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Sistema elettorale: tedesco-spagnolo?

Alessandro Branz

Stefano Ceccanti ("Proporzionale e bipolare", l’Unità dell’11 novembre) scrive che "anche in materia elettorale il diavolo si annida nel dettaglio". Ed ha certamente ragione. Senonché tale osservazione si potrebbe applicare anche al suo articolo, che contiene, accanto ad alcune considerazioni certamente condivisibili, una serie di elementi contraddittori che rischiano di minare la coerenza complessiva del ragionamento. In particolare Ceccanti ha ragione quando dice che la logica del premio di maggioranza introdotta dal Porcellum va superata, perché, pur consolidando il bipolarismo, essa frammenta e rende disomogenee le coalizioni. Ed è vero che il sistema proporzionale con premio, che non va comunque demonizzato, ha una sua ragione d’essere in contesti caratterizzati dalla presenza di partiti forti, che abbisognano di essere incanalati in una logica bipolare, così com’era nelle intenzioni dei progetti presentati negli anni ‘80 (Ceccanti cita Ruffilli, ma io ricorderei anche la proposta di Gianfranco Pasquino), che tendevano a rompere e ridimensionare il potere di ricatto dei partiti piccoli e medi, PSI craxiano in testa.

Il punto è che la proposta di riforma sul tappeto, che nasce da un accorpamento molto originale dei modelli tedesco e spagnolo, se da un lato si fa carico di superare la logica del premio di maggioranza (facendone però nel contempo venir meno anche gli indubbi effetti bipolari), dall’altro lo fa non a favore di un sistema coerentemente maggioritario, ma di un nuovo modello che, per quanto corretto, mantiene le caratteristiche di un sistema a base proporzionale, col rischio quindi di riprodurre i ben noti effetti negativi sul nostro, pur zoppicante, bipolarismo.

Vedo di spiegarmi meglio, entrando per l’appunto nei dettagli: la proposta elaborata da Vassallo, Ceccanti ed altri studiosi e fatta propria da Veltroni prevede - per quel poco che finora se ne sa dai quotidiani - che l’elettore disponga, come in Germania, di due voti su un’unica scheda (uno per la lista di circoscrizione e l’altro per il collegio uninominale), ma - come in Germania, ed è questo un particolare spesso dimenticato - i seggi ai vari partiti verrebbero attribuiti proporzionalmente (e quindi il collegio uninominale avrebbe soprattutto la funzione di "personalizzare" la rappresentanza). Per di più nella versione italiana non sarebbe prevista la nota clausola di sbarramento del 5%, che in terra tedesca ha non solo assolto alla funzione di contenere il formato partitico, ma, in corrispondenza con il consolidarsi di una dinamica bipolare, ha anche incentivato l’elettore ad esprimere un’indicazione di tipo coalizionale (dal momento che, in una certa misura, il voto di lista permette all’elettore "strategico" di far superare al partito minore della coalizione lo sbarramento previsto).

In tale contesto, secondo Ceccanti, la correzione maggioritaria, in grado di riequilibrare gli effetti proporzionali del modello tedesco, sarebbe rappresentata dalla previsione di circoscrizioni piccole, tali cioè da attribuire un numero limitato di seggi (come avviene in Spagna, ove peraltro la dimensione delle circoscrizioni è piuttosto variegata). Un’innovazione questa che certamente costituisce, come insegna una consolidata letteratura sui sistemi elettorali, un elemento di forte correzione della proporzionalità, ma che nondimeno, una volta adottata in Italia, in presenza di un sistema partitico poco strutturato e di un bipolarismo debole, rischia di non sortire gli effetti desiderati e di non impedire che le forze politiche possano dichiarare le alleanze dopo e non prima del voto.

In realtà gli scenari che potrebbero emergere dalla proposta di
riforma sono due, ben diversi fra loro: potremmo assistere alla strutturazione del sistema politico attorno a due partiti di grandi dimensioni fra loro alternativi (ma ciò dipenderebbe in primis dalla volontà dei partiti medesimi e da variabili più politiche che istituzionali, compresa la probabile necessità di dar vita a coalizioni), oppure tutto il complesso meccanismo potrebbe produrre il solo effetto di avvantaggiare in modo partigiano il Partito Democratico, che, favorito dalla correzione spagnola al modello tedesco, potrebbe conseguire un risultato tale da poter stipulare in modo libero accordi con l’una o con l’altra forza politica, per nulla costretto da vincoli istituzionali al mantenimento del bipolarismo (come invece si verificherebbe con i quesiti referendari). E in effetti appare proprio questa la strategia che Veltroni intende porre in essere quando parla di partito "a vocazione maggioritaria" e quando sottolinea la necessità per il PD di dar vita ad accordi programmatici con forze omogenee: il che può significare rimanere fedeli al polo di centrosinistra, ma anche tenersi le mani libere e rivolgere lo sguardo all’area di centro, a spese però di una sinistra che in tal modo, anziché essere indotta a modernizzarsi, rischierebbe di venire marginalizzata.

Forse questa mia conclusione è viziata da una certa dose di
malizia (e in tal senso è giusto tener conto delle assicurazioni di Ceccanti); ritengo però che si debba sempre ragionare delle formule e dei meccanismi elettorali in modo sistemico e non parziale, non dimenticando che le varie formule funzionano nei rispettivi paesi di adozione proprio perché inserite in un contesto politico-istituzionale più vasto e complesso. E qui - mi si perdoni - continuo a ribadire la mia preferenza per il sistema maggioritario uninominale a doppio turno di tipo francese, il quale è per varie ragioni (strutturali, storiche e di comparazione) un meccanismo in grado di favorire il ricomporsi progressivo del sistema politico attorno ad aggregazioni naturali tra partiti e famiglie politiche affini, soprattutto se declinato nella versione proposta da Pasquino, che prevede la facoltà di passaggio al secondo turno dei primi quattro candidati.

Ma mi rendo conto di avventurarmi nel regno di utopia. E ciò significa che, nonostante le novità politiche degli ultimi mesi (avvento del Partito Democratico, legittimazione popolare di Veltroni, ecc.) non è mutato granché sotto il cielo italiano.