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QT n. 16, 1 ottobre 2005 Cover story

Il bello delle primarie

Organizzazione, finalità, aspettative, delle stranissime primarie del centro-sinistra. Intanto un primo dato rivoluzionario: contro ogni previsione i partiti hanno smesso di litigare.

Sabato 16 ottobre, dalle otto alle ventidue: saranno le prime primarie italiane, per eleggere il candidato del centro-sinistra alle prossime politiche. Un grande momento democratico? Una pagliacciata? Un’emulazione della (non esaltante) politica americana? Un nuovo giochino della partitocrazia, però difficile da controllare?

Le opinioni sullo strumento primarie e, nella fattispecie, su queste – invero molto anomale – del centro-sinistra, sono variegatissime e cangianti: sarebbe un bel giochino vedere i ribaltamenti di giudizio, dei politici e dei politologi. Ricordiamo un noto politologo, in una sala del Santa Chiara, irridere, tra i cenni di assenso della platea, alle "strampalate" primarie per le regionali pugliesi: perché uno dei due contendenti, Nichi Vendola, era talmente impresentabile, in quanto di Rifondazione comunista e omosessuale, da costituire una zavorra micidiale per le chances del contendente, Francesco Boccia della Margherita; il quale avrebbe ovviamente vinto le primarie ma – screditato da una tale accoppiata – perso le elezioni vere. Sappiamo poi come è finita (per chi non lo ricordasse, Vendola vinse primarie ed elezioni).

Il punto è che, all’interno di un rapido mutare e sgretolarsi di opinioni in un quadro politico in continuo sommovimento, lo strumento delle primarie è qualcosa di decisamente nuovo. Gli interrogativi quindi sono tutti aperti: a che servono? Sono uno strumento per aumentare il potere decisionale dei cittadini? Per dirimere le controversie tra i leader? Per misurare il peso specifico dei partiti? Per promuovere la mobilitazione e anticipare la campagna elettorale?

Per rispondere vediamo nel concreto come si stanno preparando le primarie del centro-sinistra.

Come si sa, le primarie sono state fortemente volute, quasi imposte, da Romano Prodi, che è un leader senza partito: già la cosa gli costò la sedia nel ’98 (quando a sfiduciarlo fu sì Rifondazione Comunista, ma poi furono i Ds a decidere di sostituirlo con D’Alema, invece di andare a nuove elezioni) e continua ad incrinarne l’autorevolezza, come hanno evidenziato le contrapposizioni di questi mesi con Rutelli. Di qui le primarie: anomale, perché non servono a scegliere il leader, che già c’è, ma a dargli una base di consenso.

Decise le primarie, si sono subito presentati altri candidati. Che non contestano (a differenza di quanto succede, per esempio, in America) la leadership di Prodi, sostanzialmente indiscussa, ma intendono sollevare problematiche e ottenere visibilità.

In questo contesto, nuovo e inaspettato, cosa diventano le primarie?

Primo problema: in America, con la convention finale, si sceglie leader e linea; chi perde stringe la mano al vincitore e si ritira nell’ombra. Nell’Unione di sicuro non sarà così: chi perde di sicuro non scomparirà (in Italia nessuno scompare) e continuerà a far pesare il suo appoggio. E allora, a che serve la kermesse del 16 ottobre?

Secondo problema: a quella di Prodi si contrappone la candidatura di Bertinotti, che rappresenta una visione complessiva, se non antagonista, certamente differente. Ma le altre candidature, che senso hanno? Cercare visibilità, ottenere un risultato alle primarie per spuntare più seggi alle elezioni vere? E’ una cosa seria?

Discutiamo di questo con gli esponenti trentini del centro-sinistra.

Agostino Catalano, segretario provinciale di Rifondazione Comunista.

"Il senso delle primarie non è quello americano, chi vince non si prende tutto - risponde Agostino Catalano, segretario provinciale di Rifondazione Comunista – Da noi Vendola non ha fatto né una Giunta né un programma della sola Rifondazione. Chiaramente le primarie danno più forza alle ragioni di chi le vince, ma all’interno di una coalizione. Il punto vero è che costituiscono un processo, un confronto che porta a nuove posizioni. Tra noi, la sinistra radicale, e Prodi, i moderati liberal-riformisti, il punto principale di differenziazione è su chi pagherà le tasse, chi sopporterà i sacrifici: noi diciamo lotta all’evasione, tassazione delle rendite finanziarie, delle case oltre la prima..."

