di un insegnante soprattutto nella lezione frontale. - spiega Matteo Ruffoni - Un insegnante può mostrare materiale multimediale, foto, video, grafici di funzioni, in modo immediato e lavorarci facilmente sopra; può aprire una finestra sulla rete ed evidenziare, commentare; può proiettare il testo di un’opera letteraria, far ascoltare un brano, rendere evidenti passaggi importanti o particolari costrutti letterari. In alcuni casi, associata ad altri computer disponibili in classe, può facilitare il lavoro collaborativo degli studenti proiettando documenti o oggetti multimediali ai quali lavorare insieme alla classe; o anche, con un po’ di coraggio, lo streaming di una discussione inerente alla lezione su Twitter o su Facebook”. Non solo: la LIM è uno strumento che si presta al supporto di alunni con bisogni educativi speciali (BES), o con disturbi specifici di apprendimento (DSA). Tanto per fare un esempio, WiildOs prevede il plugin Voxoofox (completamente gratuito) per LibreOffice, che permette la riproduzione audio contestuale alla lettura del testo scritto e che rappresenta quindi un efficace sostegno all’apprendimento di studenti dislessici.
Il discorso, tuttavia, non può esaurirsi alle potenzialità. “Con le LIM, però, si è un po’ confuso il fine con il mezzo, e lo stesso si sta facendo con i tablet”, ammette Ruffoni.
Lavagna o tablet?
Già, i tablet. Supporti affascinanti, ma costosi, estremamente fragili e progettati per la fruizione, non per la costruzione di materiale (si pensi, ad esempio, che non hanno tastiera fisica, e che quindi non sono certo lo strumento più idoneo alla scrittura). In altre parole, inadatti ad essere impiegati per l’educazione e la produzione di materiali. Anche nel loro caso, l’unico effetto immediato pare essere quello di rendere più leggeri gli zaini degli scolari (e contestualmente il portafoglio del Ministero). Per inciso, si pensi che in Trentino i libri utilizzati nella scuola primaria sono in comodato d’uso e passano quindi di mano in mano: cosa comporterebbe, a livello di costi, spostarsi su contenuti digitali che prevedessero abbonamenti annuali per ogni singolo studente?
Il progetto ministeriale di Scuol@ 2.0, all’interno del quale rientra peraltro anche la diffusione delle LIM, si propone di innovare “tutta l’impostazione educativa che, in un contesto 2.0, non è più centrata su dinamiche di tipo verticale e piramidale (dal docente agli studenti), ma sulla personalizzazione dell’apprendimento e sul paradigma della costruzione collettiva della conoscenza (interazione, collaborazione, rispetto dei tempi di apprendimento individuali)”: ma i buoni propositi sono finora restati tali e la scuola è rimasta al palo.
Il problema, qui, è che - come sostiene Ruffoni - il mezzo è stato confuso con il fine. E che il tentativo di rivoluzione tecnologica nella scuola non è stato preceduto e accompagnato da una doverosa rivoluzione delle strategie didattiche.
Tanto per cominciare, bisogna essere consapevoli del fatto che utilizzare mezzi informatici a scuola vuol dire preparare le lezioni in maniera molto più sistematica, an-che perché è molto più difficile riuscire a improvvisare.
Il supporto tecnologico, poi, dovrebbe diventare un “laboratorio sperimentale” per fare cose che sarebbe difficile fare fisicamente, specialmente a livello audiovisivo.
Dovrebbe, in altre parole, essere stimolato un apprendimento davvero multimediale: la LIM, o il tablet, dovrebbero essere strumenti utilizzati per valorizzare il lavoro in gruppo, la curiosità, la ricerca, la sperimentazione, la selezione delle fonti ed il loro confronto, il dubbio scientifico e la sua risoluzione.
