Domenico Ventura
Una personale del pittore pugliese: con oggetto le figure umane, in cui il realismo del dipinto pone sempre ulteriori domande.
La pittura di Domenico Ventura si interessa alle figure umane, ma non è del tipo che si accontenta di rappresentarle, magari insistendo sulle loro condizioni di esistenza, come è stato nella tradizione realista. Nonostante parta dal dato di realtà, e disponga di ottimi strumenti per valorizzare il suo lato sensuale, c’è sempre qualcosa di ulteriore, come possiamo osservare nelle opere in mostra all’enoteca Grado 12, in quella che è la prima esposizione di Ventura a Trento. E se un filo collega tra loro queste opere, sembra sia l’attitudine di ognuna di esse a suscitare in vari modi delle domande in chi osserva, talvolta a coinvolgerlo in una situazione sottilmente enigmatica, in ogni caso a condurlo fuori da un quadro di certezze consolidate e di maniere perbene.
Nato ad Altamura, in Puglia, nel 1942, Domenico Ventura è rimasto per lunghi periodi ai margini del sistema dell’arte; fin dai suoi esordi espositivi ed in particolare dagli inizi degli anni ‘70 fu chiaro che la sua ricerca seguiva un percorso autonomo, in cui le basi della buona pittura apprese negli anni di accademia a Napoli (che poté frequentare grazie al sostegno economico di una sorta di prete mecenate) non vennero mai a snaturare uno sguardo sul mondo evidentemente nutrito anche da radici culturali popolari.
Il bambino nudo e asessuato della prima tela (che risale appunto al 1972) non è fatto per intenerire, con quell’incarnato bianco grigio come in una vecchia foto, il volto meno infantile del corpo, che si staglia sul fondale cupo, notturno, e una figura che dovrebbe essere adulta ridotta alla dimensione di una bambola sospesa al suo braccio. Tutti indizi di surrealtà che si oppongono agli stereotipi sul nido famigliare. Non meno visionaria, ma invece con una evidente dose di ironia, è ad esempio l’immagine di un quadro recente in cui una chioccia con la testa di donna protegge i suoi pulcini nel mezzo di un letto matrimoniale, mentre un vecchio osserva un poco trasognato la scena. Un’idea della donna carica di altre allusioni simboliche, dietro lo spirito giocoso, la troviamo anche in quella sorta di grossa e soddisfatta Circe contadina che tiene sotto il proprio sguardo un branco di porci.
Il gusto provocatorio di Ventura agisce anche per vie diverse: l’ambiguità di una vicenda erotica che potrebbe essere un caso criminale; oppure contaminando elementi e prestiti di pittura colta con apporti di pittura "ingenua", soprattutto mescolando sacro e profano, come nel grande nudo femminile che nell’impianto e nella testa ricorda certa iconografia sacra medievale.