Questi non sono punti di rottura. Anche Prodi...

"Questo è il punto: come già successo in Puglia, dove con il procedere delle primarie i due contendenti si avvicinavano, così sta accadendo a livello nazionale. E non solo sulle tasse, anche sui Pacs e sul lavoro precario, c’è stato un sensibile avvicinamento: è il risultato del confronto. Ed è questa la diversità rispetto alla disgraziata esperienza del ’98. Poi ci sono le differenze: noi diciamo che appena al governo bisogna subito abolire le leggi Bossi-Fini, la Moratti, la legge 30 sul lavoro... è per rafforzare questa impostazione che puntiamo a un successo di Bertinotti".

Il sen. Marco Boato (Verdi).

"Sì, chi vince non prende tutto, siamo pur sempre una coalizione – conferma il senatore Mauro Betta, della Margherita – Tra il risultato delle primarie e l’impostazione del programma, un legame ci sarà, ma non sarà una cosa meccanica".

"E’ vero, la candidatura di Bertinotti rappresenta un’alterità rispetto a Prodi - ci dice il senatore dei Verdi Marco Boato – Il leader di Rifondazione ha investito nelle primarie una notevole quantità di energie e soldi: per questo è realistico immaginare un suo risultato positivo, superiore al peso di Rifondazione alle elezioni. Il fatto è che Bertinotti è debole nel suo partito, rappresenta il 51%, la scelta di giocare la partita al governo non è scontata, e le primarie gli servono per rafforzarla rispetto a chi, nel partito, è per l’opposizione pura e dura comunque. Questa interpretazione delle primarie è legittima; anzi, è un processo positivo. Ma è diversa da quella dei Verdi".

Il candidato dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio.

In effetti c’è chi dice che le candidature come quella di Pecoraro Scanio servono solo a ottenere visibilità e seggi...

"Di certo noi non siamo antagonisti rispetto a Prodi, che siamo stati i primi a indicare come candidato premier. E d’altronde è stato lui stesso che, volendo le primarie, necessitava di altri candidati. Poi la nostra candidatura serve per rafforzare dentro la coalizione temi come la pace, l’ambiente, i diritti, la solidarietà. In quanto ai seggi, saranno distribuiti in base ai risultati delle ultime regionali ed europee. Non è pensabile una relazione con i risultati delle primarie, dove avremo una platea di elettori rappresentata dai più motivati, diversa dalla generalità dell’elettorato".

Anche della candidatura di Antonio Di Pietro ci sfugge il senso. Anche qui, se non la ricerca di una platea mediatica, e consensi per poi richiedere seggi. Ne parliamo con Bruno Firmiani, rappresentante provinciale di Italia dei Valori.

Il candidato Antonio Di Pietro (Italia dei Valori).

"Questa è una lettura malevola. Il nostro punto di vista è che nel centro-sinistra non si cono voci forti a tutela della legalità in politica. Ad esempio, noi stiamo portando avanti una proposta che risulta essere, purtroppo, molto forte: non prevedere candidature di chi è stato condannato con sentenze passate in giudicato: una norma logica in Europa, non da noi, dove un quinto dei parlamentari, di destra e di sinistra, rientra in questa categoria, percentuale che non si ritrova neanche nei bassi napoletani. E poi c’è tutta la partita della trasparenza delle banche, ecc.".

In conclusione: la dinamica delle primarie al momento sembra non produrre contrapposizioni. Dove ci sono significative differenze nella visione complessiva – la sinistra di Bertinotti – sembra ci sia uno sforzo di convergenza; negli altri casi ci si trova di fronte a diverse accentuazioni su temi specifici, che dovrebbero poter essere facilmente riassorbibili in una visione d’assieme. Il punto è che – rubando le parole a Giuliano Amato – nel centro-sinistra non ci sono tredici (o quante sono) visioni diverse, ci sono tredici apparati da mantenere.

Ma quando si arriva al concreto - come organizzare e come finanziare - come vanno le cose?

"Ho notato sempre in tutti uno spirito costruttivo, che sinceramente non mi aspettavo – ci risponde Giuliano Andreolli, dei Ds e responsabile organizzativo delle primarie – C’è impegno, voglia di collaborare, e anche fiducia reciproca".

Il senatore Mauro Betta (Margherita).
 

"E’ vero, i problemi organizzativi sono stati affrontati per tempo e bene – conferma il senatore Betta – Cosa per niente scontata: si trattava di mettere in comune risorse per un passaggio in cui si è concorrenti".