Si pensi, ad esempio, ad una lezione di storia durante la quale fosse possibile cercare in rete fonti e documenti, analizzarli, determinare quali sono attendibili e quali no, lavorare su di essi in gruppi ed elaborare poi una sintesi delle informazioni raccolte. Proprio questa è la nuova sfida della formazione: di fronte alla smisurata quantità di informazioni che Internet rende disponibili, lo studente, che con quelle informazioni già si confronta quotidianamente, dovrebbe essere reso capace di adottare un metodo critico, di selezionare, analizzare e infine di sintetizzare.
Insegnanti da formare
Signore e signori, stiamo parlando dell’approccio costruttivista all’insegnamento. Per il quale la scuola non sembra, purtroppo, ancora pronta.
Va anche detto che in larga misura l’attuale corpo docente non ha adeguata preparazione tecnologica e informatica. Impossibile da raggiungere, d’altronde, senza una formazione mirata che non insegni a ripetere meccanicamente procedure e sequenze di comandi, quanto piuttosto a fare i conti con i problemi che l’informatica pone, ad affrontarli e a superarli; e impensabile senza la pratica.
Tornando alle LIM, a Trento (come altrove) è stato fatto un percorso formativo di accompagnamento alla loro introduzione nelle classi. Ma squisitamente tecnico (e con approccio vagamente commerciale). Applicato, in molti casi, ad insegnanti che nemmeno conoscono l’a-b-c dell’utilizzo di un computer. Contemporaneamente, sembra che non abbiano giocato un ruolo strategico i percorsi annuali di formazione metodologica a cura dell’Agenzia Nazionale per lo Sviluppo dell’Autonomia Scolastica, previsti dal Ministero.
La formazione stessa, del resto, rappresenta un business non indifferente, anche a livello editoriale. Basti pensare alla Erickson Editore di Trento, che propone una collana dedicata alla LIM e fornisce materiali da utilizzare con la lavagna digitale (materiali pronti all’uso che supportano il modello d’apprendimento tradizionale, imperniato sull’insegnante, in barba all’approccio costruttivista di cui sopra).
In conclusione. Ci hanno fatto capire, obtorto collo, che impegnare risorse nella formazione non è interessante (a meno che non ci sia un lucro per qualcuno); e che è più facile e fruttuoso, a livello politico, investire sull’hardware, perché esso è tangibile e si può esibire. Potrà anche reggere nell’immediato, ma questa modesta e miope strategia è destinata a creare, nel medio periodo, nulla. Non stanchiamoci di ripeterlo: il vero balzo verso il futuro sarà compiuto solo quando cultura e istruzione riacquisteranno dignità. La domanda è, appunto: quando?
LIM: a cosa servono
Le Lavagne Interattive Multimediali (LIM) sono dei supporti interattivi sui quali, attraverso il tocco di un dito o mediante una penna, è possibile disegnare e scrivere. Sono in grado di riprodurre contenuti multimediali e, si suppone, facilitare così l’apprendimento. Volute dal Ministro della pubblica istruzione Fioroni nel 2006, sono state introdotte da Mariastella Gelmini nel 2008.
Da un’indagine del 2012, voluta dalla stessa Gelmini, risulta che l’82% delle scuole pubbliche italiane possiede almeno una LIM, mentre il dato scende al 19% per quanto riguarda le scuole paritarie. Risulta altresì che soltanto il 42% degli alunni utilizza con continuità il materiale tecnologico presente nella scuola (non le sole LIM, dunque, ma anche le normali aule computer) per attività individuali. Per le attività di gruppo, invece, la percentuale sale al 62%.
Per quanto riguarda le ragioni dell’utilizzo dei supporti informatici, che ci possono dare un’idea dell’utilizzo effettivo delle LIM secondo i dati del ministero, la risposta più presente è “ricerca di informazioni” (88%), che presuppone un utilizzo “base” delle tecnologie, mentre risposte come “realizzazione di attività collaborative” e “presentazione di argomenti” si dimostrano attività più marginali, praticate con regolarità dal 50% degli studenti.
(l. m.)