Insomma, tutti giudizi positivi, entusiasti, un centro-sinistra unito come non mai. Ma sarà vero? Abbiamo fatto alcune verifiche, sondando pareri ed umori; e tutti concordano: va tutto bene, mai andati così d’accordo.

Com’è possibile?

"E’ la consapevolezza della necessità di battere questa destra – ci risponde il senatore Betta – Questo ci sprona e ci mobilita. Vedo un notevole impegno, a tutti i livelli, della Margherita, come delle altre forze politiche."

"Senza alcun input dal centro, nelle periferie si sono auto-organizzati i militanti: l’interesse c’è ed è vivo –afferma Andreolli. E in effetti sono sorti anche dei Comitati pro-primarie, che non si prefiggono di sponsorizzare alcun candidato, bensì la consultazione.

In questo clima le uscite – di Berlusconi prima, di Zampiccoli poi – sugli elettori di centro-destra che verrebbero a votare per inquinare i risultati, fanno solo ridere: "si vede che sono disperati, non sanno più dove andare a parare. Figuriamoci: i partiti non controllano più nessuno, i militanti sono pochi per tutti, e dovrebbero essercene, a migliaia e migliaia, che si disonorano per fare il doppio gioco? Un’ipotesi così miserabile qualifica da sola chi la fa".

Questo quadro idilliaco non viene messo in discussione neanche dalla presenza dei Disobbedienti: che hanno presentato una candidata con il volto coperto dal passamontagna e, come prima azione, hanno occupato gli uffici romani di Prodi.

La candidata Simona Panzino, dei Disobbedienti.

I Disobbedienti in fin dei conti pescano nel bacino elettorale di Rifondazione Comunista: "Noi riteniamo questo fatto un momento di pluralismo, non un’invasione di campo: e infatti abbiamo autenticato le firme per permettere la loro presentazione – ci risponde Catalano – E’ un settore del movimento che ritiene utile lo strumento delle primarie, hanno sottoscritto il documento dell’Unione: è positivo che questa sperimentazione di democrazia di massa possa interessare anche loro."

Il passamontagna calato non indica la propensione allo scontro di piazza?

"Con i colori della pace? No. Indica coloro che nella società sono invisibili, non hanno volto né ascolto. E’ un simbolo caratterizzante di temi che anche noi condividiamo."

E la Margherita, che pensa della candidatura dei Disobbedienti?

"Vengo da una cultura politica caratterizzata dal rispetto e legittimazione delle altre culture e movimenti – ci risponde Betta – Quindi guardiamo con la massima attenzione la scelta di questi giovani di confrontarsi con le regole e le istituzioni".

Questa concordia è incrinata solo in minima parte dalla differente posizione nelle istituzioni provinciali, con Rifondazione e Italia dei Valori all’opposizione, i Ds in crisi costante nei rapporti con la Margherita: "forse è per questa difficoltà che non sono state messe in cantiere iniziative di dibattito congiunte – afferma Catalano.

L'on. Clemente Mastella, candidato per l'Udeur.

A noi sembra che, a tre settimane dal voto, gli sforzi siano stati soprattutto rivolti a organizzare l’inedito appuntamento. E si siano finora trascurati i momenti propri di una campagna elettorale: comizi, dibattiti, ecc. "Faremo, stiamo lavorando..." ci dicono tutti, ma abbiamo l’impressione che non si siano ancora prese le misure rispetto all’appuntamento. Anche perché gli unici candidati sono i big nazionali, che non avranno tempo per il piccolo Trentino: Prodi verrà, forse, a Bolzano, Di Pietro non ce la fa, Bertinotti è in forse, Mastella sta a sud che è meglio, l’unico sicuro è (il 6 ottobre a Trento) Pecoraro Scanio.

L’Unione produrrà un grosso sforzo per propagandare il voto (con un opuscolo distribuito in ogni famiglia), poi i partiti si organizzeranno secondo le loro consuetudini per supportare i relativi candidati. Ma i dibattiti si vedranno solo sulle Tv nazionali (si spera).

Che risultati ci si aspetta? "E’ difficile dire, è una cosa del tutto nuova, per noi come per l’elettorato – ci rispondono ai Ds – Comunque: nel 2001 l’insieme dei partiti dell’Unione prese 154.000 voti, noi puntiamo a un risultato tra il 5 e il 10%."

Auguri.